Legge sul ripristino della natura: l’ira degli agricoltori

Legge sul ripristino della natura: l’ira degli agricoltoriLegge sul ripristino della natura: l’ira degli agricoltori – L’assemblea plenaria del Parlamento Europeo ha approvato la cosiddetta “legge sul ripristino della natura”, che – tra l’altro – prevede il contrasto al cambiamento climatico e la creazione di aree di biodiversità sul 10% dei terreni agricoli dell’intero Continente.

L’ira degli agricoltori

Ed è proprio quest’ultimo il punto che ha scatenato l’ira degli agricoltori e delle imprese di tutta Europa. Si tratta, infatti, di un taglio ai terreni agricoli notevole, con ricadute enormi sulla produzione dei singoli stati.

Tanto per fare un esempio, in Italia rinunciare al 10% dei terreni agricoli significa tagliare 1 milione di ettari; il che, conseguentemente, vuol dire un taglio di oltre 6 miliardi alla produzione nazionale di settore.

Stangata sul settore primario

Una vera e propria stangata frutto dell’insipienza dei rappresentanti nazionali nel Parlamento europeo, oltre che della strategia dell’establishment di impoverimento dell’Italia.

Al solito, infatti, dietro nobili scopi di facciata, si cela in realtà un fine economico.

Ovviamente, ad esserne colpiti maggiormente saranno gli stati mediterranei, in cui l’agricoltura è un asset fondamentale per l’economia, determinando pesanti conseguenze anche in materia di approvvigionamento di cibo.

Una misura antimediterranea

Con l’entrata in vigore di questa norma, dunque, l’Italia sarà complessivamente più povera e, oltretutto, più dipendente dalle importazioni in tema di cibo e materie prime.

L’ecologismo tanto sbandierato dalla sinistra, ancora una volta, è il grimaldello per attentare all’indipendenza nazionale. Non a caso, a gioire di questa legge farsa è stata Greta Thunberg con i suoi accoliti; emblema di un potere strisciante e pervasivo che, ammantando di moralismo le proprie malefatte, spinge per l’affermazione del globalismo a tutti i costi.

La proposta di legge sulla festa del 4 novembre ha visto astenersi i senatori pentastellati.

Ci rammarica, ma non ci stupisce affatto.

Giustino D’Uva