I coccodrilli della Magneti Marelli

I coccodrilli della Magneti MarelliI coccodrilli della Magneti Marelli – Lo storico stabilimento della Magneti Marelli di Crevalcore (BO) chiuderà, lasciando i suoi 230 dipendenti a casa.

La produzione, destinata ai motori endotermici, sarà spostata su un’unità produttiva di Bari. Così ha deciso il fondo americano KKR, attuale proprietario della storica azienda italiana.

Le lacrime dei coccodrilli 

Immediata la reazione del Presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, e del sindaco di Bologna, Matteo Lepore.

Già, ma di quale reazione si tratta? L’immancabile solidarietà ai lavoratori in vista di licenziamento, certo. La richiesta al governo di convocazione di un tavolo a livello nazionale per cercare soluzioni, ci mancherebbe. Ma nessuna seria analisi sulle radici del problema.

Perché Bonaccini, Lepore, il PD, insieme a tutti gli altri partiti che siedono in Parlamento hanno accettato supinamente le regole del mercato, regole che hanno consentito al peggiore turbocapitalismo predatorio di fare incetta del fior fiore delle aziende italiane, acquisirne i marchi prestigiosi e poi chiuderle, spostando la produzione dove meglio conviene.

Dopo il disfacimento di quello che è stato un modello per il mondo, l’IRI, operazione iniziata con la pratica clientelare e terminata con lo smantellamento di Prodi e la ventata privatizzatrice sottoscritta da Draghi sul panfilo Britannia, non c’è più stata in Italia una politica industriale degna di questo nome.

Il modello liberal-liberista caro agli angloamericani ci è stato imposto senza possibilità di deroghe, spalancando le porte della nostra economia alla speculazione finanziaria più spietata.

Ecco quindi pienamente legittimate chiusure senza preavviso di fabbriche con tanti saluti non solo alle prospettive di innumerevoli famiglie ma anche a pezzi di storia del territorio, di cultura industriale, di conquiste del lavoro.

Sindacati complici silenti

I sindacati, buoni solo a rastrellare quattrini dal tesseramento e ad abbaiare al pericolo fascista e i residui di quella che un tempo fu la sinistra, tutti intenti ad aggiungere qualche lettera alla sigla LGBTQ e a speculare sul dramma migratorio, di tempo per pensare al tema del lavoro pare che non ne abbiano.

Ma Bonaccini e compagnia hanno anche un’altra colpa sulla coscienza. Quella di sostenere la folle ideologia green, di cui i futuri disoccupati di Crevalcore saranno soltanto una delle conseguenze.

La domanda di manodopera specializzata nel settore automotive ultimamente, soprattutto a causa dello sciagurato stop ai motori a combustione previsto dall’Unione Europea per il 2035, sta conoscendo andamenti schizofrenici.

La follia green

Se infatti la Magneti Marelli di Cevalcore, che produce – come accennato – componentistica per motori endotermici, chiuderà, simile sorte spetterà allo stabilimento Volkswagen di Emden, in Bassa Sassonia, che, invece, realizza auto elettriche, e sarà costretto ad un forte taglio della produzione per mancanza di ordini.

Insomma, da un lato fabbriche dell’endotermico chiudono in prospettiva del futuro elettrico, dall’altro fabbriche dell’elettrico tagliano già perché la domanda è insufficiente!

Ecco perché non servono certamente le passerelle e le lacrime da coccodrillo piddine a Crevalcore per  uscire dalla spirale dell’impoverimento industriale. Serve, semmai, un ripensamento radicale del modello economico che, a Crevalcore come ad Emden, continua a dimostrare tutta la sua inadeguatezza.

Raffaele Amato