A che punto siamo con la 194 – Con la delicatezza di un elefante e con lo stile di uno scaricatore di porto, L’Espresso pubblica nuovamente una sua copertina apertamente blasfema, degli anni settanta, sull’aborto.
Questi signori, invero, avrebbero potuto, per una volta nella loro vita, proporre una foto di cosa rimane di un essere umano, dopo un aborto, ma non lo faranno mai, perché tutte le loro astrusità ideologiche crollerebbero come un castello di carta.
Ma, al di là dell’operazione rozza e incivile che squalifica, se possibile, ancor di più, il settimanale, viene proposto un tema interessante che sarebbe un peccato lasciar cadere nel vuoto e trascurare di commentare : a che punto siamo dopo 45 anni di 194, la legge che autorizza e finanzia l’eliminazione dei nostri figli.
Ai sensi della 194, infatti, nei suoi primi 90 giorni di vita, il concepito può essere soppresso sempre e per qualsiasi motivo con la complicità dello Stato.
Dopo i primi 90 giorni, un essere umano può essere eliminato per qualsiasi tipo di malformazione e, comunque, fino a quando non ha capacità di vita autonoma (gli aborti eugenetici sono aumentati in modo esponenziale).
Questo prevede la legge e questo avviene nella triste realtà.
Diritto di vita e di morte
La legge 194, quindi, riconosce il diritto alla vita solo all’essere umano che possa sopravvivere autonomamente al di fuori dell’utero materno, prima di allora la vita del figlio è condizionata e sottoposta alla esclusiva volontà della madre (il padre, semplicemente, tamquam non esset) che ha un diritto di vita e di morte sul figlio (il contestatissimo “ius vitae ac necis”, che spettava al padre nell’antica Roma).
Una società davvero civile, equa e solidale dovrebbe avere particolarmente a cuore la sorte di chi – a qualsiasi età – non è autosufficiente.
Invece, questa legge gravemente disumana, discriminatoria e ingiusta, legittima e finanzia l’eliminazione sistematica di milioni di nostri simili inermi e innocenti, gli “ultimi degli ultimi”.
Mistificare e giustificare una legge integralmente iniqua, che ha consentito l’eliminazione di più 6 milioni di italiani è, se possibile, ancor più dannoso della propaganda radicale dei richiamati anni settanta.
La società moderna
Sia chiaro, il dramma dell’aborto è sempre esistito.
Nella nostra epoca, però, costituisce un vulnus lacerante e di dimensioni inaudite.
La società moderna lo ha metabolizzato nella più assoluta indifferenza.
Da circa 50 anni, il mondo occidentale ha legalizzato questa pratica disumana e non si discute più se sia giusta o meno, ma solo delle modalità – chirurgiche o farmacologiche – con cui attuarla.
In barba alle convenzioni internazionali sui diritti dell’uomo ed ai principi fondamentali sanciti nelle nostre Costituzioni, gli Stati autorizzano e finanziano l’eliminazione quotidiana di migliaia di esseri umani inermi e innocenti
Obiezione di coscienza
Malgrado ciò, e come se tutto ciò ancora non bastasse, periodicamente la sinistra torna alla carica contro l’obiezione di coscienza a questa forma di vivisezione dell’umano, a questa autentica macelleria umana.
L’ha pretesa per il servizio militare, per le armi, per la sperimentazione sugli animali. ma non la vuole, anzi la detesta, per l’aborto.
Non sa o fa finta di non sapere che, oltre ad essere prevista nella legge 194, diventata ormai un vero e proprio totem intoccabile, l’obiezione di coscienza ha rango costituzionale.
L’obiezione di coscienza è, infatti, un diritto costituzionalmente tutelato e riconosciuto dal nostro ordinamento.
Altro capitolo: gli aborti clandestini e, addirittura, ormai casalinghi, che non sono il passato, ma il triste presente dell’Italia, dopo 45 anni di 194.
Qui, la 194, ha clamorosamente fallito lo scopo principale a lungo sbandierato: l’eliminazione della clandestinità.
La normativa, demagogicamente, si proponeva di evitare l’isolamento della mamma e del suo dramma individuale, socializzandolo con l’intervento legislativo.
Questo scopo, quello principale della legge, è miseramente fallito; la mamma è sempre più sola e, con l’introduzione e l’assunzione, anche casalinga, della kill pill RU486 – enormemente più rischiosa dell’aborto chirurgico – assiste, dopo aver ingerito la pillola, all’espulsione del proprio figlio tra le mura domestiche e nella più assoluta solitudine.
La Chiesa
Note dolenti, purtroppo, arrivano anche dalla Chiesa e i suoi dintorni.
Monsignor Paglia, sostenendo la “194, pilastro della società”, e nominando nella pontificia accademia per la vita, che presiede, persone convintamente atee e abortiste, ha dato il segnale della mutata sensibilità sul tema.
Un giornale sedicente cattolico, continua imperterrito a sostenere che la 194 consentirebbe l’aborto solo “a determinate stringenti condizioni”, una assoluta falsità – smentita dal tenore della legge e dalla prassi sanguinaria che, non casualmente, ne è seguita – volta a rendere accettabile alla opinione pubblica, questo spietato mostro giuridico..
Secondo Zuppi, presidente della CEI, la 194 sarebbe una legge «dolorosa», ma che garantirebbe una «traduzione laica importante» ed, inoltre, «nessuno pensa di metterla in discussione».
In particolare, con quel perentorio e serafico «nessuno pensa di metterla in discussione», Zuppi cancella, in un colpo solo, quinto comandamento, Scrittura, Tradizione e intero Magistero della Chiesa sulla tutela della Vita nascente, Evangelium Vitae, in primis (non oso immaginare come reagirebbero a queste sue parole, San Giovanni Paolo II e gli immensi cardinali Biffi e Caffarra).
Tutto in discussione tranne l’8 per mille
Rimane la curiosità di conoscere i motivi – oltre l’8×1000, s’intende – per i quali oggi, all’interno della Chiesa, si può parlare di tutto, tranne che di mettere in discussione una legge criminale e antiumana, che ha causato, e causerà, un autentico genocidio dei soggetti più inermi e innocenti sulla faccia della terra.
Su di essi, sui motivi, significativamente, neanche una parola.
Ma, forse, le motivazioni che rendono possibile questo “volemose bene” clericale e la pessima e irrispettosa copertina delL’Espresso, entrambi sempre a scapito dei “più poveri tra i poveri”, sono molto semplici e legate alla circostanza che nessuno vede, nessuno sente e nessuno parla, di ciò che esattamente accade durante un aborto, ovvero lo smembramento di un essere umano.
Una vicenda nella quale l’umana vigliaccheria gioca un ruolo fondamentale.
Conclusioni
Per concludere – riflettendo tristemente sul fatto che, anche tra i pro life, c’è chi loda le “magnifiche sorti e progressive” della legge 194 – il tasso di natalità, rispetto agli anni ’70, è pressoché azzerato, ogni anno vengono venduti più di mezzo milione di prodotti – direttamente o indirettamente – abortivi, e un figlio su cinque, viene eliminato con il nulla osta e il finanziamento dello Stato.
Sono tutte circostanze assai gravi e inquietanti, ma i media – L’Espresso in testa – e il pensiero unico, continuano a definire l’aborto, di volta in volta, conquista civile, diritto riproduttivo e progresso …””
ENRICO PAGANO