Giordano Bruno facciamo chiarezza

Giordano Bruno facciamo chiarezzaGiordano Bruno facciamo chiarezza – Il “mito” di Giordano Bruno, presunto “martire” della “libertà” e della ricerca filosofica, è un’invenzione postuma alla sua morte avvenuta il 17 febbraio 1600 e nata in ambienti massonici ed anticlericali.

Anzitutto, occorre precisare che il termine “martire” non spetta arbitrariamente a chiunque termini la sua esistenza terrena a causa di una morte violenta. Questa estensione concettuale appartiene ad una mentalità moderna e laicista poiché il “martire è colui che ha testimoniato la propria fede in Cristo fino all’effusione del sangue”.

Paladino dei massoni

Pertanto, più correttamente sarebbe definire Giordano Bruno un pessimo esempio di apostata ed eretico.

In secondo luogo, preme l’obbligo di ricordare che la statua eretta in ricordo del Nolano fu fortemente voluta dal Grande Oriente d’Italia e realizzata dal futuro Gran Maestro del GOI, Ettore Ferrari. Fu collocata in Campo de’ Fiori a Roma soltanto nel 1887 e, due anni più tardi, ne seguì l’inaugurazione ufficiale. Contro tale atto, Papa Leone XIII protestò energicamente con l’allocuzione “Quod Nuper” del 30 giugno 1889 nella quale osservava: “(…) Si profondono onoranze ad un uomo doppiamente apostata, convinto eretico, la cui caparbietà contro la Chiesa si è trascinata fino alla morte. E per questi titoli si è voluto onorarlo, nonostante non risulti che in lui esistessero doti veramente pregevoli. Non di alto valore scientifico, perché le sue opere lo mostrano fautore del panteismo e del turpe materialismo, e in contraddizione spesso con se stesso. Non dotato di pregevoli virtù, perché anzi i suoi costumi sono rimasti ai posteri quali esempi dell’estrema malvagità e della corruzione in cui le sfrenate passioni possono spingere un uomo. Non autore di grandi opere né di apprezzabili servizi a favore del pubblico bene, in quanto le sue qualità abituali consistettero nel fingere e nel mentire, preoccupato unicamente di sé stesso, intollerante con chi non fosse delle sue idee, adulatore, abietto e perverso (…)”.

Dunque, ci troviamo innanzi ad un personaggio sul quale la massoneria e gli anticlericali in genere hanno messo il capello (o il grembiulino). Già questo aspetto dovrebbe far riflettere.

Non un razionalista

Tuttavia, Giordano Bruno non fu affatto un “razionalista”.

Era un appassionato divulgatore di pratiche magiche degli antichi egizi. Ed è curioso osservare come la massoneria, ostile ad ogni forma di religione dogmatica e di pensiero “irrazionale” chiuda un occhio se queste pratiche sono compiute da un acerrimo nemico della Chiesa Cattolica.

Persino lo storico laico Luigi Firpo nel suo testo “Il processo di Giordano Bruno” non si fa incantare dalla leggenda di Giordano Bruno come martire. E ne traccia un quadro disarmante per gli estimatori del Nolano: attratto all’inverosimile dall’autoaffermazione, dall’ambiguo influsso che attira le anime rendendole strumenti del dominatore e capace di operare sulle coscienze piegandole alla propria volontà anche attraverso le pratiche astrologiche.

Si ricordi, en passant, che il Magistero della Chiesa ha condannato ufficialmente l’astrologia e le altre pratiche divinatorie sia con la Bolla di Papa Sisto V “Coeli et Terrae Creator” del 1586, sia con la Costituzione di Papa Urbano VIII “Inscrutabilis Iudiciorum Dei Altitudo”, promulgata il 1° aprile del 1631.

Questo a dimostrazione che non esisteva (e non esiste) alcuna identificazione concettuale o pratica tra “astronomia ed astrologia”. Papa Sisto V salva la sola “astrologia naturale”, sinonimo di astronomia e non di arti divinatorie o magiche.

Una vita violenta

La vita di Giordano Bruno fu caratterizzata da una perenne fuga, sintomo di un animo irrequieto ed affatto pacifico: nel 1576 fuggì dal convento domenicano che lo ospitava per evitare un processo di eresia; nel 1579 lo ritroviamo nella Ginevra calvinista ed anche nella patria del protestantesimo subirà una scomunica; pur di combattere i cattolici inglesi, si fece spia al soldo di sir Francis Walsingham nell’ambasciata francese a Londra; nel 1586 venne mandato via da Parigi a seguito di una rissa ed allora si rifugiò, questa volta, a Magdeburgo in Germania dove riuscì ad ottenere un incarico di docenza all’università ma litigò anche con il rettore e venne cacciato.

Ancora una volta ramingo, giunse a Wittenberg, dove scoprì la fede luterana.

La sua permanenza nel luteranesimo durò, anche questa volta, ben poco: cacciato e scomunicato dai nipotini di Lutero, approdò a Praga. Qui fu ospite di Rodolfo II d’Asburgo poiché condivideva col Bruno la passione per l’esoterismo e la magia.

Cacciato dall’Imperatore

Accortosi delle innumerevoli fandonie raccontate dal Bruno, l’Imperatore si spazientì e lo mandò via in malo modo. Nel 1591 giunse a Venezia e fu ospite, questa volta, dell’occultista Mocenigo prima di essere denunciato alle autorità. Dopo due anni, venne scagionato dalle accuse ma, a suo carico, ne vennero formulate delle nuove e, nel 1593, iniziò il secondo processo che si protrasse per ben 7 anni improntato all’insegna della legalità. Durante questi anni venne trattato con umanità: si pensi che le lenzuola, la tovaglia e gli asciugamani venivano cambiati due volte la settimana. A sua disposizione era previsto persino un barbiere ed il vitto prevedeva anche la somministrazione di una porzione di vino.

Tuttavia, nel corso del processo, Giordano Bruno finì per mostrarsi incapace di ogni ravvedimento aggravando la sua posizione con bestemmie, offese a Gesù Cristo e sputando tutto il suo odio verso il Romano Pontefice.

Il 17 febbraio del 1600 venne consegnato al braccio secolare della legge ed arso in Campo dei Fiori.

Al giudizio di Dio, l’anima del Bruno.

La storia l’ha già giudicato.