L’Italia e gli italiani esistono ancora?

L’Italia e gli italiani esistono ancora?

 

L’Italia e gli italiani esistono ancora? – Ha ancora senso essere nazionalisti? Perseguire l’idea di nazione, sperare in una Italia forte ed indipendente economicamente e prima attrice in politica estera e nello scacchiere internazionale?

Oramai siamo solo un’appendice dell’impero americano le cui istanze sono così penetrate nel nostro tessuto sociale da imbastardire l’idea di italianità e colonizzando, di fatto, quella che era considerata da tutti la culla della civiltà.

Stiamo annichilendo la nostra economia e riducendo le nostre eccellenze, mondialmente riconosciute, al servizio dell’espansione angloamericana ed europea.

L’esempio della musica e del cinema

A livello culturale è indicativo notare come la musica importata da oltre oceano abbia influenzato intere generazioni di italiani.

Dal jazz, blues e ragtime e poi in modo preponderante alla fine degli anni ’50 con il rock e roll, sino al hard rock/heavy metal negli anni 70 e per finire con la new age agli inizi del 90 e con il Rap per arrivare ai nostri giorni.

Contemporaneamente hanno plasmato le nostre menti attraverso il cinema e la televisione.

Negli anni 50/60 con i tormentoni Western e film di guerra ove sugli americani erano gli eroi liberatori, per proseguire con tutte le pellicole e sit-com negli anni ’80, dove l’America era vista come baluardo di civiltà e come il paese dei balocchi ove tutto era possibile, il classico “sogno americano”, facendo credere, in modo falso e subdolo, che tutti potevano arrivare ovunque lo desideravano con un minimo di tenacia.

Poi successivamente attraverso i reality che han solleticato l’idea di voyerismo da sempre sopita.

Adesso, nel nuovo millennio con le serie TV divulgate dalle piattaforme streaming, la totalità di esse angloamericane, tranne qualche timida eccezione costruita, però, a loro immagine e somiglianza, ovvero con lo stesso sviluppo narrativo, delle serie anglofone.

Ancora sull’Italenglish

E per finire la lingua. Oramai snaturata dal pandemico inglese che, come un virus, è entrato nei vocaboli italiani in modo prepotente, tanto che la nostra lingua non è più in grado di coniare termini nuovi, ma deve in modo succube prenderli in prestito dall’inglese.

Questo non solo avviene a livello del cittadino comune, ma anche a livello istituzionale; oramai la lingua inglese è penetrata ed ha colonizzato l’italiano introducendo anglicismi per spiegare e dare un senso a norme istituzionali e disegni di legge. Per non parlare dell’ultimo obbrobrio, ovvero trasformare la nostra gloriosa compagnia di Bandiera in ITA Airways, un vero favore all’anglosassone idioma.

La brutta copia dell’Impero Romano

Gli anglofoni hanno imparato bene la lezione dai Romani, maestri della colonizzazione.

L’Impero Romano, quando sottometteva un territorio, lo riempiva di insediamenti militari onde assicurarsi che i sottomessi non facessero brutti scherzi.

Nel caso di tumulti o sommosse in uno dei quattro angoli della regione una guarnigione era sempre pronta a intervenire in caso di problemi. Tanto per chiarire chi comandava. È così che fa l’occupante da sempre.

In cambio della sottomissione, e dei tributi, però, i romani erano generosi di opere pubbliche: grandiosi acquedotti, strade, edifici, palestre, terme eccetera (nonché una giustizia più giusta e democratica, la lex romana).

Tutte queste innovazioni apportate di prima qualità, erano una sirena quasi irresistibile per le giovani generazioni dei popoli da loro occupati, fiaccando così ogni velleità di riconoscersi come popolo evitando di fatto l’insorgere di uno spirito nazionalista.

I romani, com’è noto, avevano avuto il buon gusto di assorbire dapprima la cultura greca e poi man mano avevano l’abitudine di apprendere e far loro le “cose buone” dai popoli da loro sottomessi.

L’impero americano al contrario non solo non ha assorbito la cultura superiore della vecchia Europa ma l’ha invasa con la sua, mercantile al ribasso, uccidendo perfino il buon gusto e la buona educazione. Diversamente dai romani, gli americani, fin dai loro fondatori, hanno sempre considerato l’Europa corrotta e decadente.

Paolo Ornaghi

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