L’evirazione del padre: l’ultima deriva femminista

L’evirazione del padre: l’ultima deriva femministaL’evirazione del padre: l’ultima deriva femminista – La figura materna e paterna sono i pilastri nella vita di un figlio e ciò è confermato dalle diverse modalità di interazione verso la prole e dalle loro predisposizioni naturali.

Una diversità che tende ad accentuarsi ulteriormente durante le varie fasi dello sviluppo del figlio.

Sotto l’aspetto ontogenetico le mamme sono maggiormente predisposte nel prendersi cura dei figli fino ai 18 mesi: il rapporto madre/figlio è predittivo delle relazioni future.

Di conseguenza se il bambino vede la madre come base sicura, sarà di certo più predisposto ad esplorare ed a muoversi nel mondo in maniera sicura, come anche nelle relazioni sociali.

Il ruolo del padre

Figura questa sempre più emarginata in forza della moda della madre single in quanto donna emancipata che non ha bisogno di un uomo per vivere la maternità ma le basta ricorrere a pratiche tipo l’inseminazione artificiale, la fecondazione in vitro o, in casi specifici, all’utilizzo di embrioni già fecondati.

Hanno fatto scalpore alcuni casi di cronaca come quello di Ana Obregòn, l’attrice spagnola diventata madre per contratto, a 68 anni, di una bambina nata dal seme del figlio.

Si dice che quella di concepire un figlio era stata l’ultima volontà del figlio Aless, gravemente malato di cancro, il quale aveva espresso il desiderio di “lasciare degli eredi in questa vita”.

Una vicenda che ha dato vita a una nonna biologica diventata madre della nipote per maternità surrogata.

Derive preoccupanti

In questi giorni, si è diffusa la notizia di una donna di 37 anni incinta del fidanzato morto un anno fa per un tumore ai testicoli. Una gravidanza nata da una promessa fatta al compagno Esteban.

Ed è in forza di questa promessa che Monica Fernandez aspetta la piccola Chloe che porta in grembo da 3 mesi.

Figli nati per mero desiderio della donna che vuole essere madre anche senza un uomo al suo fianco e uomini che decidono di diventare padri nella piena consapevolezza che il proprio figlio crescerà orfano di padre.

A questo punto la domanda è molto semplice: è amore o egoismo?

Facciamo rispondere i fatti, precisamente i possibili scenari a cui un figlio può andare incontro nel crescere senza padre:

Difficoltà ad interagire in modo adattivo con altri bambini

Deficit dell’attenzione e basso rendimento scolastico

Disagi nella sfera emotiva e bassa autostima

Ansia e autocontrollo

Problemi emotivi come ansia, depressione o aggressività

Paura dell’abbandono, che provoca atteggiamenti ribelli o isolamento sociale

Abuso di sostanze o di droghe

Minore autocontrollo

Scarso sentimento di colpevolezza

Problemi legati all’identità sessuale.

Questo dimostrerebbe che i codici affettivi e culturali ascrivibili alla figura paterna hanno un ruolo ben preciso e quindi portante nella vita di un figlio.

Pediatri e psicologi sostengono che la figura paterna ricopra il ruolo di proteggere ed aiutare il bambino a comprendere le abilità sociali che gli permettano di vivere nel mondo, attivando in un’ottica normativa il senso del limite e del controllo.

Il padre insegna al figlio a sostenere la frustrazione e ad esplorare le proprie competenze e, per questo motivo, assume un ruolo centrale nella creazione e nello sviluppo dell’autostima.

E’ necessario dunque distinguere tra un desiderio egoista, figlio della cultura librale, e una predisposizione naturale alla procreazione.

Aspetti, questi, che non sempre coincidono, visto che tra le più nobili dimostrazioni d’amore c’è la rinuncia a smettere di desiderare chi si dice di amare proprio per il bene di quest’ultimo.

Un distinguo che dovrebbero fare soprattutto le istituzioni in funzione dei diritti e non di una pratica sempre più diffusa e meno umana.

Rita Lazzaro

Scena da “L’Ultima donna” film di Marco Ferreri