Saman Abbas e le spose bambine

Saman Abbas e le spose bambineSaman Abbas e le spose bambine – Il caso di Saman Abbas, la ragazza di 18 anni uccisa dai suoi familiari per essersi ribellata a un matrimonio combinato, il cui corpo è stato ritrovato qualche giorno fa in un casolare diroccato di Novellara, ha messo in evidenza una piaga umana e sociale che colpisce anche il nostro Paese.

12 milioni all’anno

A tal proposito da ricordare una serie di dati a dir poco agghiaccianti come le 12 milioni di bambine nel mondo costrette a sposarsi prima di compiere 18 anni. Sono 33 mila ogni giorno. Ciò significa che ogni minuto 23 ragazze vengono derubate della loro infanzia e del loro futuro: una ogni 3 secondi. Bambine che rischiano la vita per via delle gravidanze precoci e a cui vedono negati i propri diritti tra violenza fisica e traumi psicologici.

La situazione in Italia

I matrimoni precoci in Italia sono oltre 150 ogni anno, secondo ActionAid. Una situazione degenerata con le restrizioni legate al Covid. Quest’ultimo ha infatti reso difficile l’accesso all’assistenza sanitaria, ai servizi sociali e al sostegno comunitario che proteggono le bambine da questa pratica, da gravidanze indesiderate e dalla violenza di genere. Con le scuole chiuse è cresciuto il tasso di abbandono scolastico delle ragazze e il ricorso da parte delle famiglie ai matrimoni combinati. La perdita del lavoro, la povertà e l’insicurezza alimentare, infatti, possono anche costringere i genitori a sposare le loro figlie per trovare una nuova fonte di sostentamento. A causa della pandemia dieci milioni di matrimoni infantili potrebbero verificarsi prima della fine del decennio.

La storia di Dalal Nabih

Anche l’Italia è colpita da questa pratica indegna. Basti pensare alla testimonianza rilasciata da Dalal Nabih a Zona Bianca.

Dalal è una donna marocchina, di 37 anni, 31 dei quali trascorsi in Italia. Protagonista di una storia atroce, fatta di violenza e soprusi.

Vittima di un padre che le ha ucciso la madre e di un matrimonio combinato a cui si è ribellata, ma il marito per punizione ha rapito il suo primo figlio. Col tempo si è rifatta una vita, ma la donna cerca ancora giustizia. A soli 11 anni è stata costretta a sposarsi con un uomo di 42 anni. Un uomo che l’ha violentata la prima notte di nozze. “Quando ti ribelli a quello che è il tuo destino va dato un esempio alla comunità che è quello di fartela pagare perché così le altre bambine o le altre donne arabe non si ribellino. Mia mamma è morta in Italia perché non voleva che io mi sposassi. Voleva che studiassi, che potessi avere la mia libertà. Perché anche lei a suo tempo è stata venduta. Io ho assistito all’omicidio di mia mamma perché lei voleva che noi vivessimo”.

Si poteva evitare

Ed ecco poi lo schiaffo all’Italia dato nella risposta di Dalal alla domanda “si poteva evitare?”“Certo che si poteva evitare”. Il perché è altrettanto vergognoso per uno stato di diritto e per di più sempre in prima linea nella difesa delle donne: “Ci sono state un sacco di denunce. Noi abbiamo denunciato un sacco di volte i maltrattamenti. Ci sono referti medici negli ospedali di Milano e provincia di Pavia. Noi siamo stati anche dai servizi sociali. Perché tu scappi. Hai paura. Io porto delle cicatrici sul mio corpo. Dove mi ha tentato di tagliare un piede perché non ho obbedito a quello che mi chiedeva, a mia sorella è stata spaccata la testa con la chiave inglese perché ha difeso mia mamma perché la massacrava e questo è successo in Italia, non è successo in Pakistan” Prosegue Dalal: “Perché queste persone purtroppo portano la loro cultura, il loro radicalismo in Italia e gli italiani sono troppo buoni. L Italia mi ha salvato la vita come mia mamma. Bisognerebbe fare leggi severe per queste persone non giustificarle dicendo che è il loro modo di fare”.

Un problema culturale

Più leggi e più pugno duro contro chi offende i principi fondamentali di uno stato di diritto come il rispetto per la vita e della dignità umana. Dalal da vittima di una “cultura” ben lontana dal senso di civiltà, punta il dito anche contro il velo indossato dalle bambine. Un’immagine che le provoca “tristezza infinita”.

La donna, poi, descrive i dettagli dell’abominio subito dalle piccole vittime.

“Uno dice sposa bambina e finisce lì. No. Vieni preparata per una violenza carnale. Vieni vestita di bianco. Ti mettono sul letto. La persona entra ti violenta perché così sventano il velo rosso del lenzuolo perché così si sono portati il trofeo della tua verginità. A una bambina di 11 anni non lo trovo corretto. Questo accade anche in Italia oggi. Bisognerebbe entrare nelle scuole. Bisognerebbe vietare di portare il velo alle bambine”.

Leggi più severe e maggiore sensibilizzazione del tema nelle scuole ma serve anche una politica di contrasto seria.

Una politica che abbia il coraggio di difendere le donne passando dalle parole ai fatti, dalle pagliacciate virtuali alle proposte serie.

Una politica italiana che non indossi il velo alla bisogna per compiacere il musulmano di turno.