Manganellate: tra ipocrisia e riflessi pavloviani

Manganellate: tra ipocrisia e riflessi pavloviani
Manganellate: tra ipocrisia e riflessi pavloviani

Si parla di manganelli, ma si tratta di una trappola, attivistica, politica e mediatica.

Per capire bene le cose, bisognerebbe, per prima cosa, parlare con Gianni Alemanno o, se su vuol credere solo ai “governativi”, con Fabio Rampelli.

A loro due si potrebbe chiedere, perché sono stati tra i primi a sperimentarlo, cosa si rischi – e non da oggi – a contestare personalità, iniziative o istituzioni americane in Italia. Curiosamente, quando questi esponenti del Fdg furono trattati da criminali e picchiati duramente, insieme ad altri militanti che erano con loro nel tentativo di ostacolare il percorso trionfale di George Bush padre, nessun giornale, specialmente progressista, parlò di “deriva autoritaria” della Polizia.

Il doppiopesismo

Anche ai giorni nostri, solo il peggior presidente della Repubblica che l’Italia abbia mai visto eleggere può prendersela con la Polizia perché usa i manganelli in una determinata manifestazione, dopo aver elogiato quella stessa istituzione quando picchiava i lavoratori a Trieste, faceva “oscillare” le camionette a Roma, oppure rincorreva e annichiliva uomini e donne di tutte le età perché ree di essere in strada senza il permesso “regolare” durante il lock-down.

La questione è molto più delicata e controversa, di quella che appare leggendo i commenti soliti da “tifosi” degli uni e degli altri.

E non riguarda certo gli agenti che, se vengono chiamati a caricare una manifestazione, entro certo limiti, non possono certo “dosare” la manganellata come fosse l’ingrediente prezioso di chissà quale piatto.

Regole e responsabilità

La regola semmai, per restare al paragone culinario, è quella fatalmente generica del sale: q.b. (quanto basta).

Se responsabilità ci sono – e potrebbero esserci come, però, va ribadito, c’erano a Trieste, a Roma e in tante altre occasioni -, sono da ricercare nei questori, nei dirigenti apicali delle forze dell’ordine, i quali, spesso, applicano le regole a seconda delle convenienze. Convenienze che non è detto che siano necessariamente quelle del governo, ma che potrebbero anche essere quelle di chi il governo vuol mettere in difficoltà, istigando qualche “capo” amico a creare determinate situazioni.

Ecco perché è schifosamente ipocrita la Sinistra che punta solo quando pensa di dover tutelare situazioni che sente proprie o di cui vorrebbe appropriarsi; così come sbagliano nel Centrodestra che, pavlovianamente, quando c’è una divisa di mezzo, si schierano subito dalla parte dell’”Ordine”.

Tutela e regole rigorose

In uno Stato serio, si tutelano le forze di Polizia e dell’Esercito, da una parte, ma si pretende da chi indossa una divisa un rigore e una morale professionale ferrea.

Ecco, quindi, che quel che è accaduto in Toscana non può diventare e non deve diventare la nuova “piece” da portare sul palcoscenico del teatrino politico per polarizzare l’attenzione del pubblico tra finti -buoni e altrettanto farlocchi-cattivi, a seconda delle prospettive e dei gusti dello spettatore.

No! Deve essere analizzato compiutamente, verificando se chi ha dato l’ordine di caricare i manifestanti abbia realmente agito secondo le norme e in base a una valutazione equilibrata della situazione; oppure se abbia deciso di scatenare gli uomini in base a ragionamenti privi di sostanziali motivazioni. E in questo secondo caso, chiamare il responsabile, non gli agenti, a rispondere di tutto.

Il compito della politica

Poi, se la politica fosse una cosa seria, si potrebbe semmai prendere spunto da questo caso per rivedere alcune regole generali in materia di ordine pubblico, purché il dibattito venga condotto senza ipocrisie – la Polizia non può certo sempre agire coi guanti di velluto – e senza la stucchevole tendenza contraria, finalizzata esclusivamente a raccogliere facili consensi in un ambito professionale organizzato.

Quando si parla delle libertà di tutti e di ciascuno, accendere il cervello, far funzionare la testa e non il fegato è un imperativo per tutti.

Anche perché, come dimostra proprio la mala parata di alcuni gruppi gestiti dalla Sinistra la settimana scorsa, non è detto che ci si trovi sempre dalla stessa parte della barricata e che sia sempre possibile fare ciò che non sarebbe giusto fare, perché magari in altre occasioni è stato concesso.

Solo regole chiare e applicate con serietà e sempre possono essere il presidio dei diritti dei singoli e delle formazioni politiche.

Diversamente c’è solo arbitrio e a pagarne le conseguenze, prima o poi, sono tutti.

Massimiliano Mazzanti

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