Don Iapicca, non faccia il Gramellini!

Don Iapicca, non faccia il Gramellini!Don Iapicca, non faccia il Gramellini!  Il plateale pseudo matrimonio tra un barbuto carabiniere e il suo “fidanzato” ha scatenato cori di approvazione nel folto gregge del conformismo politicamente corretto, tra cui è spiccato Gramellini, che non ha mancato di esaltare il fatto su il Corriere della Sera.

Tra le perle che il celebrato giornalista ha pensato di dispensare ai suoi lettori, risaltano le parole:

Quell’uniforme e quel picchetto rappresentano un marchio della più prestigiosa istituzione del Paese, gelosa custode dei valori della Tradizione, su un rito che, fino a non molto tempo addietro era vietato e ancora oggi suscita in molti in moto di condanna. A queste persone bisognerà pur dire che sono circondate. Non resta loro che arrendersi, uscendo a mani alzate da un mondo che non c’è più”.

Arroganza woke

Conoscendo Gramellini e la sua cultura di riferimento, nulla di cui stupirsi. I toni sono quelli oramai consolidati di chi, con arroganza, si esprime da custode della verità e non concede né spazio né dignità a opinioni diverse.

Problema suo e dei suoi lettori, la Storia dirà chi sarà costretto ad uscire con le mani alzate.

A Gramellini ha voluto replicare ottimamente, sul giornale on line Informazione Cattolica, don Antonello Iapicca, il quale ha giustamente criticato le parole del santone woke.

Il sacerdote ha iniziato citando il Salmo 118, che invita a confidare nel Signore fino alla vittoria sui nemici, per poi chiarire che quello tanto osannato dai media non è stato un vero matrimonio, e quindi ammonire che “Con i terroristi dell’ideologia non si tratta”.

Un intervento vibrante, quello di don Iapicca, da condividere integralmente, parola per parola. O quasi.

Perché su una parola l’ecclesiastico ha fatto uno scivolone, usandola a sproposito, come farebbe un Gramellini qualsiasi.

Fascista!

E si tratta, more solito, dell’epiteto “fascista”, quel prezzemolo buono per ogni minestra, usato a piene mani da chi non ha argomenti e vuole ugualmente demonizzare l’interlocutore.

In questo modo il sacerdote, che invece di argomenti ne avrebbe, aderisce, sia pure in minima parte, a quell’ideologia cieca da lui condannata e che vede nel fascismo l’incarnazione del Male assoluto, la sintesi di ogni abominio.

Fascista sarebbe, secondo don Antonello “chi vorrebbe imporre l’impossibile che, oltre ad essere contro natura, è anche contro la tradizione, così meschinamente irrisa”.

Carissimo don Iapicca, se c’è stato un movimento, fattosi poi Stato e governo, che si è opposto all’avanzata del nichilismo, restituendo alla Chiesa e al cattolicesimo il ruolo e la dignità che spettavano loro in Italia, è stato quello fascista.

Se c’è stato chi ha posto la famiglia, quella vera, l’unica possibile, quale valore ed istituzione centrale e insostituibile della Nazione è stato il Fascismo.

Se c’è stato chi ha reagito alla pervasione della Massoneria in tutti in gangli vitali della vita italiana mettendo fuori legge le organizzazioni segrete e rilanciando i valori della tradizione attaccati dalla Setta, è stata la creatura di Mussolini.

Dignità alla storia d’Italia

E in quel termine, “fascista”, appunto, piaccia o non piaccia, si riconobbe entusiasticamente la grande maggioranza degli italiani per oltre vent’anni.

Probabilmente anche suo padre, suo nonno, o suoi parenti, don Antonello. Certamente moltissimi cattolici, tra cui tanti sacerdoti.

Troppi pagarono con la vita questa loro fede politica, anche a guerra finita, fino agli anni di piombo.

Forse, anzi, certamente è giunto il momento di restituire significato vero alle parole. E restituire rispetto a quei tanti italiani di 80 anni fa e non solo. Quel linguaggio, don Iapicca, lasciamolo ai Gramellini.

Raffaele Amato