Il Femminicidio si combatte solo riformando la Giustizia

Il Femminicidio si combatte solo riformando la GiustiziaIl Femminicidio si combatte solo riformando la Giustizia – Passata la giornata delle iniziative ufficiali, dense di retorica anche un po’ bolsa, è il caso di dirsi le cose per come sono realmente, anche nelle situazioni peggiori.

Dunque, signori e, soprattutto, signore, bisogna metterselo bene in testa: il femminicidio è un reato, per quanto gravissimo, come tutti gli altri.

Quando una donna lo teme, è qualcosa di odioso, che fa paura e suscita la solidarietà di tutti – istituzioni, media, opinion-leader -, ma, quando lo subisce, diventa un fascicolo che si ammonticchia con tutti gli altri nell’ufficio di qualche pubblico ministero.

Per quanto questi, poi, se ne curi, del fascicolo, si dovrà scontrare con l’efficienza della Polizia giudiziaria e, successivamente, con quella dell’ufficio del gip o del gup.

I tempi del processo

Ovviamente, dopo c’è il processo, il dibattimento, le udienze fissate con la cadenza delle eclissi solari, l’eventuale decisione della corte. Dunque, alla fine della fiera, l’eventuale punizione, con la pena certa?

No, c’è da aspettare la motivazione della sentenza – la legge stabilisce un termine, ma, se il giudice relatore non lo rispetta, non è prevista alcuna sanzione – e l’inevitabile ricorso in appello – della vittima se non ha trovato giustizia, del condannato, se non è riuscito a farla franca (o è effettivamente innocente) – che comporta altro tempo nel dolore e nell’apprensione.

Un esempio

A Bologna, tanto per fare un esempio, un caso molto eclatante di tentato femminicidio – l’episodio è dell’aprile del 2017 -, dopo una prima assoluzione dell’imputato che ha sollevato più di una perplessità e le ire del pubblico ministero, vedrà il secondo round il prossimo 12 gennaio. Il prossimo gennaio del 2023!

Sei anni per i primi due gradi di giudizio, ma ci potrebbe anche essere il terzo, la Cassazione. Allora, care amiche, di cosa stiamo parlando?

La prevenzione?

Il dato diffuso in queste ore come un record positivo, francamente, fa ridere. Secondo dati ufficiali, dei 7500 uomini segnalati alle forze dell’ordine e da queste diffidate per atteggiamenti violenti nei confronti di mogli, fidanzate o amiche che siano state, solo 1 – sì, uno su 7500 – ha ucciso la partner.

Dunque, il metodo funziona? Per carità.. Veramente si può credere che un violento vero, con pulsioni omicide, si lasci intimidire da un maresciallo – perché grosso modo questa è la diffida – che lo convoca e gli dice: Ohh, ma che? Davvero? Mo te ne devi ‘sta bonino, altrimenti venimo e te bevemo! La sensazione è quella che, a fronte di pericoli concreti – e che grazie a Dio sono sempre meno frequenti negli ultimi due anni rispetto ai precedenti -, la politica e le istituzioni si perdano e perdano tempo in provvedimenti utili solo a soddisfare le pulsioni ideologiche di un certo femminismo radicale che non è mai stato fattore di promozione di una sostanziale e vera crescita della condizione femminile.

Cosa serve?

Per combattere il femminicidio e promuovere un sempre maggiore rispetto delle donne, alimentare il conflitto tra generi, anche solo la polemica, non serve assolutamente a nulla. La soluzione è solo – e semplicemente – in una riforma organica e radicale della Giustizia che, rendendo il sistema penale più efficiente, veloce e affidabile, consenta di reprimere tutti i reati, di conseguenza anche quelli contro le donne.

Le chiacchiere stanno a zero

Non è elevando a una sorta di moda un reato; non è che parlandone con lo stile e l’intensità dell’influencer che un dramma può essere, se non addirittura sconfitto, contrastato seriamente; a riportare pace e serenità nelle relazioni, nelle coppie, nelle famiglie, sarà solo la consapevolezza di vivere in una civiltà giuridicamente ordinata e regolata, dove, a fronte degli errori e degli orrori, la Legge colpisce rapida, inesorabile, dura. E dove le conseguenze si pagano fino alla fine, non giusto il tempo che il “pubblico” si dimentichi delle azioni che le ha generate, quelle conseguenze, lasciando il campo aperto a chi vorrebbe aprire le porte di tutte le carceri o trasformare tutte le pene in corsi di aggiornamento di qualsiasi cosa.

Tutti gli omicidi

Per combattere il Femminicidio, se ne facciano una ragione femministe, anime candide e politicamente corretti, per prima cosa, è indispensabile togliergli proprio quella definizione di genere, riportando l’attenzione sulla necessità di mettere forze dell’ordine e magistrati nelle condizioni di reprimere qualsiasi tipo di omicidio e tutti gli omicidi, creando la sensazione sociale che il crimine, qualsiasi crimine, in Italia non paghi più, non convenga, non lasci che strettissimi margini, giusto quelli fisiologici, di farla franca, perché in tutti gli altri casi si sarà chiamati a rispondere delle proprie responsabilità, con umanità, ma senza pietismi e scontistiche indegne anche di un supermercato di terza categoria.

Codice Penale agile ed efficace

Il codice penale non ha bisogno di corsetti, imbellettature, aggiustamenti semantici che lo mettano in sintonia con le “onde” volubili della “audience” a cui è stata ridotta la comunità nazionale; ha solo la necessità di essere sfrondato dalle stratificazioni ideologiche degli ultimi trent’anni, di essere reso più agile e stringente e messo a disposizione di poliziotti e giudici con maggiori mezzi e strumenti tecnologici, ma anche regole di lavoro, che gli consentano di operare con maggiore diligenza e rapidità.

Non illuminando palazzi o cospargendo di scarpette rosse le piazze, ma solo riformando organicamente il sistema giuridico italiano, il Paese piangerà sempre meno amiche, fidanzate, mogli, madri orrendamente e assurdamente assassinate.