Hind e gli altri bambini. A Gaza è emergenza umanitaria

Hind e gli altri bambini. A Gaza è emergenza umanitaria

 

Hind e gli altri bambini. A Gaza è emergenza umanitaria – Occhi scuri e un sorriso dolce, è così che Hind Rajab compare nelle foto che, in questi giorni, hanno fatto il giro del web, magari col malcontento di chi, a tutti i costi, vuole che ci sia un solo buono e un solo cattivo, nonostante la continua mattanza che si sta consumando a Gaza dallo scorso 7 ottobre.

Hind si aggiunge ai circa 13.000 i bambini palestinesi uccisi da questa maledetta data ad oggi.

Hind è il volto della disumanità di Israele

La piccola di sei anni era dispersa dopo che l’auto della famiglia era finita sotto i colpi a Gaza provocando l’uccisione dei familiari, come era stato dichiarato dal ministero della Sanità gestito da Hamas e dai suoi parenti, che accusano Israele di averla uccisa.

La bambina, sopravvissuta all’attacco, aveva chiesto aiuto chiamando i soccorsi ma, da quel momento, non si sono più avute sue notizie.

Secondo quanto riportato dalla Mezzaluna rossa palestinese, due medici inviati a cercare la bimba sono stati uccisi dalle forze israeliane.

La piccola vittima era stata vista per l’ultima volta circa due settimane fa, quando, appunto, era rimasta intrappolata in macchina con i parenti morti mentre cercavano di fuggire da Gaza City mentre le forze israeliane avanzavano.

Hind e tutti gli altri nell’auto sono stati martirizzati, ha detto all’Afp il nonno della piccola, Baha Hamada.

Alcuni membri della famiglia hanno fatto la triste scoperta quando si sono recati nell’area di Tel al-Hawa, a Gaza City, alla ricerca dell’auto vicino a una stazione di servizio dove era stata avvistata l’ultima volta.

Hanno potuto raggiungere l’area perché le forze israeliane si sono ritirate all’alba di oggi ha aggiunto Hamada.

Una carneficina

Il ministero della Sanità della Striscia di Gaza, gestito da Hamas, ha confermato la morte di Hind.

È stata uccisa dalle forze di occupazione (israeliane) insieme a tutti coloro che erano con lei nell’auto fuori dalla stazione di servizio di Tel al-Hawa, ha dichiarato il ministero in un comunicato.

Una carneficina che non risparmia nessuno da quanto è emerso dal quotidiano francese Liberation, che ha dedicato un articolo ai reporter di guerra autoctoni, quindi giornalisti e insieme vittime, con un titolo in prima pagina La morte ad occhi chiusi.

La Croce Rossa internazionale ha espresso il suo shock per l’uccisione di altri sei suoi volontari, tre il 31 gennaio ammazzati dall’esercito israeliano, vicino alla porta di entrata dell’ospedale di Al-Amal.

Secondo la Croce Rossa di Gaza, sono stati uccisi anche tre volontari ospedalieri il 2 febbraio.

Tutto questo nonostante il personale sanitario sia tutelato dal diritto internazionale in tempo di guerra.

Tra i volontari uccisi da ricordare altresì i due dispersi mentre prestavano soccorso ad una bambina gravemente ferita.

Ma non è finita qui, visto che non si è arrestata la continua distruzione di infrastrutture, abitazioni, case e interi quartieri.

Le macerie di Gaza

Secondo un report di Unosat (United Nation Satellite Center) https://unosat.org/products/3793 che utilizza immagini satellitari comparando foto ricavate tra maggio/novembre 2023 con altre dei primi di gennaio 2024, a Gaza sarebbe stato distrutto il 30 per cento degli edifici, per un totale di quasi 70 mila costruzioni e almeno 93 mila abitazioni.

Dalla distruzione di abitazioni ai terreni agricoli, anche essi distrutti dalle bombe e dai bulldozer eliminando così qualsiasi vegetale commestibile.

A questo si aggiungono le frequenti chiusure delle frontiere e i manifestanti che bloccano i camion degli aiuti che cercano di entrare a Gaza attraverso il valico di Kerem Shalom, ostacolando così l’arrivo degli aiuti, compresa la consegna di cibo.

Una situazione apocalittica dove i primi a farne le spese sono sempre loro, i più fragili, i più indifesi, i più innocenti: un bambino su sei nel nord di Gaza è gravemente malnutrito.

Ed ecco che si aggiunge un’altra arma di guerra, tecnicamente di distruzione di massa, la fame.

Una strategia miserabile e indegna che, non per nulla, è severamente vietata al punto da rappresentare un crimine di guerra secondo il diritto internazionale.

Una situazione infernale da cui giungono notizie di bambini che iniziano a morire a causa della malnutrizione.

