Le vicende africane di Ordine Nuovo

Le vicende africane di Ordine NuovoLe vicende africane di Ordine Nuovo – Pubblichiamo, ringraziando vivamente il nostro redattore Enrico Maselli, un intenso racconto sulle vicende di alcuni esponenti di Ordine Nuovo nell’Africa Australe degli anni ’70.

Il mio viaggio più difficile inizia dal lungomare di Genova, nei primi giorni di un lontano ma mai dimenticato novembre 1974. Ad attendermi vi sono dei camerati locali, con il compito di farmi passare la frontiera con la Francia, in maniera clandestina, essendo inseguito da un mandato di cattura, totalmente inventato dal giudice rosso, Luciano Violante, su dettatura del “pentito” di turno, tale Paolo Pecoriello, già militante romano di AN.

La magistratura a senso unico

Un essere spregevole, con residenza a Livorno, confidente della polizia da anni, ovviamente a mia insaputa ma, stranamente, anche per quelli di Avanguardia che invece avrebbero dovuto ben saperlo. Visto che il suo ruolo di provocatore veniva addirittura descritto nel libro “La Strage di Stato”: Edizione Savelli del 1971. Quindi lo sapevano o no? Io penso di sì ed anche per questo che AN ancora oggi si merita l’alone di dubbia affidabilità politica che la caratterizza.

Un alone di doppiogiochismo che hanno cucito sulla pelle, difficile da andar via. Secondo le sue farneticazioni, opportunamente messegli in bocca da “qualcuno”, io, paracadutista semplice alla SMIPAR di Pisa, avrei reclutato ufficiali, inavvicinabili per il mio grado, per un, non mai identificato, colpo di stato: per venire a capo di tali idiozie dovrò aspettare la pubblicazione del verbale, da lui rilasciato, alla commissione Mitrokhin, unitamente al fatto che avrei gestito un ristorante a Roma con soldi forniti dai Servizi Segreti.

Ristorante di cui ovviamente non esiste traccia. Questa era l’Italia di allora, nelle mani di magistrati faziosi e di personaggi oscuri, ben manovrati dalle istituzioni per fini provocatori e da chi, fra di “noi” si prestava al gioco, questo pure va detto.

I “pentiti” giravano, con il compito di contattare gente ed ascoltare…, per poi raccogliere profili politici da usare come figurine da appiccicare sull’album che veniva loro presentato. Nel mio caso, a Violante serviva un estremista di destra, né giovane né vecchio, tassativamente di ON, per completare il puzzle che aveva in testa, magari paracadutista per arricchire la minestra, colpevole o meno interessava poco. Io ero perfetto per il meccanismo ad incastri che aveva in mente. Così, senza colpa alcuna, vengo tirato dentro ad un gioco strumentale, disegnato a tavolino.

Estraneo ad un reato.. mai avvenuto

Lo dico con cognizione di causa poiché la corte di Assise di Torino, in prima e seconda istanza mi riterrà completamente estraneo ad un reato, definito come mai avvenuto. Processi in cui, per inciso, rinuncerò alla difesa; quindi, sarebbe stato come sparare sulla “croce rossa”.

Se mi hanno assolto è perché vi era il nulla sul quale investigare. Io però pagherò pegno, Violante e Pecoriello mai. Il primo farà carriera, fino a diventare senatore della repubblica, fra i gemiti di una destra che si commuoverà ad un suo accenno ai “ragazzi della RSI”, il secondo arrivando tranquillamente alla pensione, come funzionario delle Poste.

Figli di una frontiera

Il passaggio della frontiera avviene di notte, nei pressi di Ventimiglia, attraverso un buco nella rete che segna il confine fra i due paesi.

Dall’altra parte vi è una macchina in attesa di portarmi sul lungotevere di Nizza e li lasciarmi per poi raggiungere, con i miei mezzi, Parigi ove posso contare su delle amicizie solide e lì riprendere fiato e fare il punto su quanto, di totalmente assurdo, mi sta accadendo.

Nella capitale vengo accolto con affetto, da una famiglia “pieds noir” che avevo conosciuto a Roma tempo prima. Resto una settimana poi, nonostante le loro ritrosie, decido di tentare un’altra strada: quella degli States, ove, preavvisati di quanto mi sta succedendo, la mia estesa famiglia di oltre oceano aveva dato la sua ampia disponibilità a proteggermi, una volta assicurati che ero ricercato per “reati politici” e non “di sangue”, essendo anticomunisti fanatici.

