Guareschi, 55 anni fa moriva il grande scrittore reazionario

Guareschi, 55 anni fa moriva il grande scrittore reazionarioGuareschi, 55 anni fa moriva il grande scrittore reazionario – Il 22 Aprile del 1968, esattamente 55 anni fa, moriva Giovannino Guareschi.

Il successo di Don Camillo

Che dire del geniale intellettuale e romanziere cattolico? Sicuramente tutti conoscerete la sua creazione più famosa: la saga di “Don Camillo e Peppone”.

Una serie di racconti meravigliosamente lavorati fin nell’ultimo dettaglio trasposti poi sullo schermo cinematografico dalla coppia perfetta Cervi-Fernandel.

Ambientati nella Bassa Emiliana (luogo di origine del Maestro, nato a Fontanelle di Roccabianca in Provincia di Parma) raccontano della scoppiettante rivalità tra Don Camillo, ruspante prete di campagna tradizionalista e Peppone, esplosivo sindaco comunista.

I due si fronteggiano senza esclusione di colpi. A volte tirandosi qualche brutto scherzo ma sempre in modo corretto e nel rispetto reciproco.

I due sono nemici nell’agone politico ma sono profondamente amici nella vita (avendo condiviso insieme tutta l’esistenza nei momenti belli e in quelli bui):si guardano in cagnesco ma poi si sorridono e vanno a bere al bar.

L’Italia post-bellica

Sanno bene di non essere poi così diversi (Don Camillo è molto più “bolscevico” di quanto non creda e Peppone non è poi così “anticlericale” come dovrebbe essere) e di completarsi a vicenda.

Il paese osserva l’eterna disputa tra i due e decide per chi parteggiare: per la “Reazione” Cattolica o per il Comunismo “Bolscevico”.

Nessun capolavoro della nostra letteratura descrive appieno la scanzonata ma intensa rivalità politica che divideva ogni paese d’Italia in quel periodo.

Dunque, sì: “Don Camillo e Peppone”, un capolavoro della Letteratura Italiana,20 milioni di copie vendute in tutto il mondo, 6 film con cast internazionali.

Guareschi era molto di più

Ma è davvero tutto qui Giovannino Guareschi? No per niente! E di questo parleremo in questo articolo.

Nacque nel 1908 in una famiglia piccolo borghese della provincia Parmigiana.

Suo padre era un sindacalista socialista e sua madre era una maestra elementare, devota cattolica e fervente monarchica (molto probabilmente fu dalla madre che il Maestro trasse ispirazione per il personaggio della Maestra Cristina in “Don Camillo e Peppone”).

La carriera giornalistica

Ottenuta la Maturità classica, iniziò gli studi di legge a Parma, ma li abbandonò presto per dedicarsi alla sua vera vocazione: il Giornalismo.

Divenne in breve apprezzatissimo per la sua penna ficcante e la sua abilità di vignettista. Nel 1933 aveva già ottenuto il suo primo incarico di Caporedattore presso “L’Emiliano”. Dal 1936 al 1943 lavora per il giornale satirico “Il Bertoldo”

Dopo un devastante bombardamento alleato che distrusse la sede del periodico Guareschi dovette abbandonare la sua professione.

Non combatte per la RSI

Un giorno, ricevuta la notizia (poi rivelatasi falsa) della caduta del fratello sul fronte russo, si accasa in una locanda e si prende una “ciucca” clamorosa.

In preda ai fumi dell’alcool e disperato per la presunta morte del fratello si mette a insultare pesantemente il Duce.

Arrestato grazie alla testimonianza di un presente, scampa alla fucilazione grazie alle attenuanti e viene condannato al richiamo al fronte come ufficiale di artiglieria.

Arrivata la notizia dell’Armistizio di Cassibile, si rifiuta di combattere per la Repubblica Sociale e viene condannato, insieme ad altri militari italiani, alla prigionia nel Lager di Sandbostel.

