Le scarpare, un lavoro quasi scomparso

Le scarpare, un lavoro quasi scomparsoLe scarpare, un lavoro quasi scomparso – Dietro ad una scarpa alla moda, di marca, spesso c’è una storia che nemmeno ti aspetti.

Chi vive nei paesini, soprattutto del Sud Italia, spesso si sarà imbattuto in delle signore, di mezza età ma anche alcune molto anziane e delle volte ragazzine, che sull’uscio della porta di casa, sedute su sedie rigorosamente di paglia, cuciono scarpe, o meglio la parte superiore della scarpa senza suola. Per me, proveniente da un piccolo paese della provincia di Salerno, vedere quelle donne era la normalità, anzi, oggi passeggiando per i vicoli del mio paese non vederle più, o vederne poche, mi fa salire una grande nostalgia per i tempi passati.

Le scarpare

E quindi oggi voglio raccontarvi un altro pezzo della mia infanzia, voglio parlarvi delle “scarpare”, le donne che cuciono le scarpe.

Come dicevo prima, dietro una scarpa alla moda, di grandi marche, spesso si nasconde una storia che pochi conoscono.

Tutti sono convinti che le scarpe vengono prodotte in grossi stabilimenti di proprietà dei grossi marchi, oppure vengono importate già “montate” da paesi orientali e poi etichettate in Italia, in realtà non è sempre così.

Molti grossi marchi italiani commissionano la produzione della parte grezza (scarpa non rifinita e senza suola) in fabbriche prevalentemente cinesi, vietnamite, indiane o dell’est Europa.

Alcuni le commissionano anche complete ma, fino a poche decine di anni fa, l’incarico veniva affidato a piccole fabbriche, spesso a conduzione familiare, dei paesini in particolar modo del sud Italia.

Queste piccole fabbriche si occupavano della realizzazione del prodotto grezzo che poi veniva rifinito e suolato negli stabilimenti principali o a volte, in altre fabbriche leggermente più grandi e meglio attrezzate delle precedenti.

Questo veniva fatto per abbassare i costi di produzione in quanto, nei paesi, pur di lavorare ci si accontentava di guadagnare di meno rispetto ad altre strutture presenti al nord Italia o nelle grandi città del sud.

Queste piccole fabbriche erano parte fondamentale dell’economia del paese in quanto, quasi sempre, erano le uniche fabbriche presenti in loco. Avevano pochi operai, spesso non arrivavano alle dieci unità e, quando arrivavano le commesse delle grandi marche, ricorrevano alle cucitrici occasionali di scarpe.

Donne del paese che per poche lire e in nero cucivano a casa propria, con l’aiuto spesso dei figli, genitori, parenti e, a volte, anche del marito.

Il lavoro dimenticato

Cucivano ogni giorno centinaia di scarpe con grossi aghi e tanta fatica. Erano casalinghe, braccianti agricole in disoccupazione, pensionate, ma spesso anche maestre e studentesse che guadagnavano pochi “spicci” ma, che in un piccolo paese come il mio, aiutavano parecchio l’economia familiare.

Spesso, nella stessa strada, vi era più di una cucitrice e allora potevi assistere ad una microimpresa di strada, dove le vicine si univano per cucire e fare due chiacchiere intervallate dal caffè, che, come in tutti i paesi campani, è un rituale sacro, o da un goccio di limoncello o rosolio fatto in casa.

Era facile riconoscere il punto in cui avresti trovato le cucitrici, sentivi da lontano le loro risate e il loro chiacchiericcio e, soprattutto, l’inconfondibile odore della pelle delle scarpe.

Anche i bambini

Anche molte delle mie compagne di scuola sia ai tempi delle elementari che ai tempi delle medie aiutavano le madri nella cucitura delle scarpe. Non saprei dire quando questo lavoro è iniziato so solo che lo ricordo fin da quando ero un bambino.

Nel mio paese venivano realizzate le scarpe della “Valleverde” ma anche di altri famosi marchi che costavano tanto nei negozi, ma che alla base avevano il lavoro delle cucitrici. Oggi sono rimaste in poche a fare questo lavoro, le fabbriche di scarpe dei paesi sono quasi tutte chiuse, le comande non arrivano più.

Ora la nuova frontiera è l’Africa

Ormai i grossi marchi puntano sui paesi orientali, dell’Est Europa, del sud America e del nord Africa per inviare le proprie comande ma non per diminuire le spese, le cucitrici prendevano poche lire per ogni bustone pieno di scarpe da cucire, ma per le quantità, in quanto, il lavoro fatto dalle cucitrici era più lento rispetto alle migliaia di scarpe prodotte in fabbrica agli stessi prezzi in paesi stranieri.

Il mondo scomparso

E questo ha quasi del tutto eliminato le micro-fabbriche che lavoravano per conto terzi e, di conseguenza, anche le cucitrici impoverendo ancor di più i paesi e le famiglie che ci abitano, inoltre, hanno tolto, a tutti i sentimentali come me, una figura importante della propria gioventù, una figura che in qualche modo ci ricordava delle nostre tradizioni, della nostra storia, del fatto che anche con poco vivevamo felici.