La Schlein vuole candidare Ilaria Salis alle europee – Quando l’antifascismo è più importante della legalità.
Sappiamo già che esistono molti facinorosi, appartenenti alla sinistra extraparlamentare che in nome dell’antifascismo si sentono giustificati a violare ogni legge, per il supremo obiettivo di difendere la Costituzione (spesso però andando contro i suoi stessi articoli).
È il caso di centri sociali, collettivi e partitini nostalgici dell’Unione Sovietica.
E ciò, secondo una pericolosa deriva che tanto democratica non è, viene anche fatto inventandosi di volta in volta il significato di fascismo trasformandolo da ideologia ben definita a contenitore in cui buttare qualsiasi cosa non sia gradita alla sinistra progressista, in primis i partiti del governo attuale.
Ma questo lo sappiamo già, è inutile continuare a ripetersi.
Il PD cerca la candidatura della picchiatrice
Ciò che però è inammissibile è che il PD, prima forza politica dell’opposizione, accarezzi l’idea di candidare tra le sue fila una certa Ilaria Salis, detenuta in Ungheria con l’accusa di violenza verso una manifestazione regolarmente autorizzata.
Abbiamo visto in passato candidare delinquenti vari, dai brigatisti ad assassini negli anni di piombo, abbiamo visto sulle tessere elettorali (in ogni coalizione, per carità) nomi di personaggi già condannato per mafia.
Ma proprio il PD, sempre pronto a puntare il dito anche contro chi stende un braccio a una commemorazione, contro chi guida a 35 all’ora col limite dei 30, contro chi dimentica lo scontrino su un caffè, vuole annoverare tra i suoi personaggi più illustri qualcuno che vuole impedire con la forza di manifestare idee diverse, in nome di religione fanatica e paranoica di nome antifascismo.
Ovviamente la magistratura ungherese deve ancora esprimersi, e in caso di innocenza l’imputata avrebbe tutto il diritto di tornare libera e di candidarsi dove meglio crede.
Una candidatura che la dice lunga sulla Schlein
Ma diciamoci la verità: che sia colpevole o no, alla base culturale della sinistra in generale interessa poco, anzi, se le accuse saranno confermate in giudizio, ella sarà vista ancora di più come un’eroina pronta a mettere in gioco la sua libertà per l’antifascismo, e questo basterebbe a farne una perfetta candidata.
E allora i Marò?
Qualcuno già ha fatto il paragone coi Marò, anche ironizzando.
Tuttavia, è bene ricordare che quel caso fu un incidente (e da come sono stati raccontati i fatti non imputabile ai due fucilieri), ma poiché erano difesi dalle destre e dai nazionalisti, allora meritavano il carcere. Qui invece si tratterebbe di un’azione premeditata e razionale.
Allora sorge spontanea la domanda: fino a che punto potremmo avere l’immunità se le nostre azioni sono finalizzate a proteggere l’antifascismo?
Lorenzo Gentile
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