Schengen: c’è chi dice No!

Schengen: c’è chi dice No!Schengen: c’è chi dice No! – L’Austria dice no all’ingresso della Romania in Schengen: un bene o un male per la Dacia?

La prima reazione rumena al “No” austriaco è stata sanguigna. Come se l’Ardeal – vasta parte di terra a nord del Paese che comprende tre regioni – fosse stato concesso senza se e senza ma all’Ungheria, la reazione del popolo rumeno è letteralmente esplosa in una rabbia emotiva che Bucarest ha tentato invano di sopire.

Da italiani possiamo forse faticare a comprendere la reazione dei rumeni, in fondo Schengen è una delle fonti di impoverimento sociale e culturale dell’Italia, ma c’è da considerare il risvolto economico della questione.

Frontiere chiuse

Da viaggiatore che si sposta spesso dall’Italia alla Romania, chi scrive può confermare quanto siano ostative le frontiere per la circolazione delle merci. Il tempo speso alla “Vama” – leggi confine – fra Ungheria e Romania è spesso insopportabile per chi vi si reca in visita, figuriamoci per chi lavora e per lavoro fa l’autista o è intestatario di un’azienda che esporta beni all’estero.

La Romania nazionalista

I rumeni non sono gli italiani, è un dato di fatto. Il macigno che è precipitato sul capo dei daci non ha seppellito le velleità di un popolo che non si arrende, ma combatte. La reazione dei partiti nazionalisti, AUR in testa, non si è fatta attendere. All’intenzione di boicottare il Paese germanofono, reo di aver escluso Romania e Bulgaria dalle semplificazioni che Schengen consente, la risposta è stata rapida e violenta come il fulmine.

In men che non si dica, banche, aziende, servizi e prodotti austriaci sono stati boicottati dal popolo. Il rumeno medio chiuderà il conto alla Raffaisen bank o alla BCR, rinuncerà a fare il pieno di carburante alla OMV o alla Petrom, romperà i contratti con Vienna Insurance e Immofinanz o, ancora, smetterà di scolarsi una Red Bull al bar o dilettarsi acquistando manufatti, gioielli, orologi o soprammobili Swarovsky.

Boicotta Austria
Manifesto di AUR per la campagna boicotta l’Austria
AUR intanto

AUR ha immediatamente posto in essere una protesta davanti al Parlamento di Bucarest contro il veto austriaco, esortando un sostegno da parte della Commissione UE per l’adesione a Schengen, ma il governo di Iohannis ha immediatamente risposto con uno scoraggiamento del boicottaggio e rassicurando le aziende austriache, affermando di preferire una soluzione diplomatica che non preveda il boicottaggio e non coinvolga il tribunale dell’UE.

Una vera e propria doccia gelata in pieno inverno per il popolo rumeno alle prese con un aumento non indifferente dei prezzi su tutti i fronti.

L’Austria, per contro, lamenta che i 75.000 migranti illegali nel Paese provengano dalla frontiera esterna dell’UE e quindi dalla Romania. Una menzogna bella e buona, poiché i due Paesi non confinano direttamente, visto che, cartina canta, in mezzo c’è l’Ungheria. Pretendere che la Romania risolva il problema è una richiesta de facto improponibile. Certo è che Vienna non ha osato porre in essere il veto contro la Croazia, che in Shengen è entrata, pur essendo il vero viatico della migrazione lamentata. Alla domanda “Perché?” la risposta è semplice, forse banale, ma lapidaria: la chiusura del porto sull’Adriatico imposta da Zagabria a Vienna è stata merce di scambio a tutto favore dei croati.

I controlli però ci sono

Ora, chi conosce la Romania, chi ci viaggia spesso, chi scrive può confermare quanto siano rigidi i controlli fra Romania e Ungheria e quanto assenti siano i migranti nel Paese, in forza di un rispetto della cultura, della società e della religione che in Romania, specialmente a Nord, è un baluardo inattaccabile. Piuttosto, l’Austria avrebbe fatto meglio a proporre l’estromissione dell’Italia dal trattato, essendo il nostro povero Paese la prima e mastodontica cloaca della migrazione clandestina. Certamente, la nostra reazione sarebbe stata di gratitudine verso gli austriaci che strapazzammo per bene a Vittorio Veneto. In ogni caso, il karma gira: bene farebbe Vienna a riconsiderare il suo puntiglio, come detto in precedenza – e confermo – i rumeni non sono gli italiani.