Payback: la deriva della sanità pubblica italiana

Payback: la deriva della sanità pubblica italianaPayback: la deriva della sanità pubblica italiana – Nel colpevole silenzio dei media mainstream e nella indifferenza della gente troppo presa dal festival di San Remo, grande fratello Vip e altre amenità, si sta consumando un ulteriore danno alla sanità pubblica.

Il payback

Il payback è un meccanismo che ha lo scopo di fronteggiare l’aumento di spesa sanitaria pubblica, quando le regioni superano i tetti di spesa sanitari preventivati di anno in anno.

Tale meccanismo chiama in causa le imprese che nell’annualità di riferimento hanno commercializzato i dispositivi medici a ripianare lo scostamento dal tetto di spesa stabilito, in concorso con la regione.

Lo strumento del payback nasce nel 2011 sotto il governo Renzi con il d.l. 98/2011 (conv. in L. 111/2011) che all’art. 17 ha stabilito che la spesa dei dispositivi medici sostenuta dal Servizio Sanitario Nazionale dovesse essere fissata entro tetti stabiliti dai decreti ministeriali di anno in anno, con soglie percentuali aumentate di anno in anno. La stessa norma ha stabilito inoltre che in caso di sforamento dei tetti stabiliti, gli eventuali ripiani avrebbero dovuto essere a carico delle regioni che avessero concorso allo sforamento.

Un esempio pratico

Se la regione X stabilisce un tetto di spesa di 100 € per le protesi di ginocchio, e la spesa è 200 € l’azienda fornitrice è chiamata a restituire il 50 % dello scostamento vale a dire 50 €.

Facile immaginare l’impatto devastante sui conti di una PMI che si trova a dover restituire cifre calcolate sui fatturati, quindi comprensive di IVA, costi di produzione, commercializzazione e costi generali per materiali regolarmente consegnati ed utilizzati.

Parliamo di protesi vascolari, protesi ortopediche, coperture sterili, medicazioni, guanti chirurgici, consumabili per macchine da diagnostica, siringhe, garze, laparatomiche, sacche urina, sacche sangue, aghi, strumentazione di vario genere necessaria agli operatori per fornire un servizio di buon livello alla collettività.

Se la questione non viene risolta, 200.000 posti di lavoro saranno a rischio, ma soprattutto i pazienti italiani non avranno accesso alle più efficaci cure che le nuove tecnologie possono offrire.

Le ricadute sull’economia

Nessuna azienda avrà interesse a fornire materiali a queste condizioni, le aziende italiane e non, manderanno deserte le gare di appalto, e il SST declinerà inesorabilmente.

Declino ipotizzabile anche per gli investimenti produttivi in Italia – anche da parte di aziende Italiane – privilegiando mercati in cui si vende e nessuno ti chiede i soldi indietro dopo aver venduto.

Le multinazionali continueranno a fornire materiali “vetusti ” o tecnologicamente superati/obsoleti, scegliendo L’Italia come ultimo paese in cui portare l’ultimo ritrovato della tecnologia.

La maggior parte delle imprese in questione sono PMI italiane che si trovano a dover restituire 2,2 miliardi di euro – fonte assobiomedica, confindustria dispositivi medici e FIFO- entro marzo poi prorogato a giugno dal ministro Giorgetti.

Il governo batta un colpo

Il governo Meloni è perfettamente allineato con Renzi, primo ideatore del sistema, ma anche con il governatore della regione Toscana Giani, che minaccia di aumentare Irpef regionale e bollo auto, in caso non rientrino in qualsivoglia maniera quelle risorse. Totale continuità tra Italia viva, Pd ed FDI.

Un ” diritto sancito dalla costituzione ” e pilastro della nostra nazione insieme alla scuola pubblica uguale per tutti, viene disatteso o, peggio si pensa di far carne di porco del sistema produttivo e sanitario nazionale. Pensavamo che la sovranità nazionale fosse altro.

Enrico Santini