Bologna, “insultare un fascista” non è reato

Bologna, "insultare un fascista" non è reato

Bologna, “insultare un fascista” non è reato – Forse, sarebbe l’ora che il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, riflettesse sull’opportunità di inviare un’ispezione al Tribunale di Bologna, al fine di verificare i parametri con cui vengono valutate le cause che hanno un inevitabile profilo politico.

Cause che, quando riguardano esponenti della Destra vastamente intesa, sia che si presentino come imputati sia che interpretino il ruolo della vittima, li vedono sempre, invariabilmente soccombere.

L’ultimo della sequenza è Paolo Signorelli, la cui onorabilità è stata offesa palesemente da Vincenzo Vinciguerra nel corso dell’udienza del 4 giugno 2021 del processo a carico di Paolo Bellini.

Il noto pentito, alla domanda circa sui presunti legami tra Valerio Fioravanti e i servizi segreti italiani, ebbe a rispondere: “A me bastava sapere che li avesse con Paolo Signorelli i rapporti… e li aveva”.

Una risposta abile e infame al contempo: da una parte, infatti, suona chiaramente di conferma alla domanda; dall’altra, cerca di mettersi al riparo dalla più logica della contestazioni – come potrebbe mai sapere lui una cosa del genere, dato che non ebbe mai rapporti diretti o indiretti con l’ex-capo dei Nar? -, affidandosi a un sillogismo: Fioravanti era in rapporto con Signorelli, Signorelli si dà per scontato che avesse rapporti coi servizi segreti: Fioravanti, quindi, era in contatto con gli spioni!

Infamare i morti

D’altro canto, Signorelli è morto e non può più smentire le illazioni che si continuano a produrre sul suo conto.

Peccato, però, che non solo Signorelli abbia dei figli, ma che lo stesso Tribunale di Bologna, per ragioni diverse, abbia interrogato proprio gli attuali vertici di Aise e Aisi – o meglio, dei vertici in carica al 31 maggio 2021, cioè, nominati e controllati politicamente dal Centrosinistra da una decina di anni – circa i rapporti esistiti tra i servizi segreti e una lunga serie di estremisti di destra, Signorelli incluso.

Da quell’accertamento, senza possibilità di smentita, è emerso come nessuno dei soggetti indicati dal Tribunale di Bologna abbia mai avuto rapporti di collaborazione in qualsiasi senso intesa con gli apparati di sicurezza dello Stato italiano.

Dunque, i magistrati che insistono sul punto sbagliano e, sopra a tutto, Vinciguerra mente.

Mente spudoratamente, parlando come quasi sempre fa di cose di cui non può neanche avere scienza diretta, data la limitatezza temporale e “qualitativa” del ruolo svolto nelle vicende eversive degli anni ’70.

 Tanto più che è stato lo stesso pubblico ministero del processo contro Gilberto Cavallini, Antonello Gustapane, il quale, in quella occasione, ha avuto conoscenza diretta del Vinciguerra testimone , a chiederne in aula la condanna a un anno di reclusione e a mille euro di multa, accogliendo così la richieste dei familiari di Signorelli.

Il fatto non sussiste

Di contro, secondo il giudice Anna Fiocchi, “il fatto non sussiste” e Vinciguerra è stato assolto.

E a questo punto, come commenta Gabriele Bordoni, legale della famiglia Signorelli, diventerà molto interessante leggere le motivazioni della sentenza e capire cosa “non sussisterebbe”, dal momento che è innegabile che Vinciguerra abbia fatto in aula quelle dichiarazioni ignobili contro il padre dei suoi clienti.

Forse, si sostiene che, non avendo detto esplicitamente: “Sì, Signorelli era una spia”, il senso che si ricava dal sillogismo che egli ha usato è interpretazione personale di chi eventualmente lo ha ascoltato e non già responsabilità di chi ha fatto l’affermazione?

Oppure “non sussiste” la possibilità per una persona di sentirsi diffamato, se viene lasciato intendere che abbia collaborato coi servizi segreti in operazioni sporche?

O ancora “non sussisterebbe” la possibilità per Signorelli – sempre uscito assolto degli innumerevoli processi che ha dovuto sostenere – di sentirsi colpito nell’onore, visto che il coinvolgimento in quelle stesse inchieste giudiziarie ne avrebbe comunque compromesso la reputazione?

Il motivo per archiviare?

Di sicuro, un motivo in mente ce l’ha, la signora giudice Fiocchi e dev’essere analogo a quello che ha spinto, anche non molto tempo prima di quest’ultimo episodio, altri suoi colleghi ad archiviare denunce per diffamazione a carico di esponenti del Pd e dell’Associazione familiari delle vittime del 2 agosto anche quando apostrofavano con epiteti tipo “iene” o “avvoltoi” coloro che cercavano e cercano ancora la verità sulla sorte di Maria Fresu.

Certo, da un punto di vista generale, non si può che registrare un netto miglioramento rispetto al passato proprio degli “anni di piombo”, quando era talmente radicata nella Sinistra, dentro e fuori dai tribunali, la convinzione che uccidere un “fascista” non fosse un reato, che i magistrati non perdevano certo più tempo di tanto a cercare e men che meno a condannare gli assassini di tanti ragazzi di destra.

Per le meno, adesso, pare che sia solo “insultare un fascista” a non essere illegale.

Meglio, ma non benissimo…

Massimiliano Mazzanti

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