Nella Chinatown romana un negozio italiano resiste ancora

Nella Chinatown romana un negozio italiano resiste ancoraNella Chinatown romana un negozio italiano resiste ancora – Ci sono storie che nessuno racconta mai, ci sono notizie che non interessano a nessuno, ma per chi vive a Roma, attraversare il quartiere Esquilino e vedere un insegna di un negozio italiano tra tante insegne di negozi orientali, riporta alla memoria la Roma bella, quella dove all’Esquilino c’erano solo negozi Italiani, dove al Parco di Piazza Vittorio andavi per portare a passeggio i bambini e non per partecipare alla mega festa cinese con tanto di cantante lirico che, con un napoletano molto approssimativo, cantava O Sole mio, quella dove passando sentivi l’odore dei piatti romaneschi e non di Kebab e ravioli al vapore.

La merceria dell’Esquilino

Se poi, il negozio in questione, è una merceria (tipologia di negozio ormai scomparso), la nostalgia del tempo che fu diventa ancor più forte. E questa è la storia di Alessandra Santori e di suo marito Gerardo, tra i pochi italiani a non aver accettato le “generose” offerte dei cinesi che, negli scorsi decenni, hanno acquistato tutti i negozi italiani per aprire attività commerciali, alcune delle quali abbastanza sospette.

Chiunque passi per davanti alcuni di questi negozi, soprattutto quelli di abbigliamento, si accorgerà che sono molto simili tra loro nell’aspetto, ma soprattutto che non hanno mai clienti e da questo la domanda nasce spontanea direbbe Frate Antonino da Scasazza (personaggio inventato da Nino Frassica ai tempi della trasmissione televisiva “Indietro Tutta” di Renzo Arbore): “Come fanno a sopravvivere questi negozi al centro di Roma senza clienti?”; la risposta è ancora più spontanea, ma evitiamo di dirlo perché, per parlare di questo, dovremmo scrivere un articolo apposta.

Aperti da oltre 60 anni

Ma tornando alla nostra italiana merceria, Alessandra e Gerardo, che da oltre sessant’anni gestiscono questo esercizio commerciale, come dicevamo prima hanno rifiutato continuamente le offerte, soldi contanti alla mano, degli imprenditori cinesi che vorrebbero acquistare il loro negozio ed ampliare il loro “domino” all’Esquilino.

Un importante atto di coraggio dei due coniugi perché anche una merceria è un presidio, un pezzo di identità e di anima, di un quartiere.

E la sua scomparsa, per cedere alla seduzione dell’avanzata dei cinesi, è un grande spreco non solo per le attività commerciali made in Italy, ma per l’intera comunità del quartiere e dell’intera città.

Il negozio si trova su via Principe Eugenio ed è completamente circondato da negozi e ristoranti orientali, l’unica insegna italiana su tutta la strada, ma, anche, una delle poche su tutto il quartiere.

Ovunque ristoranti, negozi, agenzie di viaggio, parrucchieri, bar, tutti esclusivamente gestiti da cinesi, intervallati solo da qualche kebabbaro di nazionalità nordafricana o araba e da qualche negozietto indiano o del Bangladesh; una vera e propria Babele al centro di Roma i nostri due coniugi ottantenni resistono eroicamente.

Respinte le proposte cinesi

In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Alessandra ha dichiarato: “Sapesse quanto spesso i cinesi sono venuti a chiedermi di vendere il negozio, direi che me l’hanno chiesto almeno diecimila volte e ogni anno, anche con i soldi in mano. Ma io non ho mai voluto vendere, in questo negozio c’è tutta la mia vita e non ha prezzo”.

E così questa merceria diventa ultimo baluardo di romanità in una città che sta diventando sempre più multietnica e caotica, dove interi quartieri sono stati ceduti a stranieri e dove i commercianti italiani hanno dovuto vendere o per le vantaggiose offerte, o per paura di ripercussioni se non le avessero accettate.

Aiutiamo Alessandra e Gerardo

Ebbene, se venite a Roma, troverete tanto da vedere, Roma è un museo a cielo aperto, ma, dopo aver visto le meraviglie storiche della città, se volete vedere qualcosa di veramente unico, a pochi passi dalla stazione Termini, visitate il negozio di Alessandra e Gerardo, aiutiamoli a resistere difendiamo il commercio italiano.