La caduta del sogno del posto fisso

La caduta del sogno del posto fisso La caduta del sogno del posto fisso – È meglio ottenere una mancia duratura di 100 euro al mese o la sicurezza sociale dei nostri figli – ma anche di noi stessi-?

16 milioni di Italiani sono iscritti alle centrali di rischio bancarie e il 48% di costoro versano pagamenti a cambiali in quanto si trovano in risoluzione bonarie e stragiudiziali. Il 64% di questi lavora con contratto a tempo determinato. Per questi ultimi un contratto a tempo indeterminato darà a loro più sicurezza economica ma non potranno comunque chiedere prestiti o finanziamenti a banche e finanziarie in quanto già blindati dalle centrali di controllo.

Un esercito di fantasmi

Questo non è un paese civile.

L’ultima crisi finanziaria dovuta alla pandemia ha determinato gran parte di queste situazioni.

Il sogno materialista inculcato dal liberismo dell’Homo Oeconomicus – tanto caro a Gianfranco Fini – degli anni Novanta che consisteva nel recarsi in banca per chiedere un mutuo per comprar casa o una special rata per acquistare un’auto il giorno dopo aver conseguito l’agognato posto fisso non esiste più.

Questa dinamica è in parte la concausa della fuga del post-Covid di molte migliaia di Italiani, per situazioni aggravate da insostenibili forme di vessazione, di autentica spremitura e di riduzione della libertà individuale all’interno dei posti di lavoro.

Il liberismo getta la maschera

È l’inizio della grande eresia nel regime liberista-progressista, la rinuncia blasfema al posto fisso.

L’attuale componente al potere di tale regime troppo zelante nello scardinare il RDC accusandolo di fungere da motore parassitario utilizzando una finta ricerca farsesca dei lavoratori stagionali ha brillantemente occultato la fuga degli indeterminati. Non che le situazioni di disagio e di basso salario siano differenti da quelle dei tempi indeterminati, anzi.

Il livellamento degli eterni bassi salari garantiti dalla nolontà sindacale ad oltranza e dal pompaggio a pioggia venticinquennale dei posti di lavoro elargiti a quelle persone venute da lontano spacciate come coloro che ci avrebbero pagato le pensioni è servito da guardiano affinché i CCNL non servissero assolutamente a nulla e che i salari, appunto, non si alzassero, ma anche questo caposaldo è saltato.

Un popolo di sussidiari

E’ fin troppo evidente che come insegna la grande tradizione dei “bidoni” Thatcheriani, si sta dando per togliere e una volta eliminato l’RDC, misura che comunque è nata zoppa e pure troppo, non ci si deve angustiare per questo, ma ci si deve allarmare perché il segno dei tempi che si sta producendo consiste nella progressiva dismissione degli ammortizzatori sociali e pertanto della stabilità economica di un ceto medio-basso nazionale che già da anni, e non da oggi, è stato prosciugato in un modo o nell’altro nei propri valori.

Quale sarà il corrispettivo reale per ottenere queste mance?

Appoggiare la guerra? Smantellare lo stato sociale? Accettare un mondo del lavoro sempre più selvaggio? L’Impoverimento felice? Si ponga attenzione almeno su questo.

Roberto Quintavalle