La servile imprudenza della Meloni

La servile imprudenza della MeloniLa servile imprudenza della Meloni – Alla Meloni arrivano perfino i complimenti dei suoi abituali detrattori.

Per Letta è “meglio di quanto ci aspettassimo”. Per Bonaccini “non è fascista, ma una persona capace”.

E giù piovono gli elogi anche dei media mainstream dove la “Pulzella della Garbatella” da campionessa del sovranismo identitario trasfigura a modello di moderazione, di avvedutezza finanziaria, di affidabilità atlantica.

Dedurremmo da tale rappresentazione tre mesi nel segno della prudenza e del buon governo.

Ma così non è. In primo luogo, quando è l’avversario od il sistema ad incensarti, una domanda te la devi fare.

Fedro affermava “habens insidias hominis blanditiae mali”, ossia, le carezze dei malvagi nascondono insidie.

L’idea, appunto, è quella di intruppare anche tale governo nei ranghi della normalità istituzionale. E da una destra che offre il destro a tali suggestioni, il gioco viene ancorché facilitato.

Il punto è che se ad edulcorarti sopraggiunge uno stato di cose che da vent’anni dispensa caos, destabilizza le economie e i confini, spinge per le guerre, stravolge la legge naturale, ogni allusione alla prudenza è da considerarsi un eufemismo.

Prudenza, sappiamo tutti, che è cristianamente una virtù cardinale.

Per Aristotele “è retto discernimento tra il bene e il male”.

Gli segue San Tommaso secondo cui è “retta norma dell’azione”.

Prudenza è anche la contrazione etimologica del latino “provvidens” ovvero pro-videre, in allusione alla capacità di vedere avanti, alla particolarità delle singole azioni che sempre per San Tommaso eludono da “considerazioni generiche in campo morale”.

Quindi se prudenza afferisce al saper scegliere nel momento, di fronte a uno stato di necessità, ascrivere detta virtù all’operato dell’attuale governo diventa un nonsense, giacché ne è proprio l’antitesi.

Sul RDC

Il pugno di ferro della Meloni contro i percettori del reddito potrebbe avere una sua fondatezza se contrappesata da una legislazione sociale che elevasse il livello salariale, tra i più bassi d’Europa.

E che rimuovesse l’alibi del ricatto imprenditoriale, che in effetti, esiste.

Invece, nessun riequilibrio da questo versante ed alcun segnale da una destra dalle venature sempre più padronali e meno popolari: con buona pace di chi paventata il ritorno del fascismo.

Proprio quel fascismo -beata ignoranza- a cui l’Italia dovrebbe rendere grazie per avergli dato un’ossatura sociale (previdenza, 40 ore, infortuni, assegni, ferie, tredicesima) che oggi, giusto per citare l’antifascista Margherita Hack, ce la sogniamo.

Sugli sbarchi e sulle ONG

Imprudente il governo nel legarsi mani e piedi all’UE, dopo averla bersagliata per diversi anni invocandone finanche l’uscita.

Sui modi di affrontare l’ondata migratoria, i blocchi navali tanto agognati quanto velleitari finiscono nella naftalina.

Affiora dal nuovo repertorio il sofisma piddino di una velleitaria distribuzione europea.

Molto più efficaci e prudenti furono al riguardo un Salvini o un Minniti che arginarono il problema intervenendo a valle (restrizioni su business accoglienza) e a monte (accordi libici).

E sulla guerra

Ma l’inavvedutezza più crassa della Meloni risiede nel suo posizionamento sul conflitto russo-ucraino. Anche qui assistiamo ad un’inversione di rotta.

Invocava prudenza dai banchi dell’opposizione, nel 2014, rispetto alle inique sanzioni inflitte da Renzi alla Russia.

Se il Donbass rimane, come allora, la chiave di volta della questione, in veste di premier la Giorgia nazionale oggi compie una giravolta e allinea i suoi interessi con quelli espansionistici NATO: lesivi per l’Italia e per la stessa Europa.

Ricordarsi del vincolo esterno

In fattispecie siamo di fronte ad un’imprudenza servilistica, laddove occorre dispensare discernimento e qualità diplomatiche: ruolo che in passato l’Italia sapeva spesso ritagliarsi, per quanto vincolata ad un contesto di sovranità limitata.

Essere prudenti, infine, non ingenera un comportamento da calabrache, ma tutt’altro, è un costante stare all’erta, con la barra del timone dritta e uno sguardo lungimirante verso i propri obiettivi: ammesso pure che lorsignori ne avessero uno.