Cosa imparare dalla rapina al figlio di Salvini

Cosa imparare dalla rapina al figlio di SalviniCosa imparare dalla rapina al figlio di Salvini – A Milano è andato in scena il paradosso della criminalità urbana. Un gruppo di tre nordafricani, la sera dello scorso 23 dicembre, ha rapinato Federico Salvini, il figlio diciannovenne di Matteo Salvini, leader della Lega e Ministro delle Infrastrutture.

Il paradosso sta nel fatto che Salvini, da Ministro, è il promotore di un’asserita – ma mai realizzata – svolta securitaria, che avrebbe dovuto garantire i cittadini dalla violenza di bande criminali di ogni tipo, tanto più se formate da extracomunitari, clandestini e balordi di sorta.

Le nostre città in presa al caos

Ovviamente, rammarica il fatto che, in pieno centro di una delle più importanti città italiane, accadono simili episodi. Tuttavia, è la giusta nemesi per uno come Salvini che predica bene (e predica sin troppo) ma razzola malissimo.

Ancor meglio sarebbe stato se fosse accaduto ad una persona cara di uno degli epigoni della sinistra, paladini dell’immigrazione incontrollata, che elogiano l’accoglienza fin tanto che non ne subiscono le nefaste conseguenze.

Cosa ci insegna la vicenda di Federico Salvini

Da questa vicenda, in ogni caso, emergono due fatti incontrovertibili.

Innanzitutto, a Milano la microcriminalità è un fenomeno sempre più diffuso e capillare, principalmente a causa di orde di immigrati di seconda e terza generazione, che si dedicano sistematicamente alla violenza ed all’illegalità.

Secondariamente, ne emerge come le forze dell’ordine – quando vogliono – siano straordinariamente efficienti; se è vero, come è vero, che già il giorno dopo il misfatto, ossia il 24 dicembre, la polizia ha ritrovato la refurtiva e si è messa sulle tracce dei responsabili.

È il solito caso del Paese a due velocità, in cui lo stato funziona se vuole, cioè se si tratta di tutelare la classe privilegiata, altrimenti latita e tollera situazioni inaccettabili.

Certo è che fino a poco tempo fa non sarebbe stato pensabile che un ragazzo, tanto più se figlio di un Ministro, potesse essere rapinato da efferati criminali a ora di cena, in centro a Milano.

È l’emblema di una società decadente, in cui nessuno viene risparmiato, nemmeno il figlio di un personaggio pubblico molto influente.

È la società multirazziale, in cui nessuno è al sicuro, perché esistono piaghe di popolazione incivile e violenta che sfuggono al controllo dello stato e che – senza un’inversione di tendenza – sprofonderanno presto le nostre città nel caos e nel terrore.