12 novembre 2003, la strage di Nassiriya

12 novembre 2003, la strage di Nassiriya – Guerra del Golfo – Il 20 marzo 2003 una coalizione militare guidata dagli Stati Uniti e appoggiata dalla Gran Bretagna e da altri paesi sferrava un attacco all’Iraq e in meno di due mesi, di fronte a un esercito mal equipaggiato e con la strategia dei bombardamenti a tappeto, riusciva a controllare l’intero paese.

Da quel momento la nazione guidata da Saddam Hussein, che con pugno di ferro aveva mantenuto ordine in un territorio diviso fra una maggioranza sciita e una minoranza sunnita, con presenze cristiane ed, etnicamente, da un 30% di Curdi, entrava in una vera e propria fase di dis12 novembre 2003, la strage di Nassiriyagregazione.

Armi di distruzione di massa

Le motivazioni addotte dall’amministrazione nordamericana per l’intervento – possesso di armi chimiche da parte dell’esercito irakeno (è entrata nella storia la boccetta mostrata dal segretario di stato Colin Powell durante una seduta del Consiglio di Sicurezza dell’ONU) e aiuti al terrorismo, sull’onda emotiva dell’11 settembre – si rivelarono dei meri pretesti. Nessuna arma batteriologica fu mai rinvenuta. Mentre, ben lungi dall’appoggiarlo, Saddam si era sempre rivelato acerrimo nemico dell’estremismo islamista proprio al fine di mantenere la coesione all’interno dei propri confini.

Neo-con e Israele

Le vere ragioni risiedevano nelle pressioni esercitate da Israele, che si sentiva minacciata nella propria sicurezza da uno stato sicuramente ostile e dalla potente lobby neo-con, filo-sionista e guerrafondaia, presente ai vertici istituzionali statunitensi; poco c’entrò il petrolio, ben di più la volontà di riposizionamento nordamericana.

La liquidazione del partito Baath

La liquidazione dell’esercito e delle strutture politiche dell’Iraq, in particolare legate al partito Baath, mise in moto una catena incontrollabile di conseguenze, lasciando il paese in balia di bande e di una violenza generalizzata.

Gli Sciiti, presenti soprattutto nel sud del paese, inizialmente soddisfatti della caduta del Rais, che manteneva al potere una struttura legata ai Sunniti, finirono ben presto per osteggiare la presenza straniera sul territorio e, agli ordini di Muqtadā al-Ṣadr, ad attaccarne le posizioni.

Guerra civile

In questo clima di feroce guerra civile – che costò al popolo iracheno, fra il 2003 e il 2007, circa 150.000 morti – si consumò la tragedia di Nassiriya.

Terminata la stretta fase bellica, in quello stesso anno 2003 l’Italia aveva inviato un contingente militare, a supporto della coalizione internazionale di c.d. peace-keeping, volta a garantire il ripristino e la riattivazione delle infrastrutture e dei servizi essenziali.

Il sacrificio italiano

Stabilitasi a Nassiriya, nel sud del paese, il 12 novembre la nostra base veniva attaccata da un camion-bomba imbottito di tritolo, lanciato contro l’accampamento provocando l’esplosione del deposito delle munizioni. Diciannove Italiani (di cui diciassette militari e due civili) e nove Iracheni perdevano la vita.

La sconcezza dei pretesti utilizzati dagli Anglo-americani per destabilizzare una nazione sovrana (tanto da determinare pentimenti postumi da parte dell’ex segretario di Stato Powell e dello stesso premier inglese Tony Blair, il quale aveva appoggiato l’intervento) non fa venir meno il dolore e la riconoscenza dovuti ai nostri soldati e al personale inviato in quella missione.

Un monito

Il loro sacrificio sia, però, monito verso chi, alla guida delle nostre istituzioni, si troverà ad operare scelte importanti di politica estera. Affinché abbia come unico criterio quello dell’interesse nazionale e respinga appiattimenti che giovano solo a chi li impone in nome di una pretesa solidarietà che funge da paravento a disegni egemonici.

Onore ai caduti

Onoriamo quindi la memoria dei Carabinieri Andrea Filippa (il quale, centrando il guidatore del camion, evitò che questo penetrasse all’interno della base dove avrebbe causato una sciagura ben maggiore) Massimiliano Bruno, Giovanni Cavallaro, Giuseppe Coletta, Enzo Fregosi, Daniele Ghione, Horacio Majorana, Ivan Ghitti, Domenico Intravaia, Filippo Merlino, Alfio Ragazzi e Alfonso Trincone e dei militari dell’Esercito Massimo Ficuciello, Silvio Olla, Alessandro Carrisi, Emanuele Ferrero e Pietro Petrucci, coi civili Stefano Rolla e Marco Beci.