Lì, grazie alla sua irriducibile Fede Cattolica, riuscirà a sopportare stoicamente le privazioni e la durezza della prigionia confortando sé stesso e i compagni con la scrittura (di quel periodo sono le sue opere “La Favola di Natale” e “Diario Clandestino”).

Il Candido

Uscirà dal Campo di Concentramento pesando solo 40 chili.

Tornato in Italia fonderà il “Candido”, settimanale cattolico e monarchico a cui parteciperanno anche Indro Montanelli, Giovanni Mosca e Giacinto Mondaini (padre di Sandra Mondaini).

Criticherà aspramente il Referendum che porterà alla Repubblica nel 1946, a suo dire macchiato da gravissimi brogli elettorali e denuncerà le violenze partigiane avvenute nel famoso “Triangolo della Morte” che insanguinarono la sua amata Emilia.

Monarchico, cattolico e anticomunista

Divenne così il più accanito e iconico Anticomunista d’Italia.

Ricordate il famoso slogan con cui la DC vinse le elezioni del ’48 “Nel segreto della cabina Dio ti vede Stalin no”? È opera di Guareschi.

Sempre per quelle elezioni coniò anche uno slogan e un manifesto molto più crudo e impattante: il disegno di un soldato italiano ridotto a scheletro che, da dietro i reticolati sovietici, dice:“100.000 prigionieri italiani non sono tornati dalla Russia. Mamma votagli contro anche per me!”

Inventò la figura dei Trinariciuti, epiteto con cui apostrofava i comunisti più fanatici, esseri dotati di una terza narice “dal quale far fuoriuscire la materia grigia e far entrare le direttive del Partito”.

Celebre il suo alterco con Palmiro Togliatti che lo definì “l’uomo più cretino del mondo”.

Guareschi, da guascone emiliano, rispose: “Detto da un comunista è il più grande riconoscimento”.

Ma la sua critica al potere non colpì solo gli avversari delle Sinistre: punse col suo stiletto anche i capi di Stato democristiani Luigi Einaudi e Alcide De Gasperi, colpevoli di aver tradito gli ideali cristiani della DC delle origini.

Sconti per nessuno

Neanche Santa Madre Chiesa, dopo il Concilio Vaticano II, scappò alle critiche del Tradizionalista Guareschi che rimproverava al Clero di star “Depacellizzando” la Chiesa (riferimento al cognome di Pip XII, ultimo Papa preconciliare).

Fiaccato negli ultimi anni da una salute sempre più precaria si ritirò gradualmente dall’agone della satira.

L’ultimo grande onore lo ricevette da Papa Giovanni XXIII che gli chiese di partecipare alla stesura del nuovo Catechismo: Guareschi, pur lusingato, rifiutò poiché “non me ne sento degno”.

Abbandonato dal nuovo corso italiano

Morirà per infarto il 22 luglio del 1968.

L’Italia politica e intellettuale, forse memore delle sue dolorose stoccate, lo snobbò: a parte il sindaco socialista del suo Paese, pochi amici fidati e i figli (la moglie, addolorata, non riuscì a venire), nessuna grande personalità si presentò.

La Rai gli dedicò pochi minuti e i giornali gli dedicarono pagine secondarie.

L’Unità titolò al veleno “Melanconico tramonto dello scrittore che non era mai nato”.

La Gazzetta di Parma, unica voce controcorrente, uscì con “Italia meschina e vile”.

Se ne andava così uno dei più brillanti intellettuali cattolici d’Italia.

Attaccato dai rancorosi avversari, messo alla berlina dai cosiddetti amici. Ma conscio di essere sempre rimasto coerente con i suoi principi e i suoi ideali, fu sepolto con il Rosario tra le mani e la bandiera Sabauda sulla cassa. La storia lo rivalutò poi. Soprattutto all’estero. “Nemo propheta in Patria”.

Cattolico Tradizionalista e praticante, monarchico, patriota, anticomunista, conservatore o meglio “reazionario” come lui amava definirsi.

Intellettuale dissidente, satirico tagliente, romanziere di rara bravura.

“La penna che sconfisse i Comunisti e i Falsi Cattolici”

Grazie Maestro. Di tutto.

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