Utero in affitto: bambino Down lasciato alla madre

Utero in affitto: bambino Down lasciato alla madreUtero in affitto: bambino Down lasciato alla madre – Le parole che seguono sono di Pattharamon Janbua, una ventunenne thailandese pagata da una coppia australiana per diventare una mamma in affitto: “Vorrei dire alle donne thailandesi: non infilatevi nel mercato delle madri surrogate. Non pensate soltanto ai soldi… Se qualcosa va storto nessuno ci aiuterà e il bambino sarà abbandonato dalla società, e dovremo assumercene la responsabilità”.

Hanno comprato solo il figlio sano

La giovane donna ha partorito due gemelli, uno dei quali affetto dalla sindrome di Down.

La coppia, che aveva pagato 12.000 euro per la gravidanza surrogata, ha deciso di riportare con sé in Australia solo la bambina sana, lasciando in Thailandia il gemello portatore di handicap, Gammy.

Gara di solidarietà per la giovane madre

Ora la giovane mamma, che aveva accettato di diventare “mamma in affitto” per necessità economiche, è aiutata da una campagna online “Hope for Gammy” che ha già raccolto 67.000 euro in donazioni.

La coppia australiana, rimasta anonima, aveva chiesto alla donna di abortire al quarto mese dopo aver scoperto che uno dei due nascituri era portatore di Trisomia 21.

Janbua, buddista, si era però rifiutata per motivi religiosi e aveva partorito: ora che il piccolo le è stato lasciato in custodia deve però fare i conti con delle alte spese mediche per il piccolo.

La mamma surrogata ha già altri due figli propri a cui badare, e Gammy è affetto anche da una patologia cardiaca che richiede un intervento chirurgico.

La nuova frontiera è la Thailandia

Da anni la Thailandia ha superato l’India per percentuale di madri surrogate, grazie ai prezzi bassi e alle leggi permissive. Gli australiani sono i migliori clienti: fra il 2012 e il 2013 oltre 400 bambini sono stati fatti nascere in Thailandia.

Tutto questo avviene, amara ironia delle sorte, a ridosso della giornata mondiale della Sindrome di Down – 21 marzo – ma anche in un mondo in cui la parola “inclusività” è sempre più all’ordine del giorno, tanto quanto lo è la tutela delle donne.

Una pratica indegna

Una situazione paradossale, ennesimo frutto acerbo del cortocircuito di una società corrotta, convinta di salvare la forma dietro parole dal sapore politicamente corretto come “gestazione per altri” quando non è altro che mercificazione del corpo della donna e del suo stesso figlio.

La nuova schiavitù

Una nuova forma di schiavitù che, gran parte delle volte, come in questo caso, fa leva sulla fame, il degrado e la miseria, trasformando la donna in una macchina a gettoni e un figlio in un oggetto di compravendita.

Tutto questo avviene, per di più, a pochi giorni di distanza dalla manifestazione avvenuta a Milano per la tutela dei figli delle coppie omogenitoriali, appoggiando così anche la maternità surrogata.

Gli esempi nostrani

Non per nulla, lo stesso Nichi Vendola, fondatore di Sinistra Ecologia Libertà, è diventato “padre” ricorrendo a questa abominevole pratica, scomodando addirittura San Giuseppe, pur di legittimare ciò che non ha alcun fondamento non solo naturale ma neppure etico.

E sempre alla manifestazione arcobaleno il sindaco Sala ha detto a chiare lettere che “il governo sta pensando di umiliare chi la pensa in modo diverso”.

Un’ affermazione che fa rumore soprattutto se detta in quella stessa città dove si era cercato, fortunatamente invano, di dar vita alla fiera dell’utero in affitto sul modello del salone parigino «Désir d’enfant», ribattezzata «un sogno chiamato bebè».

L’agghiacciante fiera francese

La fiera organizzata in Francia dove si scelgono capelli, sesso e razza del bambino

E nel caso in cui il bambino abbia delle malattie, e il problema “venga individuato nei primi tre giorni di vita, potete lasciare il nascituro in ospedale e averne un altro gratuitamente”. Questa era stata la promessa fatta da Feskov a una coppia “acquirente”.

“Soddisfatti o rimborsati”

Peccato che “le cose che contano non si possono contare”.

Rita Lazzaro