Furti in metro: la versione del borseggiatore – “Sono stato aggredito dalle borseggiatrici in metro perché le filmavo”. È questa la denuncia di Mattia Pezzoni, il presidente del Comitato Sicurezza per Milano, aggredito dalle borseggiatrici in metro perché le stava filmando.
Aggredito in pieno centro
L’aggressione è avvenuta a fine aprile alla fermata Duomo. A confermarlo la questura, che ha riferito come la Polmetro sia intervenuta dopo che un trentaquattrenne è stato picchiato perché stava avvisando i passeggeri della presenza di borseggiatrici. In particolare, dopo l’aggressione da parte di alcune donne, un uomo lo avrebbe colpito all’occhio con un pugno.
Sui social sono circolate le immagini di Pezzoni con un occhio pesto e il volto insanguinato. Finito in codice verde al Policlinico, il trentaquattrenne da alcuni anni fa parte di gruppi che in metropolitana danno vita a delle ronde contro i furti delle borseggiatrici.
Ma oltre al danno la beffa, infatti Mattia, con ancora i segni del pestaggio sul volto, a Diritto e Rovescio si è ritrovato ad ascoltare le parole del suo aggressore.
Faccia a faccia con l’aggressore
Affermazioni di chi non si è assolutamente pentito ma che anzi dà anche lezioni di diritto versione rom: “anche io che sono un ladro, sono stato derubato. E non è stata una bella cosa ma dopo un paio d’ore te lo dimentichi, non è chissà cosa. Questo ragazzo se la va a cercare. Sta perseguendo delle persone, sta dando la caccia sulle metro, che non ha nessun diritto di fare. Esiste una legge della privacy”.
Ma la giornalista a questo punto gli ricorda che come c’è la legge sulla privacy, c’ è anche la norma che vieta di rubare.
Sembra un film
Ed ecco la risposta del violento borseggiatore: “li arrestano, chiami la polizia, non è così tanto grave il borseggiatore. Ci sono molte più cose gravi a Milano e in Italia”. Su questo il ladro per professione ha ragione.
In Italia ci sono cose più gravi dei borseggiatori, come uno Stato che permette loro di continuare a esercitare questa loro attività come fosse un lavoro quando, in realtà, è solo un reato. Uno Stato che porta i cittadini a organizzare ronde, finendo anche pestati a sangue, anziché garantire loro la sicurezza.
Uno Stato che non manifesta alcuna solidarietà a chi fa ciò che, in realtà, spetterebbe alle Istituzioni, ma che soprattutto non adotta i dovuti provvedimenti affinché gli affari dei borseggiatori della metro vengano fermati una volta per tutte.
Vero, in Italia ci sono problemi più gravi dei borseggiatori, come permettere a un borseggiatore di mostrarsi a viso scoperto in un’intervista e dichiarare tranquillamente “la sua professione”.
Un contesto dove il paradosso si confonde con la realtà, dimostrando così, ancora una volta, la non credibilità dello Stato italiano.
Rita Lazzaro