Quo vadis, ecclesia?

Quo vadis ecclesia?Quo vadis, ecclesia? – L’accelerazione verso un nuovo modello di Chiesa, – “fluido”, per usare un termine oggi in voga – impressa da Bergoglio è impressionante e disorienta ogni giorno di più i fedeli.

Non si faccia però l’errore di imputare al solo argentino lo sconcertante cambiamento che sta travolgendo la Chiesa cattolica.

Bergoglio sta semplicemente portando a compimento, per l’appunto, in modo accelerato, quanto già disegnato dai suoi predecessori, da Roncalli a Ratzinger, come testimoniano innumerevoli documenti, atti e scritti.

Un esempio i funerali di Napolitano

Le esequie di Napolitano hanno offerto molte evidenze della drammatica trasformazione in atto.

Vale la pena di ricordare che l’ex Presidente ha vissuto un’intera esistenza nel segno dell’ateismo e del laicismo, con trascorsi importantissimi nel PCI, sui cui iscritti e militanti grava la scomunica del 1949, che la Chiesa non ha mai revocato.

Ancora vivo, poi, è il ricordo del rifiuto del fu Re Giorgio di controfirmare il decreto d’urgenza di Berlusconi per l’alimentazione di Eluana Englaro, rifiuto che condannò la poveretta alla morte di fame e sete.

La sua beatificazione quindi, al netto del rispetto che si deve ad ogni defunto, operata dalla neo Chiesa è, con ogni evidenza, del tutto inopportuna. Abbiamo invece assistito a qualcosa di significativo: Bergoglio – che dovrebbe essere “Vicario di Cristo”, ma a tale titolo ha già rinunciato da tempo e andrebbe per questo, se non altro, lodata la sua coerenza – che omette di fare il segno della croce davanti al feretro.

La Croce nascosta

L’attuale nunzio apostolico, cardinale Emil Paul Tscherrig che, durante i funerali laici di Napolitano, si toglie la croce pettorale per un presunto rispetto della laicità della celebrazione. Una Chiesa oramai acattolica, tutta assorbita dal timore di non urtare altrui supposte suscettibilità, che considera Cristo un fronzolo superfluo di cui liberarsi all’occorrenza.

Di cui vergognarsi. Ma dice il Vangelo: “Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi” (Mc.8,34-38).

La fuga in avanti

E poi l’ex direttore di Civiltà Cattolica, il gesuita Antonio Spadaro, che fa sobbalzare chiunque abbia frequentato un minimo di catechismo, per un suo articolo zeppo di eresie sul giornale ultralaicista “Il Fatto Quotidiano”. Il Cardinale Zuppi, presidente della CEI, che, sempre in spregio alla scomunica del ‘49, partecipa alla festa di Rifondazione Comunista, raccogliendo le ovazioni degli oltre nove presenti.

Un male inteso senso di obbedienza spinge molti fedeli ad ingoiare rospi su rospi, ma le chiese si svuotano e i praticanti sono sempre di meno.

Bergoglio, Tscherrig, Spadaro, Zuppi e troppi altri…  “Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine o fichi dai rovi?” (Mt. 7, 15-20).

Al Sinodo ne vedremo delle belle

E il sinodo sulla sinodalità è ormai alle porte, con il suo carico di incognite e di scismi annunciati.

È la Chiesa in cammino, ci dicono. Ma verso dove? Smarrito e rinnegato Cristo, che dovrebbe essere il fine ultimo, dove porterebbe questo cammino?

Della meta non si parla, sembra quasi che il viaggio sia fine a sé stesso, che l’importante sia procedere insieme nel mondo, avendo ormai accantonato qualunque tensione verso la trascendenza. Da qualche parte si arriverà.

Nel frattempo, pensiamo all’ambiente e ai migranti, le due ossessioni di cui Bergoglio non manca mai di parlare.

Ma per fortuna non tutta la Chiesa è preda di questo disorientamento. C’è ancora un piccolo gregge che, con fede e coraggio porta avanti l’insegnamento bimillenario e autentico delle Scritture, della Tradizione e del Magistero indefettibile.

È la Chiesa della Tradizione, che non si vergogna di Cristo e che conosce la meta.

Una Chiesa che non fa clamore e che viene osteggiata. Da qui il cattolicesimo può ritrovare sé stesso e ripartire. È grazie a questa Chiesa che le porte degli inferi non prevarranno.

Raffaele Amato