Ripensare la Res Publica

Ripensare la Res PublicaRipensare la Res Publica – Impossibile sapere da dove partire per una fredda analisi della situazione corrente.

Mai come oggi la storia nazionale diventa così difficile sul piano interno ed internazionale.

 Geopolitica totalmente assuefatta alla mera soddisfazione delle richieste presentate alla “nostra cancelleria” sotto mentite spoglie di direttive europee o di obiettivi bellici per conto terzi (la NATO), e politica interna in preda a crisi di nervi in maggioranze ed opposizioni che a qualsiasi livello simulano di affrontarsi per il bene comune, mentre nella realtà si tenta di conservare o conquistare una poltrona ai danni degli avversari per garantirsi posizioni privilegiate, ed in troppi casi, anche di coprire reati o evitare eventuali condanne.

La disaffezione italiana

L’astensionismo dilagante porterà le classi dirigenti a non venir considerate rappresentative sul piano internazionale, e forse però proprio in un momento del genere, si potranno sviluppare gli anticorpi contro il degrado dilagante che stringe il popolo italiano in questa morsa spietata.

Visto che le istituzioni, in questo momento, vengono occupate da partiti in calo nel gradimento popolare, quale sarà la naturale e fisiologica alternativa a costoro?

L’ineluttabilità della situazione

È possibile una sostituzione o comunque, un cambio di rotta, silurando in cabina elettorale partiti di governo e di opposizione con un colpo di spugna?

Essendo realisti bisogna dire di no.

Non c’è solamente un governo da mandare a casa (in questo caso il centro-destra) o le opposizioni da sbattere fuori dai palazzo (centro-sinistra, grillini ed altre sigle minori poco gradite dall’elettorato); ma c’è da cambiare tutto in sanità, magistratura, “cultura”, e la stragrande maggioranza del sistema social network e radio-televisivo.

Un problema di leadership

Premesso che in campo politico al momento non si veda niente di nuovo e niente di originale, anche se arrivasse qualcosa di rappresentativo, sarebbe davvero quello che ci potrebbe portare fuori dalle sabbie mobili del momento?

Prendiamo atto della realtà e facciamo un bagno di umiltà tutti quanti: il pesce puzza dalla testa.

La testa di questa repubblica è marcia, non puntiamo il dito contro deputati e senatori scadenti sotto ogni profilo, o contro ministri scandalosi almeno quanto i presidenti del consiglio che abbiamo conosciuto, per non parlare dei presidenti della Repubblica.

Ripensare la Res Publica

Proprio, infatti, dalla Repubblica bisogna partire.

Nelle terre d’Italia questa parola ha un’origine antichissima, il suo nome arriva dall’epoca romana, corre nei secoli attraverso l’Italia preunitaria delle Repubbliche Marinare, riemerge nella Repubblica Romana e torna a scaldare i cuori con la Repubblica Sociale Italiana, per poi dopo un breve periodo, tornare a dominare il presente con le istituzioni correnti.

Repubbliche storiche a correnti alternate. Si certo, ma alternate da cosa, di preciso?

La risposta è semplice, alternate dai regni che storicamente parlando d’Italia preunitaria o di unità d’Italia, ne hanno scandito il tempo.

Ci si deve necessariamente porre delle domande se davvero vogliamo cambiare le cose: ma a noi questa Repubblica piace? Qualcuno di noi veramente ci rivede la R.S.I. oppure riesce ad accostarla ad altre Repubbliche del passato? Dove ci sta portando questa Repubblica?

Vogliamo veramente condividerne percorso ed obiettivi abbracciandone scelte e destino?

Un dogma?

Esiste un’etica in questa Repubblica? Ed ancora… ma non è che in realtà la Repubblica sia diventata nei nostri ambienti un “dogma” talmente pesante, da farci anche accontentare di difendere e condividere la repubblica degli altri?

La tristezza infinita della nostra realtà, infatti, è quella di dover essere rappresentati nel mondo e dover sopravvivere in istituzioni nemiche politiche di quelli come noi, e nemiche religiose, culturali ed economiche dell’intero popolo italiano.

Dobbiamo svegliarci e prendere atto che i cambiamenti diventano tangibili soltanto quando si è veramente disposti a cambiare, e stavolta non giriamoci intorno, perché in Italia da cambiare c’è proprio tutto; specie alla luce delle recenti dichiarazioni sull’esistenza formale del Regno di Sardegna del professor Francesco Cesare Casula (dal 1985 al 1992 consigliere culturale del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, ex docente universitario all’Ateneo di Cagliari, ex membro direttivo della Commissione degli Storici Italiani nonché della Commissione permanente per i congressi di storia della Corona d’Aragona, per 28 anni direttore dell’istituto dei rapporti italo-iberici e dell’istituto di storia mediterranea oltre che del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dal 2001 al 2006 componente della segreteria tecnica per la Programmazione della Ricerca presso il Ministero dell’istruzione, Università e Ricerca)

Gianluca Cocco