In Canada

Prima arrivo a Montreal, poi a Toronto ed infine a Fort Erie, nel lato canadese delle Cascate del Niagara. Ad attendermi il fratello di mia madre. Il tempo di recuperare le energie ed il sonno perso ed a prelevarmi arriva mia zia Josephine; una donna tosta che mi porta a Buffalo, sul confine USA, ospite di suo figlio Billy, in una splendida villa, immersa nel verde.

Qui rimango fino all’aprile 1975 per poi spostarmi su New York, in cerca di una risposta sul da farsi, visto che ho solo 4 mesi davanti per trovare una soluzione poi mi scade il visto d’ingresso. Il da farsi prende forma in un incontro casuale, presso un Mac Donald’s, con alcune ragazze sudafricane che lavorano per il locale consolato; con una entro in rapporti tali da raccontargli la mia storia; lei mi chiede di vedere il passaporto e poi mi fa, con un largo sorriso: “hai un regolare permesso di residenza, seppure del 1970, devi solo rinnovarlo poiché sono passati meno di 5 anni da quando hai lasciato Johannesburg”.

Ci provo con il suo aiuto; la risposta positiva mi arriva sul filo di lana, a tre giorni dalla scadenza del mio permesso. Il 31 agosto prendo finalmente un volo per Londra ove incontro la mia ragazza che non vedo da novembre e poi un nuovo salto verso Johannesburg ove arrivo a metà settembre 1975; ad attendermi una strada che gli Dei mi hanno finalmente messo in discesa.

L’avventura africana

Arrivo di mercoledì con il lunedì successivo già al lavoro. L’incubo è finalmente alle spalle. Ora debbo solo rimboccarmi le maniche e guardare avanti. Johannesburg, in dimensioni, è una città piccola, nonostante le sue luci ed i suoi grattacieli, paragonabile a Latina o Viterbo. Nel giorno piena di vita ma, a luci spente, tutto si svolge lungo due arterie che fanno capo al quartiere residenziale di Hillbrow.

Qui, se hai pazienza, incontri chiunque vuoi, se poi italiano il crocevia obbligatorio è “l’edicola” ove vendono giornali e settimanali nella nostra lingua. Ed è così che rincontro Fabio Miriello, un camerata conosciuto nel corso del mio primo soggiorno nel Paese (1970), un camerata di Ordine Nuovo di Trieste che lavora, come ingegnere, presso le locali ferrovie.

Dopo gli abbracci lo aggiorno sulla mia situazione, mi chiede se mi serve aiuto, gli rispondo di no, dopo di ché m’invita ad una riunione presso la locale sezione dell’ANPDI, cosa alla quale aderisco con curiosità, avendone ignorato l’esistenza. In questa sede, localizzata presso l’abitazione di un ex parà inglese, entro in contatto con diversi camerati; un romano; un emiliano; due camerati di ON di Treviso ed uno di Messina.

Vengo accolto con grande entusiasmo e profondo senso di cameratismo con l’aggiunta di disponibilità totale, qualora mi fosse servito qualcosa. Ci vediamo spesso e, nel frequentarci, ci nasce l’idea di fare qualcosa di più incisivo, di più politicamente costruttivo; da qui l’idea di creare un periodico indirizzato alla comunità italiana presente nel paese, circa 55.000 anime il cui cuore è naturalmente orientato a destra.

Il periodico Noi Europa

Nasce Noi Europa, un mensile di otto pagine, in formato tabloid, tiratura mille o più copie, a seconda del budget a disposizione, da diffondere, gratuitamente, presso i nostri connazionali. La distribuzione avviene via posta o tramite i locali Circoli Italiani, presenti a Johannesburg; Pretoria; Durban e Cape Town. Sulla testata del giornale il cavaliere del Sacro Graal con la bipenne sullo scudo. Ordine Nuovo rialza la testa, ben al di fuori dai suoi confini naturali, nella sicurezza di un Paese ove, quella legge Scelba che ci ha dichiarato illegali nel 1973, su ordine del ministro degli Interni, l’amerikano Taviani, non arriva.

È un successo editoriale inaspettato, che ci ripaga di tutti gli sforzi ed i sacrifici che abbiamo introdotto; tale da indispettire le ancelle antifasciste presenti nei vari consolati del Sud Africa e dell’ambasciata di Pretoria, completamente impreparate ad un evento del genere. Abbiamo il fattore sorpresa dalla nostra parte. In breve, ci arrivano adesioni e contributi economici da ogni parte.

Il periodico diventa un punto di riferimento culturale per una comunità abbandonata alle veline del console o del parroco di turno. A darci una mano importante interviene il Dott. Sergio Gozzoli e suo figlio Marzio, trasferitisi a Durban da Milano e poi Alfredo De Felice, fratello del leggendario Fabio che, a Johannesburg, dirige la locale filiale dell’Alfa Romeo e poi tale Massimo Bollo, programmatore all’Olivetti che ha creato una propria associazione chiamata UNIDO (Unione Nazionale Italiani d’Occidente); persona dal cervello fine e grande voglia di darsi da fare.

