Servi del microchip

Servi del microchipServi del microchip – Spero che chi sta leggendo questo articolo non appartenga alla congrega degli adoratori della nostra civiltà quale civiltà della Ragione.

Io li annovero tra i matti o tra i ciechi.

Nemmeno l’Illuminismo che si proponeva d’essere l’età dei Lumi, lo fu. La nostra, a voler esser generosi, è la civiltà della trasmutazione.

Abbiamo sostituito l’uomo con la tecnica e poi con l’informatica; la donna creatrice di vita con la surrogata, poco più di un utero che, breve tempo passerà, verrà rimpiazzato da una macchina.

L’economia è ormai una entità a sé stante, un mostro gigantesco, abnorme, irrazionale, dotato di vita propria, un meccanismo infernale che fagocita l’uomo, non lo assiste, non lo accompagna, men che meno ne rappresenta gli sforzi ed il lavoro.

L’intelligenza artificiale subentra a quella umana

L’uomo contemporaneo, incapace di dar senso alla sua vita, stravolge fini e mezzi e, per voler esser sempre indebitamente padrone, si riduce a servo.

Non solo ha snaturato il mondo, ma gli ha sottratto umanità tanto che il mezzo, soprattutto se di altissima tecnologia, lo domina, non lo serve. Come un bambino di tre anni che, in balia di sé stesso, non possiamo giudicare libero, ma abbandonato, così l’uomo contemporaneo lasciato alla propria ragione, orfana di Dio.

Lo sapete chi è vissuto davvero nell’epoca del raziocinio e dell’ordine, dell’umanità piena, malgrado i limiti di ogni periodo storico, comunque abitato da uomini, non dagli dèi?

I nostri avi del Medioevo vissero, come società, come sentire corale, al di là delle singole vicende personali, una realtà di piena, conquistata umanità. Consci di non esser padroni, ma di doversi subordinare alla volontà divina seppero relegare il mezzo al ruolo che gli compete.

Già nel Rinascimento

Poi, non distante il Rinascimento, si iniziano a sentire, o forse solo ad intuire, i primi cedimenti, le avvisaglie di un male lontano, ma ineluttabile. Il Medioevo molto inoltrato è una bellezza che ancora incanta, ma che ha già passato gli anni del suo massimo fulgore.

È il 1221 quando nasce Salimbene de Adam, il parmense che si farà francescano con la maledizione paterna. Lui ci ha lasciato una Cronica lunghissima e dettagliatissima e io l’ho in gran simpatia per molte ragioni.

Ricchissimo di nascita, rinuncia a tutto per Dio e dalla sua opera emerge un temperamento focoso, una intelligenza vivace, una memoria potentissima, un cervello acuminato.

A Salimbene gli uomini piacciono poco: li vede per quel che sono e non ne dà mai una immagine edulcorata. Sono delinquenti, filibustieri, mascalzoni ed infedeli e, ai loro torti, lui vorrebbe rispondere con la vendetta, sempre, immemore del passare degli anni.

È molto umano Salimbene, ma guarda all’Eterno e di una cosa è certo…e la sua è la certezza che fa la forza di tutti gli uomini del suo tempo: sa di vivere in un mondo che, creato da Dio, è ordinato, armonioso, razionale.

I secoli dei Lumi, ossia della luce che rischiara e dà senso alla vita, sono quelli medioevali, non quelli che, cinquecento anni dopo, cadranno nella più spaventosa delle irrazionalità: la fede nella ragione umana, pazza e cieca, negatrice dell’esistenza del suo creatore.

Oggi è il computer che, dopo averci promesso libertà, ci rende schiavi.

Non abbiamo voluto servire Dio, serviremo il chip: lo impianteranno sottopelle come un battesimo violento.

Speriamo, noi o i nostri figli, di poter dire, come la Emmerich, che “Dio aveva altri progetti”.

Irma Trombetta