I legali di Cavallini si ritirano dal processo: “Troppi No dalla Corte d’Appello, difesa azzoppata”

I legali di Cavallini si ritirano dal processo_ “Troppi No dalla Corte d’Appello, difesa azzoppata”-1I legali di Cavallini si ritirano dal processo: “Troppi No dalla Corte d’Appello, difesa azzoppata” – Il collegio difensivo di Gilberto Cavallini – gli avvocati Gabriele Bordoni e Alessandro Pellegrini, i quali si sono avvalsi in questi anni della collaborazione dell’avvocato Mattia Finarelli – rinuncia alla tutela dell’assistito, dopo aver depositato gli ultimi atti necessari alla sua difesa davanti alla Corte d’Assise di Appello di Bologna.

Nessuna resa

Attenzione: non è un gettare la spugna e men che meno un arrendersi alla inesistente evidenza della colpevolezza dell’imputato; bensì è solo – ma non solamente – la presa d’atto che, col rigetto di tutte le richieste avanzate al tribunale per una rinnovazione almeno parziale del dibattimento di prime cure, la funzione dei legali per una difesa piena deve ritenersi esaurita.

Esaurita nell’impossibilità di esprimersi compiutamente, come permetterebbe e vorrebbe il Codice di procedura penale.

Dunque, sarà un avvocato d’ufficio, all’uopo nominato, a dover leggere le ampie e articolate nonché puntigliose e precise critiche alla sentenza di condanna in primo grado sviluppate da Bordoni e Pellegrini, per poi riassumerle ed esporle alla Corte d’appello.

La conferenza stampa

I due noti avvocati bolognesi hanno sintetizzato in una conferenza stampa – che si può ascoltare in versione quasi integrale nel nostro canale YouTube – le ragioni che li hanno spinti al clamoroso gesto che, hanno precisato, non è polemico né di protesta, ma teso a indicare che non è quella che si continua a percorrere la strada che porterà alla verità sulla strage del 2 agosto 1980.

In particolare, a rendere problematica la situazione del collegio difensivo, le tutt’altro che facilmente comprensibili opposizioni della Corte all’audizione di alcuni testi:

il terrorista Carlos, il quale avrebbe potuto illustrare tante cose, nel momento in cui ci si ostina a negare dignità a quella che si definisce “pista palestinese” sempre e solo sulla base di pregiudizi di tipo ideologico;

della dottoressa Gabriella Negrini, il medico che repertò la “maschera facciale” di “Ignota 86” e che tanti aspetti di quella vicenda avrebbe potuto chiarire, specialmente ora che qualcuno solleva incredibili – e risibili – dubbi sull’autenticità e genuinità di quella prova fondamentale ed inquietante;

del dottor Francesco Ceraudo, il medico di vaglia che fece emergere la falsità del tumore di Massimo Sparti, nonché del funzionario della Digos che, per primo, prese contatti con Massimo Sparti, in periodo antecedente alle sue “confessioni” che, a tutt’oggi, come ammette pure il giudice Francesco Caruso nella sua non certo eccelsa sentenza a carico di Paolo Bellini, rimangono l’unico “pilastro” a sostegno della colpevolezza degli appartenenti ai “Nar” per l’attentato di Bologna.

Nessun collegamentio di Cavallini con i “servizi”

A proposito di quest’ultima sentenza e, ovviamente, di quella a carico di Cavallini, Bordoni e Pellegrini, come ultimo atto difensivo, hanno depositato agli atti estratti di documentazione della Procura riguardante i presunti collegamenti di Gilberto Cavallini e altri esponenti della “eversione nera” con i servizi segreti italiani, più o meno deviati che fossero.

In un rapporto degli attuali servizi segreti – anzi, di quelli del 2021, per essere precisi, ai cui vertici siedono uomini di stretta fiducia dei precedenti governi della Sinistra e che addirittura, come Lorenzo Murgolo, hanno anche svolto in passato investigazioni sulla strage di Bologna – né Cavallini né altri degli uomini e delle donne indicate nella lista approntata dai magistrati hanno avuto contatti e men che meno rapporti di dipendenza con strutture dei servizi segreti ai tempi della “strategia della tensione”.

i ruoli di Giannettini e Napoli

Nessuno, tranne due: Guido Giannettini, il cui ruolo nei servizi segreti italiani era noto e ben rivendicato dallo stesso, ma che è uscito praticamente indenne da tutte le accuse che gli sono state rivolte negli anni dai tribunali italiani; e Gianluigi Napoli, lo strano “eversore di destra” che, caduto in svariate problematiche di criminalità comune, decise di iscriversi all’albo dei “pentiti” del terrorismo neofascista, cioè, uno dei capisaldi dell’accusa a Cavallini. Ora, a meno di non sospettare che anche gli attuali servizi segreti – ancora diretti dagli uomini nominati dai vari governi di centrosinistra – siano “deviati”, quanto viene dato di scontato e sottolineato della massima importanza nelle tante sentenze passate trova la più totale e definitiva smentita.

Il che la dice lunga, per certi versi, sulle ricostruzioni “storiche” di centinaia e centinaia di pagine che, specialmente negli ultimi due pronunciamenti giudiziari, costituiscono il fondamento delle convinzioni di colpevolezza espresse nei rispettivi dispositivi.

Da ultimo, Pellegrini e Bordoni hanno reso pubblico di aver scritto una lettera a Giorgia Meloni per ottenere la desecretazione delle carte di Sismi e Sisde del periodo 2 luglio-23 settembre 1980: un atto che tutti si sarebbero aspettati arrivare prima delle udienze dibattimentali di appello, ma che ancora non è stato compiuto.

Un atto che, se non per l’appuntamento inevitabile davanti alla Suprema corte di Cassazione, sarà almeno utile per gli storici. Anche se resta e resterà l’amarezza per non essere riusciti a fare chiarezza sull’esistenza e sul contenuto di quelle carte in vista di questo appuntamento processuale.