Le notizie corrono fino in Italia

L’eco di quanto stiamo facendo arriva in Italia ed iniziamo a ricevere lettere di camerati che vogliono saperne di più su di noi e capire come raggiungerci. Siamo una Comunità Militante, aperta e disponibile ad ogni richiesta di aiuto che sia nelle nostre disponibilità a condizione che arrivino a Johannesburg con i loro mezzi ed un passaporto valido.

Nel 1977 veniamo contattati da Mario Tedeschi, dirigente del Movimento Politico Ordine Nuovo che, latitante a Barcellona con la famiglia, ci chiede se possiamo ospitarlo ed aiutarlo nel dopo. Alla risposta affermativa trova il modo di raggiungerci e di essere ospitato da Giorgio, con grande generosità.

Purtroppo, in Sud Africa non riesce ad ottenere un permesso di soggiorno ed allora si sposta a Salisbury, nella vicina Rhodesia ove ottenere la residenza è estremamente più semplice, data la guerra in corso ed il bisogno disperato di nuove energie. Qui si sistema in un villino, ribattezzato “Villa Europa” che diventerà un ulteriore punto di riferimento avanzato per la nostra Comunità in essere.

L’Ultima Vandea

La Rhodesia esercita un fascino tutto particolare con il suo popolo in armi e l’assedio a cui è soggetta da parte del mondo Occidentale ed Orientale unito. È “l’ultima Vandea dell’Uomo Bianco” in Africa con tutto il Romanticismo che questo richiamo esercita presso i tanti ragazzi che, da venti angoli del mondo, arriveranno in oltre 2.000 a servire nelle locali Forze Armate di un Paese che hanno scelto come proprio.

Ad arricchire la Comunità di Ordine Nuovo in Africa Australe, arriverà nel 1978, anche Sandro Sparapani, altro militante romano che raggiungerà Salisbury, indossando, al pari di Mario Tedeschi e di Marco M., amico intimo di Gianni Nardi, la divisa dell’esercito rhodesiano. L’anno successivo ci raggiunge anche il fratello Saverio ed un pugno di ragazzi provenienti dall’ANPDI di Roma, tutti in cerca di avventura; ammirati da quanto eravamo riusciti a creare a 10.000 km di distanza.

Nel 1979 Ordine Nuovo vive ancora la sua avventura politica, forte di una redazione che non perde colpi nella pubblicazione ordinata di Noi Europa e di una struttura che, distribuita fra Sud Africa e Rhodesia, può contare su di una dozzina di militanti, molti con indosso armi vere. Roma è lontana per fortuna; non vi è repressione antifascista in atto; la sera andiamo a dormire tranquilli senza temere il citofono che squilli alle sei di mattina.

L’ultima pagina di Ordine Nuovo

Certo, qualcuno potrebbe lasciarci la pelle ma, se questo fosse, sarebbe in battaglia e non con un colpo a freddo, come successo a Stefano Recchioni; Alberto Giacquinto e Giorgio Vale.

Anche Mario Tuti si accorge di noi e ci contatta dal carcere in cui è rinchiuso. “Ordine Nuovo vive”, scrivevamo sui muri della penisola, per far capire al Sistema come non ci fossimo mai arresi ma fu in Sud Africa che riuscimmo a concretizzare questa sfida, lasciando accesa una piccola luce di speranza nell’oscurità di una repressione selvaggia che, in Italia, si accaniva contro il nostro mondo politico. Questa fu l’ultima pagina che noi di ON riuscimmo a scrivere prima di scomparire come movimento organizzato ma mai come linea di pensiero.

Altri, con nomi diversi, raccoglieranno la nostra eredità politica, attualizzandola ai tempi moderni e facendo sì che Ordine Nuovo continui a vivere nel loro agire quotidiano, collegato all’idea di contiguità nella Tradizione e non a quello di una Destra istituzionalizzata o ad un nostalgicismo fuori da ogni tempo.

Noi di ON abbiamo solo aperto un varco in quel bosco di passioni che la Destra aveva ignorato, preferendo servire la DC per sopravvivere, indicando un’altra via possibile, quella della Tradizione, l’unica percorribile.

Combattere ma in nome di una visione e non semplicemente un essere contro. Ci siamo riusciti?

Penso di sì ed alla luce di tanti anni di militanza ed un orizzonte prossimo, mi piace vedere che ancora mi state ascoltando.

Concedetemi uno spazio di nostalgia: Ordine Nuovo continua a vivere… Grazie a voi.

Enrico Maselli