Russia e comunismo

Russia e comunismoRussia e comunismo – Il conflitto russo-ucraino ha rianimato il confronto negli ambienti della destra identitaria.

Spesso le due posizioni, pro ucraina e pro russa accendono dispute tra le due fazioni.

Ora se le ragioni dei russofili traggono vigore da fatti accertati e oggettivi nonché dalla politica ispirata da Putin, sicuramente più vicina al retroterra della destra radicale; gli argomenti di coloro che vedono con simpatia le ragioni ucraine, pur essendo in buona fede, spesso rasentano la calunnia e sono intessute a doppio filo, volente o nolente, con la propaganda Usa e Nato.

D’altronde Schopenauer nella sua “arte di avere ragione” affermava che per rintuzzare le obiezioni dell’avversario (dietro l’Ucraina c’è l’America) occorre trovare argomenti insignificanti arrivando ad ingigantirli (i Russi sono comunisti e antifascisti) con lo scopo di giustificare i propri torti o di attenuarne la gravità (ubi major minor cessat).

Si dimentica da parte degli ucrainofili la vera posta in palio della questione- molto più alta di etichettature ideologiche ormai fini a se stesse – che è la salvezza dei popoli europei (e non solo) dal mondialismo.

Tale salvezza non può prescindere dal ruolo cruciale svolto dalla Russia putiniana in questo particolare periodo storico.

Ne hanno contezza le stesse potenze della finanza internazionale che sposano la causa ucraina non certo per filantropia o perché infatuate dal loro patriottismo, ma nell’auspicio di infliggere un pesante colpo all’unica vera compagine geopolitica in grado di contrastare i loro disegni.

In tale marasma, i parametri di valore devono stabilirsi sulla logica di una contrapposizione pacchiana nel segno di svastiche e soli neri in opposizione a sporadiche stelle rosse e falcimartello.

Si finisce, come sempre, per guardare il dito e non la luna.

Russia e liberismo

La Russia ha fatto i conti con il comunismo nel 1991. E gli sono stati sufficienti 10 anni per assaporare i frutti marci del liberismo sfrenato, con la borsa moscovita degradata a dependance di Wall Street e gli oligarchi di doppia e tripla cittadinanza a menare le danze.

L’avvento di Putin, nel 2000, significò un cambio di rotta, stavolta in direzione un nuovo corso che manteneva di fatto i concetti di libera iniziativa e proprietà privata, ma con un deciso controllo pubblico degli asset strategici ed energetici, strappandoli di fatto alle arbitrarie manovre delle oligarchie plutocratiche e cosmopolite.

Politiche che hanno poi trovato l’approvazione del popolo russo con un enorme consenso che perdura da vent’anni.

Le accuse dei soliti di comunismo, a tale riguardo, cadono completamente nel vuoto, visto che politiche dirigiste di salvaguardia nazionale furono adottate anche da regimi storici affini per riferimento politico.

Ucraina e liberismo

Sotto la cappa neoliberista invece, è finita proprio l’Ucraina, dilaniata da un deficit finanziario spaventoso.

Per uscire dal tunnel Zelensky ora chiede l’infeudamento “urbi et orbi” ad UE e NATO.

Non proprio decoroso per chi giudica come esempio la lotta di autodeterminazione di questa nazione.

Biasimano inoltre l’antifascismo e il concetto di denazificazione sbandierato da Putin.

Poiché tutto ciò si limita ad una trovata pubblicistica di facciata, volta a rinverdire il mito patriottico di Stalingrado e a delegittimare il nemico.

In verità, la Russia non contrappone più all’Occidente vecchi arnesi ideologici come il materialismo marxiano o il proletarismo, bensì gli stessi valori etici e spirituali che furono alla base della civiltà europea millenaria.

Valori che lo stesso fascismo europeo rivendicava da parte sua ed è evidente che, in tal guisa, l’antifascismo russo assume solo carattere strumentale.

Quindi i simboli e le apparenze non ingannino, perché cristianamente parlando, il demonio alberga laddove avviene un progressivo annientamento della famiglia e dei principi non negoziabili. Dopo il golpe di piazza Majdan, le lobbies LGBT e l’Open Society di Soros hanno potuto maramaldeggiare in Ucraina senza trovare alcuna opposizione sul loro cammino.

Nessuna traccia, a simile riguardo, dei reggimenti di Azov, distratti per 8 anni nelle province a maggioranza russofona invece che proteggere il popolo ucraino da certe devianze culturali.

Naturale che vi sia una Chiesa Ortodossa forte nello spingere i Russi verso il recupero delle tradizioni perdute. Una rifioritura spirituale e religiosa che uno stato comunista, per sua natura ontologica, non avrebbe mai permesso.

Mario Pucciarelli