L’omicidio Daviet e le altre martiri europee

 

L’omicidio Daviet e le altre martiri europee Con l’approssimarsi del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, 2diPicche.news darà inizio alla rubrica “Mulier”: una serie di interviste fatte a professionisti che, da anni, lottano per la difesa delle donne oggetto di violenza.

L’omicidio Daviet e le altre martiri europee

“Ognuno di noi è l’ultimo degli europei. Ognuno di noi ha il dovere della memoria. Ognuno di noi deve far sentire la propria voce”. Con queste parole il Movimento Nazionale e Casapound Italia annunciavano il presidio dello scorso 27 ottobre a Milano in via Turati, alle ore 20:30, nel ricordo di Lola Daviet definita “martire del vecchio continente” per il “fallimento delle politiche migratorie in Francia, in Italia e in Europa”

L’ecatombe silenziosa

Ma chi è Lola Daviet e quali sono le altre sorelle europee divorate da un buonismo che ha il sapore del sangue? Tutto ha inizio il 14 ottobre quando in un baule è stato rinvenuto il cadavere di una dodicenne Il corpo senza vita di una ragazzina sgozzata mentre tornava a casa. La vittima di questo crimine barbaro e animalesco è Lola Deviet. I motivi di questo orrore?
Si parla di una una lite tra la presunta assassina, una clochard algerina ventiquattrenne di nome Dahbia e la madre della vittima. La pista seguita dagli inquirenti, però, non è ancora confermata. Sta di fatto che la senzatetto con evidenti problemi psichici è la principale sospettata. Dahbia è stata fermata insieme a un’altra donna, Amine, 33 anni. Altri due uomini di 40 anni sono tuttora in stato di fermo, perché accusati di aver aiutato la presunta assassina a nascondere il cadavere nella valigia trovata vicino casa della minorenne.Secondo una prima ricostruzione, è stata la stessa clochard di origine algerina a raccontare alla polizia di essere stata ospitata dalla sorella nel palazzo dove la madre della vittima fa la portinaia. Quest’ultima non l’avrebbe fatta passare per accedere nell’edificio e quel divieto di accesso avrebbe scatenato una lite tra Dahbia e la mamma dell’adolescente.

Dahbia B.

La ventiquattrenne avrebbe poi ucciso la ragazzina per vendicarsi. “Omicidio di una minore di 15 anni” e “stupro con atti di tortura e barbarie” sono i principali capi d’accusa mossi dalla procura di Parigi. L’autopsia ha determinato che Lola, con evidenti ferite sul collo, è morta per asfissia: aveva le caviglie e i polsi legati. La ragazzina è stata soffocata, poi sgozzata e il suo cadavere chiuso in un baule, sotto la casa in cui abitava con la famiglia a Parigi.

Parigi noire

Ultimamente sono emersi nuovi dettagli su questo crimine efferato come il video su Tik Tok poco prima dell’omicidio, dove la presunta assassina balla e canta . La donna nei giorni scorsi ha confessato il delitto, salvo poi ritrattare. Al momento si trova in una cella di isolamento nella prigione femminile di Fresnes, nella periferia sud della Capitale francese, in attesa che le sue condizioni psichiche vengano valutate in vista di un possibile trasferimento a Villejuif.

Chi è Dahbia B.?

Ma chi è Dahbia B.? Una senza tetto di ventiquattro anni, senza lavoro e senza domicilio fisso dopo essere arrivata dall’Algeria con un visto studentesco. Il suo permesso di soggiorno era però scaduto dal 2016 e in agosto, fermata in aeroporto, aveva ricevuto l’invito a lasciare il territorio francese. Negli ultimi mesi veniva ospitata talvolta da un amico e talvolta dalla sorella, che abita nello stesso palazzo della famiglia di Lola, nel XIX arrondissement di Parigi. Per questo, all’inizio è avanzata l’ipotesi che si trattasse di una clochard.