La strategia della fame

Ma i dettagli macabri non finiscono qui.

Infatti, è capitato che i camion con i rifornimenti alimentari attendono al confine così a lungo che il cibo trasportato arriva a Gaza marcio.

Una fame che divora il popolo palestinese con 1.1 milioni di bambini che rischiano di morire di fame.

Sono questi i dati agghiaccianti denunciati da Save the Children che raccoglie racconti sempre più drammatici dei colleghi sul campo a Rafah.

Secondo quanto riportato da un’operatrice, che si vi si trova attualmente, i suoi parenti nel nord di Gaza sono stati spinti a misure disperate per sopravvivere. Mio marito mi ha detto che la gente è ricorsa a mangiare cibo per uccelli e animali e foglie di alberi per la disperazione. È stato costretto a cercare resti di cibo. Di recente ha trovato dei resti in casa di sua sorella che erano già stati rovinati dai topi, ma li ha lavati e li ha mangiati lo stesso perché non c’era letteralmente nient’altro da mangiare. Ha detto che non morirà per le bombe, ma per la scarsità di cibo. È questa la straziante testimonianza dell’operatrice Nour.

Il rischio carestia

Da questo scenario agghiacciante si può amaramente comprendere, almeno per chi vuole capire, che il rischio di carestia è destinato ad aumentare finché il governo di Israele continuerà a impedire l’ingresso degli aiuti a Gaza e l’accesso a cibo, acqua, servizi igienici e sanitari.

Si tratta di aiuti di prima necessità su cui fanno affidamento le famiglie di tutta Gaza e che, nonostante ciò, sono stati somministrati col contagocce o puntualmente negati da Israele, mentre, allo stesso tempo, i servizi essenziali sono stati ridotti drasticamente.

Le Nazioni Unite hanno dichiarato che tra il 1° gennaio e il 15 febbraio, più del 50% delle spedizioni e valutazione degli aiuti nelle aree a nord di Wadi Gaza, dove i livelli di fame sono più alti, sono state negate dalle forze israeliane.

La strage degli affamati

Ma al peggio non c’è mai fine.

Qualche giorno fa, infatti, si è verificato l’ennesimo attacco delle forze israeliane su cittadini allo stremo delle forze.

Una fila per procurarsi cibo salvavita è diventata una fila per la morte. Mentre i bambini muoiono per mancanza di cibo, i loro genitori muoiono nel tentativo di procurarselo. Deve esserci un’indagine immediata e imparziale su quanto è accaduto e devono essere intraprese azioni per garantire il rispetto del diritto umanitario internazionale. Ai civili non può essere negata l’assistenza salvavita, né possono essere uccisi mentre cercano di ottenere aiuto.

Sono state queste le parole di denuncia di Jason Lee, direttore nazionale di Save the Children nei Territori palestinesi occupati.

104 morti e 760 feriti è questo il bilancio di questo vile e miserabile attacco su cittadini inermi, mentre facevano la fila per gli aiuti umanitari.

Di bombe o per fame 

Nel frattempo, dal Ministero della Salute arriva la conferma della morte di bambini a causa della malnutrizione.

A Gaza da quasi 5 mesi la situazione è questa: o si muore sotto le bombe o di fame e se si sopravvive a entrambi non si può comunque andare da nessuna parte per ricevere cure mediche efficaci, visto che le strutture sanitarie sono state distrutte dai bombardamenti.

Almeno 13.230 bambini morti da inizio guerra, tra cui sette morti negli ultimi giorni per fame, oltre 8.800 le donne rimaste uccise.

Questi sono i dati agghiaccianti che ha reso noto l’ufficio media dell’enclave palestinese controllata da Hamas, nel giorno in cui il bilancio complessivo delle vittime registrato dalle autorità ha superato i 30.000 morti.

Tra questi 340 operatori sanitari, 132 giornalisti e 47 operatori di protezione civile. I registri ufficiali dei morti non comprendono le circa 7.000 persone che risultano disperse, ha precisato l’ufficio media citato da Al Jazeera.

Strage? Carneficina? Mattanza?

Perché non chiamare questo inferno col suo vero nome, ossia genocidio, anche se Israele non vuole?

Il silenzio del governo italiano

Da quando è Israele a decidere chi è la vittima e chi il carnefice? Da quando è Israele a stabilire ciò che si può definire genocidio e ciò che invece non lo è? Ma soprattutto perché il premier della Repubblica Italiana, che ha giustamente a cuore la vita dei piccoli ucraini, ha detto poco e niente su questa strage di innocenti?

Domanda quest’ ultima alquanto imbarazzante, soprattutto se rivolta a una donna, una madre ma soprattutto una cristiana.

Nemes Sicari

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