Quando ad uccidere è il genitore LGBT

Quando ad uccidere è il genitore LGBTQuando ad uccidere è il genitore LGBT – Qualche dato per smontare la vulgata perniciosa diffusa dalla lobby LGBT che la violenza è solo del maschio bianco ed etero: il 61,1% delle donne bisessuali, il 43,8% delle donne lesbiche, il 37,3% degli uomini bisessuali e il 26,0% degli uomini omosessuali hanno sperimentato l’IPV (Intimate partner violence) durante la loro vita, mentre il 35,0% delle donne eterosessuali e il 29,0% degli uomini eterosessuali hanno sperimentato l’IPV.

Un docente americano, Adam M. Messinger, ha evidenziato che tutte le forme di abuso erano più probabili nelle coppie omosessuali e bisessuali che in quelle eterosessuali.

Ma abbattiamo un altro stereotipo ossia quello che vede la famiglia naturale come il male assoluto in quanto radice della mascolinità tossica e fonte del patriarcato.

Iniziamo coi casi di violenza sui minori nella famiglia arcobaleno e cioè quella improntata sul love is love anziché su ruoli “stereotipati” come la figura materna e paterna.

Fatti inquietanti

A tal proposito parliamo dell’orrore commesso nel 2009 da una coppia lesbica condannata all’ergastolo per aver picchiato per giorni una bambina di 3 anni, loro affidata, fino ad ucciderla.

Picchiata con una cinghia e con un appendiabito.

La pecca della piccola? Essersi fatta la pipì addosso.

La violenza LGBT

Sempre per quanto concerne gli infanticidi per mano di una coppia lesbica da ricordare quanto successo in Gran Bretagna, dove una madre lesbica musulmana ha massacrato la figlia di 8 anni dopo che l’amante le aveva fatto il lavaggio del cervello arrivando a convincerla che la piccola, Ayesha, fosse l’incarnazione del male.

Entrambe sono state condannate per omicidio preterintenzionale.

Intrecci satanici?

Ayesha pesava solo 21 chili quando venne trovata senza vita il 29 agosto 2013 con 56 ferite (lividi e bruciature, e perfino un morso profondo sulla schiena inflitto dalla madre convinta di essere un vampiro) quando un ultimo colpo alla testa le fu fatale.

La piccola subiva bagni gelidi e veniva alimentata con la forza, fino a farla ammalare. “Era una bambina disobbediente e la mamma pensava fosse posseduta dal demonio”. Questo è quanto diceva l’amante della madre sulla creatura.

Una frase che ricorda quanto sostenuto dal trentunenne, ex istruttore di educazione fisica del Galles, Matthew Scully-Hicks che nel 2017 ha ucciso la bimba di 18 mesi che aveva adottato col marito. A quest’ultimo, infatti, il carnefice diceva che la piccola era “Satana travestito da bambina che sta crescendo”.

L’uomo aveva sbattuto più volte la piccola contro la parete, fratturandole diverse parti del corpo e il cranio. Poi l’ha lasciata agonizzante per quattro giorni prima di portarla in ospedale.

Il carnefice è stato condannato all’ergastolo con almeno 18 anni di carcere da scontare.

Lo studio di Paul Sullins

Per di più a smontare il mito dell’amorevole famiglia arcobaleno in antitesi con quella naturale di stampo patriarcale abbiamo anche gli studi condotti da un’attenta analisi di Paul Sullins, docente di sociologia alla Catholic University of America di Washington, considerato tra i massimi studiosi del tema, autore di importanti studi sul tema dell’adattamento dei figli di coppie omosessuali.

“I figli di genitori omosessuali hanno il doppio delle probabilità di sviluppare problematiche emotive – depressione e ansia – rispetto agli altri bambini”.

Questo è quanto afferma il docente intervenuto nei giorni scorsi a un seminario organizzato all’Università Cattolica di Milano.

E alla domanda concernente le adozioni gay il professore risponde che dovremmo chiederci qual è il superiore interesse del bambino. “Dal momento che è cinquanta volte più probabile che un bambino sia eterosessuale piuttosto che omosessuale, il superiore interesse del bambino dovrebbe risiedere nel suo affidamento ad una coppia eterosessuale”.

Una regola che, a suo avviso, può sì avere delle eccezioni. Eccezioni che confermano la regola.

Nemes Sicari