Aveva perso la bussola

Secondo un conoscente, Dahbia aveva di recente “perso la bussola”, “parlava da sola” e si sarebbe interessata a credenze o religioni come l’evangelismo o il satanismo, come ha raccontato a BFM-TV un uomo che afferma di essere stato un compagno dell’accusata. “L’ultima volta che l’ho vista – ha affermato l’uomo – è stato dieci giorni fa. Aveva un po’ perso la bussola, nel senso che parlava da sola. Muoveva le labbra. Le chiedevo “ma che dici?” e lei rispondeva “niente, niente, è fra me e me”. Le indagini continuano. Anche perché il motivo che l’avrebbe indotta a commettere questo atroce crimine continua a rimanere sconosciuto.

Le Pen all’attacco

Nel frattempo, nella politica francese Marine Le Pen, Presidente del Rassemblement National, ribadisce alla premier francese di aver chiesto più e più volte il perché si è sempre stati così permissivi su temi come l’immigrazione. Per quanto riguarda gli obblighi di lasciare il territorio, il 90% non viene eseguito. Immediata la replica del primo ministro Élisabeth Borne alla Le Pen che invita a rispettare il dolore della famiglia e lasciare che polizia e giustizia facciano il loro lavoro. Nel mezzo anche la risposta del ministro della Giustizia francese Éric Dupond-Moretti che ha definito vergognoso “fare una politica meschina” come quella di “usare la morte di una ragazza di 12 anni per avere più consensi”.

Il “francocidio” di Zemmour

Il concorrente della Le Pen all’estrema destra, Eric Zemmour parla di “francocidio” per definire l’uccisione di qualcuno in quanto francese, che aveva già utilizzato per decapitazione del professore Samuel Paty nel 2020.  Dahbia B., Amine K., Friha B. e Rachid N., sono i nomi di 4 sospetti algerini nel caso dell’omicidio di Lola – ha twittato Zemmour- quando difenderemo i nostri bambini contro questi francocidi che sono sempre commessi dagli stessi e sempre ai danni degli stessi?.

Se Parigi piange, Roma non ride

Una vicenda aberrante che ricorda un altro abominio che questa volta si consuma nella nostra Nazione, a Macerata, il 29 gennaio 2018.                                               Autore di tale scempio è Innocent Oseghale, un nigeriano di 29 anni con un permesso di residenza scaduto e precedenti penali per spaccio di droga. Le accuse contestate all’ epoca furono di omicidio e violenza sessuale contro una vittima in condizioni di inferiorità, occultamento e distruzione del cadavere. Chi è la vittima di tale scempio?

Pamela Mastropietro

Pamela Mastropietro che all’epoca aveva soli 18 anni. Orrore da cui ne sono emersi altri durante il processo come la testimonianza di Vincenzo Marino, ex boss della ndrangheta, compagno di cella di Oseghale, il quale riferì ciò che il nigeriano gli avrebbe confessato in cella, ovvero di aver accoltellato Pamela e di aver cominciato a tagliarne il corpo, partendo da una gamba, mentre la ragazza era ancora in vita. Il processo si concluse con la condanna dell’imputato all’ergastolo e a diciotto mesi di isolamento.

Desirèe Mariottini

Ma questo, purtroppo, non è un caso isolato. Nello stesso anno, infatti, l’Italia avrà un’altra martire di un multiculturalismo marcio e corrotto: Desirèe Mariottini. La sedicenne fu trovata senza vita in uno stabile abbandonato in via dei Lucani nel quartiere di San Lorenzo a Roma nella notte del 19 ottobre. A circa due anni e mezzo dall’accaduto Alinno Chima, Mamadou Gara, Yussef Salia e Brian Minthe sono stati condannati per aver ucciso la ragazza con un mix letale, abusando di lei all’interno dell’edificio fatiscente rifugio di pusher e tossicodipendenti.

Pesanti condanne per i responsabili

Mamadou Gara e Yussef Salia sono stati condannati all’ergastolo, Alinno Chima è stato condannato a 27 anni e Brian Minthe a 24 anni e sei mesi di reclusione. Questa la decisione dei giudici della terza Corte di Assise di Roma. I quattro erano accusati di omicidio volontario, violenza sessuale aggravata e cessione di stupefacenti a minori. Solo per Gara la Procura aveva chiesto l’assoluzione per i reati di cessione di stupefacenti e induzione alla prostituzione, per tutti e quattro era stato chiesto l’ergastolo lo scorso dicembre. La 20enne Antonella Fauntleroy, ritenuta responsabile di aver venduto dello stupefacente all’amica minorenne è stata condannata a sei anni con rito abbreviato.

