Conciliare lavoro e famiglia: intervista a Desideria Raggi

Conciliare lavoro e famiglia: intervista a Desideria RaggiConciliare lavoro e famiglia: intervista a Desideria Raggi – L’avvocato penalista Ilaria Salamandra affida il suo sfogo sui social, come in questi tempi va di moda.

“Vi pare normale che nel 2023 una mamma avvocato non abbia diritto a seguire il proprio bambino nelle questioni di salute che lo affliggono? Ditemi se, giuridicamente parlando, non siamo nel terzo mondo”.

La denuncia arriva direttamente dall’ospedale, con gli occhi lucidi e alle spalle il bambino ancora addormentato sul letto. Il piccolo ha 2 anni e almeno una volta ogni 6 mesi dalla nascita deve presentarsi al Bambin Gesù di Roma per fare un day hospital in sedazione. Il giudice di fronte al quale l’avvocato Salandra doveva presentarsi non ha ritenuto legittimo la richiesta di rinvio dell’udienza perché con il bimbo “poteva restarci il padre”.

Ma non solo, il giudice ha anche chiesto al PM d’udienza il numero del Bambin Gesù, affinché potessero contattarmi per avere la mia autorizzazione a sentire il teste, prosegue la trentanovenne avvocato.

Una vicenda che ha sollevato polemiche e indignazione a partire dall’Ordine degli avvocati di Roma che ha definito il caso di Salamandra un “episodio intollerabile, ma non unico, che lede non solo la dignità e il decoro della professione forense, ma la dignità stessa della donna”.

Solidarietà anche dal Consiglio nazionale forense che si scaglia contro una scelta “ingiusta e contro i principi fondamentali della giustizia, in particolare per quanto riguarda il diritto alla difesa”.

Abbiamo chiesto a Desideria Raggi, presidente di Evita Peròn, la sua posizione in merito.

Presidente, da madre e da portavoce della politica di una donna come Evita Peròn che ha sempre mostrato interesse per la tutela del diritto al lavoro, incluso quello dell’universo in rosa, cosa pensa di questa vicenda?

In questa vicenda c’entrano poco le eventuali politiche pro-lavoro femminile, semmai il buon senso.

L’avvocato in questione aveva chiesto un rinvio d’udienza per legittimo impedimento dovendo accompagnare il figlio, di due anni, in day-hospital per un problema di salute importante che lo affligge dalla nascita.

Evidentemente il Giudice, anch’esso donna non lo ha considerato tale; forse la salute di un bambino non è poi così importante da poter legittimare una richiesta di rinvio e ciò fa accapponare la pelle.

Se diamo un’occhiata veloce alla giurisprudenza sugli impedimenti legittimi che possono portare un avvocato a richiedere un rinvio d’udienza, vediamo come tale impedimento debba essere specifico, documentato e avere carattere assoluto; caratteristiche tutte riscontrabili nella richiesta inoltrata dalla dottoressa Salamandra.

Non ci sono, quindi, riferimenti che possano avallare l’atteggiamento altezzoso ed arbitrario del Giudice che, pur non avendone la facoltà, si è arrogato il diritto di decidere sulla gestione famigliare di terzi e di giudicarne l’organizzazione su vicende private della professionista.

Le parole con le quali il Giudice dichiara che il bimbo poteva essere accompagnato dal padre piuttosto che dalla madre sono gravissime ed intollerabili.

Del resto, anche la Camera Penale di Roma è intervenuta sul caso procedendo alle verifiche formali e si è espressa decisamente contraria alla scelta del Giudice. Alla faccia del patriarcato, nuova formula priva di fondamento della quale tutti si riempiono la bocca. Non è questo forse un sopruso nei confronti di una donna lavoratrice messo in atto con estrema superficialità oltre che arroganza, da un’altra donna?

A proposito di donne e lavoro, secondo lei, l’Italia si può definire un Paese che tutela le lavoratrici o c’è ancora parecchia strada da fare?

Come non esistono politiche serie mirate all’aumento demografico italiano, che ancora continua a rasentare lo 0 e politiche sociali a sostegno delle famiglie, non esistono politiche pro-lavoro femminile.

Attenzione, ciò che sosteniamo non è da confondere con le deliranti affermazioni femministe sulla parità di genere e nemmeno sulla loro perversa idea di femminismo incentrata unicamente nel sostituirsi all’uomo in tutto e per tutto. La donna dovrebbe essere libera di potersi creare una famiglia anche se ha una occupazione, di poter svolgere il proprio lavoro da professionista senza ingerenze, dovrebbe essere libera di poter scegliere un part-time per poter seguire la prole oppure scegliere di smettere di lavorare per occuparsi pienamente dei propri figli, senza avere la paura di essere giudicata, demansionata, allontanata o addirittura licenziata.

Una donna non dovrebbe sostenere un colloquio di lavoro basato quasi totalmente sul futuro della sua sfera personale: ‘Pensa di avere figli?’ o ancora ‘Crede di volere altri figli oltre a quello/i che ha già?’ oppure ‘Chi si prende cura dei suoi figli quando lei lavora?’.

Dall’altra parte ci sono i datori di lavoro che, massacrati dai costi previdenziali ed assicurativi che devono pagare mensilmente per un dipendente, (arrivando a versare fino il 210% della retribuzione netta) vengono spinti ad essere così tanto ‘selettivi’ oltre ad usare una miriade di escamotage.

Il tutto per non ritrovarsi a dover raddoppiare i costi assumendo, ad esempio, qualcuno in sostituzione per maternità.

Un cane che si mangia la coda insomma, da una parte donne che si vedono privare della libertà di costruirsi una famiglia con figli, dall’altra un sistema tributario lavorativo che schiaccia totalmente l’offerta di lavoro portandola di fatto a fare scelte discriminatorie verso il mondo femminile.

In questo gioco a due il terzo grande assente è lo Stato che non si assume la responsabilità di invertire la rotta, sostenendo imprese e famiglie.

Quindi, non possiamo affermare che c’è tanto ancora da fare, al contrario c’è da smantellare questo logorante sistema per ricostruirlo di sana pianta.

Volenti o nolenti la prima responsabilità è in capo a chi ci governa, siamo ripetitivi ma così è”.

A proposito di donne, madri e lavoro, l’art 37 Cost prevede espressamente che: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”.

Rita Lazzaro