La Commissione Europea revisiona il Patto di Stabilità

La Commissione Europea revisiona il Patto di StabilitàLa Commissione Europea revisiona il Patto di Stabilità – Arrivata la proposta della Commissione Europea per la revisione del Patto di Stabilità.

Come al solito, per tutto ciò che riguarda quanto accada a Bruxelles, c’è da rimarcare in primo luogo l’attivismo della Commissione, che da organismo meramente “tecnico” come indicato nei trattati originari, è stabilmente debordata ad essere di fatto un governo esecutivo dell’Unione.

In secondo luogo, c’è da osservare la totale assenza di una adeguata copertura mediatica e di un serio dibattito sui media, tanto italiani, quanti europei in genere.

Si dibatte di ogni cosa incessantemente, peccato che la stragrande maggioranza dei più sia all’oscuro dei regolamenti e cavilli sfornati dai nostri eurocrati di Bruxelles.

I 3 criteri del patto

Il Patto di Stabilità, sospeso come noto con la crisi del Covid, era fondato su regole discrezionali notoriamente arbitrarie, le più celebri erano tre: il 3% di deficit di spesa pubblica, il 60% di rapporto debito/pil, il rientro delle quote eccedenti di debito di 1/20 all’anno.

Per i trasgressori la minaccia di apertura di una procedura di infrazione e la necessità di presentare alla Commissione il compitino di giustificazione di scostamento dei parametri obiettivi. Inutile dire che la crisi dovuta alla pandemia (come era già successo con la crisi finanziaria del 2008), ha fatto esplodere i parametri di tutti gli Stati Membri.

Le regole non sono uguali per tutti

Non che le violazioni fossero prima ignote, basti vedere l’andamento del deficit e del debito francese, che dall’ingresso di Parigi nell’euro, non sono stati coerenti con i parametri del Patto anche per un solo anno.

La stessa virtuosa Germania aveva abbondantemente sforato tutti i parametri post crisi 2008, con colossali interventi di finanza pubblica per tappare i buchi del proprio traballante sistema bancario.

L’instabilità dei mercati?

La riforma era perciò urgente e necessaria. La riforma più logica quale sarebbe potuta essere? L’abolizione sic et simpliciter del Patto? Perché no? Si sarebbe forse stabilita la famigerata “instabilità sui mercati”? Ma hanno forse le altre economie avanzate fuori dall’area euro “Patti di Stabilità” con se stessi per rincuorare i beneamati mercati? Il Patto di Stabilità, costantemente violato da tutti, che altri frutti ha portato se non una stagnazione del mercato interno della UE (molto meno dinamico, ad esempio, di quello americano)?

Comunque sia la Commissione, col suo solito stile da “lascia o raddoppia”, non ci ha deluso neanche questa volta è anzi voce dell’ineffabile Conte Gentiloni-Silveri, ha presentato una proposta di Patto su tre nuovi pilastri ovvero: parametri, programmazione e controlli.

I nuovi parametri

Per quanto riguarda i parametri si conferma il 3% di deficit (chissà perché), si suddividono gli Stati Membri in tre categorie, quelli a debito basso sotto il 60%, debito medio con rapporto tra 60% e 90% e quelli oltre il 90%. I temi di rientro dal debito in eccesso variano dai 5 ai 10 anni. È aggiunto come parametro il saldo della spesa primaria (per l’Italia tendenzialmente positivo viste le numerose ondate di austerità già subite).

Il piano quadriennale

In sostanza quindi, sul versante parametri, essenzialmente un ritocchino al rialzo dei parametri di debito permesso, bilanciato da restringimento con l’aggiunta del parametro sul saldo primario in pareggio.

Sul lato pianificazione invece novità maggiori in arrivo, sostanzialmente gli Stati Membri dovranno presentare piani quadriennali (il gusto sovietico da pianificatore centrale per i “piani quadriennali” è evidentemente molto vivo a Bruxelles, per quanto in revival mercantilista) con gli obiettivi delle proprie politiche di investimento, con aggiornamento annuale sul rispetto delle stesse presso la Commissione.

Questa è una novità maggiore, visto che essenzialmente rende tutti i governi nazionali dipendenti e soggetti ad un controllo costante della Commissione che potrà di fatto dirigerne le politiche fiscali (sempre rigorosamente al di fuori del mandato originario della Commissione).

Controlli e sanzioni

Dulcis in fondo il terzo pilastro ossia il capitolo controlli e sanzioni. Col vecchio Patto la Commissione aveva la facoltà di aprire una procedura per debito eccessivo, che tuttavia era più uno spauracchio dal momento che essenzialmente tutti i paesi erano inadempienti. Per risolvere alla mancanza di credibilità la Commissione, sempre secondo coerente con il proprio stile, ha pensato bene di aggiungere una buona dose di automatismi e meccanismi. Si va quindi verso avvio di procedure sanzionatorie automatiche, non soggette alla negoziazione e al confronto tra governi nazionali e autorità comunitarie, le sanzioni riguarderebbero ovviamente la perdita dei fondi europei, multe fino allo 0.2% del PIL nazionale, l’attivazione di procedure automatiche di consolidamento fiscale (più tasse e più tagli alla spesa automatizzati).

La deriva maoista della Commissione

In ultimo ci saranno le “sanzioni alla credibilità” ovvero la convocazione al Parlamento Europeo dei ministri dei paesi inadempienti per esporli alla pubblica gogna in salsa euro-maoista. Insomma, ogni giorno che passa la direzione è quella di maggior poteri a Bruxelles, meno spazi di autonomia per i governi nazionali, parametri più che decisioni politiche, stagnazione più che crescita.