Il silenzio delle femministe

E anche in questo caso, le femministe anziché indignarsi e pretendere giustizia puntarono il dito contro la destra, accusando Salvini, allora Ministro dell’Interno, di sciacallaggio. Addirittura Viviana Garofalo di Potere al Popolo, parlò di “fortuna”. E già, perché se non fosse stato per la nazionalità dei suoi aguzzini, il suo caso non avrebbe fatto tutto quel rumore. Forse l’orrore dovrebbe essere quello di pensare anche solo lontanamente di associare l’aggettivo “fortunata” a un simile abominio.

Anche in Austria non va meglio

L’indegno negazionismo delle femministe su tali orrori si è verificato anche in Austria quando un gruppo di femministe prese d’assalto gli uffici del sito di notizie austriaco @oe24tv perché aveva nominato la nazionalità afghana dei quattro autori del caso di omicidio e stupro della tredicenne Leonie. Un caso che ha portato all’arresto di 3 richiedenti asilo. Il cadavere era stato trovato appoggiato a un albero di prima mattina a Vienna-Donaustadt, il 27 giugno 2021. I sospetti non avevano mostrato alcun rimorso dopo il loro arresto. Uno stava mangiando comodamente la pizza in un pub viennese, nel momento dell’arrestato. L’altro si stava divertendo su una pista di pattinaggio. Secondo la polizia austriaca, durante gli interrogatori non mostrarono alcuna emozione.

Adesso stanno venendo alla luce sempre più dettagli: la ragazza, di cittadinanza tedesca, era stata drogata, abusata sessualmente e soffocata. “Non si sono adattati. Erano incivili”. Queste le parole di un vicino sui due adolescenti arrestati di 16 e 18 anni.

Questione politica

Il primo senza precedenti penali. L’altro, il diciottenne, a causa della sua fedina penale, lo status di beneficiario di protezione sussidiaria gli era già stato revocato. Poiché aveva presentato un ricorso, il suo rimpatrio è stato ritardato, aveva dichiarato il ministro degli interni austriaco. In seguito fu arrestato anche un afghano di 23 anni i media austriaci riferirono di una considerevole fedina penale. Si disse che l’uomo fosse stato anche in carcere per aggressione, tra le altre cose. Secondo un rapporto di “Heute.at”, la sua domanda di asilo era stata respinta nel 2018, ma l’uomo ha presentato ricorso e poi è stato considerato “non reperibile”, anche se si diceva che, nello stesso tempo, fosse in libertà vigilata. Il caso Leonie divenne una questione politica in Austria e suscitò un dibattito sui richiedenti asilo che avevano commesso reati. La polizia austriaca è attualmente alla ricerca di un quarto sospettato con mandato di cattura internazionale. Le autorità non hanno rivelato ulteriori dettagli su di lui. L’unica cosa chiara è che si tratti di un quarto afghano. “Le informazioni sono oggetto delle indagini in corso”, afferma il portavoce della polizia Markus Dittrich a RTL, come anche la questione del rapporto tra i quattro uomini.

Sempre donne e sempre bianche

Lola, Pamela, Desiree, Maria, Leonie, giovani donne europee così diverse e così vicine perché ognuna con la sua vita ancora tutta da vivere ma tutte legate dallo stesso e amaro epilogo quello dei crimini culturalmente orientati.
Sì, è questo il nome degli orrori subiti da queste giovani donne, non è mera “violenza di genere” come sostenne il Parlamento nell’affrontare l’atrocità subita da Pamela Mastropietro ma si tratta di “reati culturalmente orientati” così come definito dalla dottrina giurisprudenziale ossia “reati che maturano in particolari contesti culturali, etnici o religiosi”. E visti i carnefici, le vittime e il modus operandi dei primi sulle seconde, definire tali mostruosità “violenza di genere” è un’offesa a tutte le vittime nonché al senso di civiltà che dovrebbe contraddistinguere l’occidente e su cui sono improntate le nostre Carte Costituzionali, in funzione infatti della libertà, della dignità ma prima di tutto della vita di ogni essere umano e che piaccia o meno, che sia politicamente corretto o meno anche la vita delle donne europee vale.

Rita Lazzaro