Brandizzo: le morti bianche che fanno notizia

Brandizzo: le morti bianche che fanno notiziaBrandizzo: le morti bianche che fanno notizia – 559 morti. È questo il numero delle morti bianche nei primi 7 mesi 2023.

Si parla di una media di 80 vittime al mese e un aumento degli infortuni mortali del 4,4% rispetto al 2022.

Il tutto accompagnato da un’elevata incidenza di mortalità dei giovanissimi tra i 15 e i 24 anni

Dati che regolarmente cadono nell’indifferenza dell’opinione pubblica salvo poi divenire l’apertura dei giornali nazionali quando accadono le grandi tragedie come nell’incidente ferroviario di Brandizzo, dove hanno trovato la morte 5 operai.

Chi sono i 5 operai

Kevin Laganà, 22 anni, Michael Zanera, 34 anni, Giuseppe Servillo, 43 anni, Giuseppe Aversa, 49 anni, e Giuseppe Saverio Lombardo, 53 anni. Sono questi i cinque operai della Sifiger, ditta di Borgo Vercelli, travolti e uccisi da un treno in corsa mentre lavoravano sulla linea Milano-Torino.

Il più giovane Kevin Laganà aveva 22 anni.

Il ragazzo viveva a Vercelli. Lavorava per la Sigifer, già da quattro anni, da quando aveva finito la scuola.

Giuseppe Lombardo, 53 anni, di Marsala. Sposato e con un figlio, viveva a Vercelli dal 2001, anno in cui aveva trovato un posto in Sigifer.

Poi c’è lui, Michael Zanera di Vercelli, la cui immagine postata su Instagram prima dell’incidente è diventata virale. Si tratta di una croce sull’acciaio incandescente. L’operaio aveva postato agli amici un messaggio meravigliato: “È la prima volta che mi succede, mentre che saldavo la rotaia mi è uscito un crocifisso. Dio mi vuole dire qualcosa sicuramente”.

Giuseppe Sorvillo, 43 anni di Sparanise, in provincia di Caserta. “Aveva lasciato, come tanti giovani, il Casertano per cercare lavoro al di fuori della nostra provincia – lo ricorda Marianna Grande, del sindacato Cisl – un viaggio che nel caso del nostro concittadino non avrà ritorno”.

L’uomo, che risiedeva a Brandizzo, lascia una moglie e due figli.

Infine, c’è Giuseppe Aversa, 49 anni: nato e cresciuto a Chivasso, di origini calabresi, viveva a Borgo d’Ale (Vercelli). Cinque storie diverse unite dallo stesso amaro destino: morire mentre esercitavano un diritto che spetta loro di diritto: il diritto al lavoro.

Il lavoro degli inquirenti

Si sarebbe potuta evitare una simile strage? È ancora presto per dirlo ma dalle prime ricostruzioni pare di sì.

“State fermi. Deve ancora passare un treno”. Questo è quanto emerso dalle ultime tre telefonate prima dello schianto.

Queste dimostrerebbero che le vittime stavano lavorando senza l’autorizzazione. Ci sarebbe stato anzi l’ordine di “non procedere con i lavori”.

La Procura di Ivrea continua a indagare. I due indagati per l’indicente, Antonio Massa e Andrea Girardin Gibin, rispettivamente il dipendente Rfi che aveva il compito di dare il nulla osta e il caposquadra della Si.gi.fer, ditta incaricata di eseguire i lavori, saranno interrogati nei prossimi giorni. Le accuse sono omicidio plurimo e disastro ferroviario con dolo eventuale.

Arriva Mattarella

Sul luogo della tragedia si è recato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella lasciando un mazzo di fiori sul luogo dello schianto, dichiarando quanto sia importante la tutela del lavoro e della sua sicurezza.

Vicinanza, cordoglio, discorsi che richiamano l’attenzione della tutela sul lavoro.

Un film già visto e che puntualmente si ripete, quasi come fosse ormai prassi, quando in realtà dovrebbe essere solo l’eccezione che conferma la regola.

Quella regola costantemente e palesemente violata: la tutela della dignità del lavoratore.

Nemes Sicari