A 55 anni dal ‘68, non cambia il giudizio: fu il nulla

A 55 anni dal ‘68, non cambia il giudizio: fu il nullaA 55 anni dal ‘68, non cambia il giudizio: fu il nulla – Se c’è una tesi senza dubbio alcuno condivisibile, tra le tante espresse nei libri di Marcello Veneziani, è quella sul ‘68.

La reale portata di un evento storico, infatti, non può che essere misurata dall’eredità che ha lasciato nella società in cui si è manifestato e il ‘68, in Italia come nel mondo, ha lasciato il nulla. O il nichilismo nella sua dimensione peggiore, cioè, privato anche di quel qualcosa di eroico e titanico a cui l’aveva elevato Friedrich Nietzsche.

Moda e Costume

Tutt’al più, a voler proprio trovarci qualcosa di buono, nell’incipit della Contestazione, si dovrebbe rivolgere lo sguardo alla moda e al costume, in particolare alle abitudini sessuali – non a caso, sotto questo aspetto, ci fu chi parlò e parla ancora di “rivoluzione” -, anche se, a essere onesti, bisognerà pur ammettere che – absit iniuria verbis – a Roma come a Washington, a Berkley come a Londra, alla Sorbonne come a Berlino, si “scopava” anche prima che Mary Quant inventasse la minigonna o che Mario Capanna si mettesse a tirar uova alle signore impellicciate davanti alla Scala di Milano.

Ciò premesso, diventa difficile, anzi, insondabile mistero comprendere appieno la nostalgia per il 1° marzo di quel fatidico anno anche da parte di non pochissimi esponenti dell’area di destra.

55° anniversario

A breve cadrà il 55° anniversario dei “fatti di Valle Giulia” e già si sentono pianti e stridor di denti per “l’occasione perduta”, per l’atteggiamento di Giorgio Almirante verso gli studenti che occuparono le facoltà, per l’incursione di Giulio Caradonna e dei pugili di Angelino Rossi alla Sapienza.

Se, infatti, tornando a Veneziani, l’unica eredità del ‘68 sono le immeritate, se non scandalose carriere dei suoi epigoni e cantori negli anni successivi – per non parlare del sangue degli Anni di piombo – non si capisce di quale “perdita” si possa avere la nostalgia?

Di non aver fatto, a propria volta, carriera?

Ingenuità

Oppure, c’è chi veramente può credere che la Sinistra italiana, se non egemone, largamente maggioritaria in quel fermento, avrebbe veramente lasciato spazio ai ragazzi e all’intellettualità e alle idee della Destra?

Solo a pensarlo, manco a dirlo, viene da sorridere, per l’ingenuità del pensiero.

Quasi che non si avesse memoria di come, nel decennio precedente, nel breve volger di pochi anni, i comunisti riuscirono ad allearsi col Msi in Sicilia per mettere in difficoltà la Dc (1958, Silvio Milazzo), per poi incendiare le piazze da Genova al resto d’Italia in nome dell’Antifascismo, d’accordo con Aldo Moro e i servizi segreti dei Carabinieri (1960), per impedire alla Destra d’approdare al governo.

Nostalgia

Certo, è legittimo aver nostalgia dei propri vent’anni e degli elan vital che quella primavera anagrafica favorisce in ciascuno di noi; quando, però, si varca la soglia dei 60 e dei 70, l’adolescenzialità – nelle analisi, nei ragionamenti, nei discorsi e negli atteggiamenti esistenziali – è per lo più patologia da psicologo.

Come già si è scritto altrove, l’obbiettivo dei sessantottini e, sopra a tutto, dei capi della Contestazione – ed è lo scopo di sempre e tutti coloro che originano politicamente da Karl Marx, più o meno direttamente – fu quello di <protestare per tutti il benessere, salvo accontentarsi di ottenerlo per sé stessi>.

Nello slogan <Vogliamo tutto> non era insita l’intenzione di cambiare la società; bensì di assumere un ruolo diverso nella società.

Si minacciava la distruzione del modello di sviluppo, ma nell’attesa di esservi inseriti in anelli più alti e meglio remunerati della catena.

Da un punto di vista psicologico, l’edipica necessità di uccidere il padre dei sessantottini implicitamente riconosceva nello Stato partitocratico antifascista il genitore, la cui sposa – con cui accoppiarsi dopo il delitto – non poteva che essere la corruzione morale e materiale che già caratterizzava la vita istituzionale, politica, economica e sociale del Paese.

Tangentopoli

E non è un caso, infatti, che la classe dirigente spazzata via tanto facilmente da Tangentopoli fosse quella cresciuta proprio in quella temperie.

Ed è di ciò che dovremmo rammaricarci?

Ancora un esempio: quando la Destra italiana scese nelle strade, a Reggio Calabria, neanche due anni dopo Valle Giulia, la Sinistra italiana, giovane e meno giovane, istruita o meno, nelle Università o nelle fabbriche, incendiò il resto della Nazione, per alimentare il fuoco del cambiamento, oppure si schierò dalla parte, anzi, si mise in testa a quanti denunciarono quella rivolta come un episodio “golpista” e “fascista”?

Quando si discute del ‘68 che <purtroppo non ci fu>, sembra di ascoltare quelli che ancora pensano che fosse sincero, Palmiro Togliatti, quando si rivolse ai <fratelli in camicia nera>, inducendo a ringraziare Dio o il Fato di averci fatto nascere, almeno culturalmente, figli unici.