Gli accordi della Meloni a Kiev: l’Italia è pronta ad andare in guerra – L’ammiraglio Rob Bauer, presidente del Comitato Militare della Alleanza Atlantica, ha dichiarato: Dobbiamo renderci conto che vivere in pace non è un dato di fatto. Ed è per questo che noi – Nato – ci stiamo preparando per un conflitto con la Russia.
Il ministro della difesa tedesco, Boris Pistorius, dice che, per la prima volta negli ultimi trenta anni, l’Europa si trova di nuovo di fronte alla minaccia di un conflitto militare con la Russia e che questo potrebbe accadere nei prossimi cinque-otto anni.
Spirano venti di guerra
Una serie di vertici militari Usa ed europei discutono di preparazione dei civili alla possibilità di una guerra, di istituire o incrementare l’istituto dei riservisti per integrare gli eserciti nazionali e di aumento della produzione di armi. La Svezia ha già consigliato ai suoi cittadini di prepararsi ad una guerra.
Da ultimo, Macron, nella Conferenza di Parigi con 20 Capi di Governo, dichiarava che non va escluso l’invio di truppe occidentali al fronte ucraino.
Un fantasma si aggira per l’Europa
Anche la presidente europea con del Layen, non potendo essere da meno di Macron, si lancia nell’agone guerresco dichiarando, sostanzialmente, che l’Europa deve sostituire gli Usa nel fornire armi a Zelensky e, per questo, si devono unire le forze per produrre più armi, incentivando queste aziende, unificando il centro di spesa come si è fatto con i vaccini.
Anche Lei dice che bisogna essere pronti alla guerra.
Ovviamente, dopo, tutti hanno minimizzato la napoleonica boutade di Macron, Usa compresi, e lo stesso capo della Nato, Stoltemberg ha dichiarato: Non ci sono piani in questo senso.
La pericolosa esercitazione NATO
Quindi, è certamente solo una combinazione che la Nato abbia programmato, quest’anno, la più grande esercitazione militare dalla fine della Seconda guerra mondiale, Steadfast, che simula proprio un conflitto con la Russia?
Insomma, l’America ha difficoltà a stanziare le solite centinaia di miliardi di dollari in armi a favore di Zelensky, avendo ormai capito che sono dollari persi, e passa il cerino acceso ai suoi vassalli europei che si affrettano ubbidienti, in sostituzione del padrone, a stabilire accordi per aiuti di ogni genere con l’Ucraina.
Tutto scritto, tutto prevedibile. Obbediente come sempre, alla Meloni non è parso vero di poter riabbracciare il suo vate, Zelensky, e si è precipitata a Kiev, dove ha sottoscritto un bel bilaterale che ci impegna a sovvenzionare l’Ucraina per i prossimi dieci anni.
Gli impegni dell’Italia
Ma a cosa ci ha impegnato la prode Giorgia?
Intanto l’accordo dura 10 anni, anche se la guerra dovesse finire prima, e stabilisce innanzi tutto cooperazione in tema di difesa: l’Italia – che ha già inviato 8 pacchetti di armi all’Ucraina nel ‘22 e ‘23 – dichiara che intende mantenere lo stesso livello di supporto anche nel 2024.
Ma quanto vale questo supporto? Difficile dirlo perché il tipo di armi ed il loro valore è un segreto di stato, ma per i finanziamenti con danaro, lo dice la stessa Meloni, abbiamo versato all’amico Zelensky 2 miliardi di euro.
Per quello che riguarda le armi, prudentemente secretato perché i cittadini non devono sapere dove vanno a finire le loro tasse, possiamo, partendo dai pochi dati certi, arrivare a formulare delle ipotesi attendibili.
Facciamo i conti in tasca alla Meloni
Un dato certo è che lo scorso anno abbiamo regalato a Zelensky uno dei tre sistemi di difesa antiaerea Samp-T che ci rimangono. Il costo di questo sistema è di 800 milioni di euro senza munizioni, se si comprendono i missili Aster al costo di due milioni ognuno, superiamo il miliardo di euro.
Si sono dovuti ordinare altri missili per il sistema Samp-T per un costo di 2 miliardi di euro, portando a 3 i miliardi spesi in armi.
Nulla si sa sulle armi convenzionali e soprattutto sulle munizioni che sono entrate negli 8 pacchetti di consegna all’Ucraina, ma se si considera che il calibro da artiglieria più richiesto dagli ucraini è il 155 NATO e che ognuno di questi proiettili costa come minimo dai 2000/3000 dollari – fino ai 68.000 ognuno di quelli più sofisticati – e che gli ucraini ne sparano circa 12.000 al giorno, si può ipotizzare almeno un altro miliardo di costi.
Quanto ci costa l’Ucraina
La Germania, più trasparente, nel biennio 2022/2023 ha ammesso di aver inviato armi per 16 miliardi.
Si può dire quindi con una stima prudente che, tra armi e sovvenzioni, nel 2023 gli italiani hanno regalato alla guerra ucraina 5/7 miliardi di euro, ai quali bisogna aggiungere quanto speso per rimpiazzare le indispensabili scorte dell’esercito italiano.
Confrontando questa cifra con i 3 miliardi di incremento per l’anno in corso dei fondi per la sanità, che dovrebbero servire anche per eliminare le liste d’attesa cui sono costretti gli italiani per curarsi, si capisce la follia della situazione.
All’art. 4 dell’accordo, si stabilisce poi che l’Esercito Italiano potrà addestrare e fare un esercitazioni con l’esercito ucraino anche sul territorio ucraino, nonché la cooperazione con le industrie ucraine che producono armi che si traduce anche in un impegno economico dell’Italia visto che è previsto che l’industria della Difesa interagirà con quella ucraina per sostenerla nel ripristino della produzione nazionale di attrezzature, materiali e munizioni.
Insomma, una vera economia di guerra.
Pronti alla battaglia?
Ma la parte di questo accordo che lascia più sbalorditi è quella sulle future aggressioni da parte della Russia, a fronte delle quali Italia e Ucraina si consulteranno entro 24 ore, per determinare le misure e le opportune misure successive necessarie per contrastare o contenere l’aggressione.
In pratica, la Meloni ha impegnato il Paese a scendere in guerra contro la Russia, con il nostro esercito, se, per esempio, dopo una tregua, la Russia riprendesse le ostilità.
L’enormità di questo accordo sottoscritto dalla presidente del Consiglio in assoluta autonomia dal Parlamento e perfino dal ministro degli Esteri, è di tutta evidenza.
Pare di capire che la prima donna premier voglia stabilire anche un altro record: riportare, dopo 79 anni, l’Italia in guerra.
Giovanni Preziosa
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