I governi cambiano ma il regime della RAi rimane: il caso Lippi

I governi cambiano ma il regime della RAi rimane: il caso LippiI governi cambiano ma il regime della RAi rimane: il caso Lippi – Ammettiamolo, il cambio di governo e le recenti fuoriuscite dalla TV di Stato dei vari Fazio, Littizzetto, Saviano, Annunziata, Gramellini, dopo innumerevoli anni e principeschi ingaggi, ci avevano illuso un po’ tutti.

Aria nuova, finalmente, pensavamo, e facce nuove. La possibilità di sentire altre campane, opinioni non conformi, seguire programmi meno appiattiti sul pensiero unico, scoprire palinsesti coraggiosi, sembrava a portata di mano.

Ma il risveglio da un bel sogno è spesso brusco e quanto successo al malcapitato Claudio Lippi lo conferma. Il conduttore, illuso che il vento in RAI fosse finalmente cambiato e fosse possibile esprimere liberamente il proprio pensiero, chiacchierando con dei giornalisti, si è lasciato andare ad alcune dichiarazioni che hanno fatto sobbalzare qualche grigio funzionario del carrozzone di viale Mazzini.

Le frasi incriminate

A quanto riportato dai media con lo zelo e la rapidità di chi pregusta la pubblica gogna, ecco alcune delle frasi, è il caso di dire, incriminate: su Fazio-Littizzetto: “Se ne sono andati loro. Fazio ha raccontato bugie, dicendo che la pubblicità faceva incassare il triplo di quanto costava il programma. Ma se costava 450 mila euro a puntata, incassava 1 milione e 200 mila di pubblicità? Ma dai…”, Su Lucia Annunziata: “Propaganda, ‘kultura’ con la k. Ora basta. L’ha vista l’intervista alla ministra Roccella? Cattiva, aggressiva. Non è Rai quella”.

Ciliegina sulla torta: “Stefano Coletta, il direttore che per fortuna non c’è più, ha fatto lavorare gay e gaie solo per il motivo di esserlo. Tanti e tante che non avevano alcuna competenza, la Rai usata per fare coming out. Ma le pare? Allora anche noi etero dovremmo fare coming out, no?”.

Si abbatte la scure della RAI

Apriti cielo! Tanta sfrontatezza non poteva restare impunita e Lippi, che aveva in preparazione alcuni programmi con la RAI è stato immediatamente ed implacabilmente silurato, colpito e affondato. Recita il decreto di viale Mazzini:“Alcune affermazioni di Claudio Lippi riportate dagli organi di informazione sono lesive della reputazione della Rai e dei propri dirigenti. Pertanto, è da escludere qualsiasi tipo di collaborazione con il conduttore”.

Ai lettori il giudizio sulla presunta gravità delle parole di Lippi. A nostro avviso sono considerazioni legittime, di banale buon senso, che, condivisibili o meno, esprimono l’opinione di un uomo di televisione che ha ingenuamente creduto che una certa casta avesse smesso di essere inattaccabile, che certe critiche fosse legittimo farle, che certa ipocrisia iniziasse a scemare.

Non abbiamo i dati, ma non sembrano così assurde le osservazioni sulle entrate pubblicitarie di “Che tempo che fa”. Sull’arroganza di certa intellighenzia, che della TV pubblica ha fatto il suo personale fortino, foraggiato dal canone, noi di dubbi ne abbiamo pochi.

Propaganda con i soldi del canone

Che la RAI, al pari di tante altre emittenti, sia diventata il megafono di una propaganda omosessualista martellante e compulsiva, lo dicono i fatti. Per un attimo Lippi deve aver sognato di vivere un ritorno a quella televisione garbata, mai volgare, fatta di grande professionalità, in cui il conduttore, oggi settantottenne, ha mosso i suoi primi passi.

Purtroppo per noi, forzatamente abbonati, quel sogno si è, almeno momentaneamente, infranto.

Raffaele Amato