Ai confini del mondo

Ai confini del mondoAi confini del mondo – la vera storia di James Brooke (Michael Haussman, 2021).

Nei cinquecento anni di storia del colonialismo europeo, l’inglese James Brooke fu l’unico titolare di un impero privato, il Sarawak nel Borneo.

Fondò una dinastia che riuscì a governare autonomamente questo vasto territorio per più di cento anni (1844 – 1946), nonostante i frequenti contrasti con la corona britannica, col sultanato del Brunei e con la pirateria dei mari del sud-est asiatico.

Ha ispirato numerosi personaggi

In patria diventò un personaggio leggendario e un eroe nazionale, tanto da ispirare i popolari romanzi d’avventura di George MacDonald Fraser e “L’uomo che volle farsi re” di Rudyard Kipling, ma soprattutto due capolavori della letteratura mondiale come “Lord Jim” e “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad – tutte opere che conobbero fortunate versioni cinematografiche.

È anche l’unico personaggio veramente esistito nella saga del Sandokan di Emilio Salgari, di cui è l’antagonista (interpretato da Adolfo Celi nella celebre serie televisiva degli anni Settanta).

E pure “Lo sceicco bianco” di Federico Fellini, interpretato da Alberto Sordi, si rifà al personaggio Booke pur se in chiave farsesca e buffonesca.

Negli anni Trenta poi il mito di James Brooke attirò l’attenzione di Errol Flynn, protagonista per antonomasia dei film d’avventura hollywoodiani dell’epoca; a Somerset Maugham che gli chiedeva come mai non si riusciva a realizzare un kolossal biografico ispirato dalle gesta del vero Brooke, Flynn rispose: “Manca la storia d’amore!”.

Il film su Prime

E da qui arriviamo a questo vero e proprio kolossal mancato di Michael Haussman del 2021, uscito in Italia su Sky TV lo scorso marzo e poi disponibile su Amazon Prime – mai uscito nelle sale in nessun paese però, probabilmente a causa della pandemia.

Ma purtroppo non si tratta solo di cattiva sorte: fin dalle prime battute si respira un’aria di vorrei ma non posso, non solo per il budget chiaramente insufficiente, ma perché manca quel senso di grandezza e magniloquenza così indispensabile per realizzare un film d’avventura credibile, pur avendo appunto a disposizione una storia vera tanto densa e ricca di suggestioni.

Le scelte di montaggio sono didascaliche e poco efficaci, la sceneggiatura opera sbalzi temporali ingiustificati e scelte sbagliate che privano il racconto di epica e pathos; ma non solo: la storia d’amore mancante di cui parlava Errol Flynn qui viene quasi inventata di sana pianta e avviene con una donna malese, mentre l’unica storia d’amore di Brooke nel Sarawak storicamente riscontrabile è quella con il principe del Brunei Badruddin (e nel film è solo accennata e messa in secondo piano).

La trama

L’avventuriero James Brooke, figlio di un notabile inglese nel Bengala e reduce dalla guerra di conquista della Birmania, arriva a Kuching (capitale del Sarawak nel Borneo, allora governato dal Sultano del Brunei) nel 1839 e in un breve lasso di tempo riesce a farsi nominare Rajah del Sarawak dal Sultano, al quale in seguito sottrarrà militarmente sempre più territorio; questo grazie alla sua decisiva collaborazione nel reprimere la ribellione di alcune tribù locali e nel processo di pacificazione che ne segue, ma anche grazie alla sua astuzia diplomatica e a qualche colpo di fortuna.

Egli si propone quindi di governare non con la repressione e il mero sfruttamento economico, ma tramite l’armonia politica tra le tre etnie presenti sul territorio: malesi, cinesi e indigeni Dayak, cercando peraltro di far recedere questi ultimi dal loro status di cacciatori di teste – impresa che si rivelerà molto più difficile del previsto.

Ci troviamo dunque in presenza di una sorta di Gabriele D’Annunzio a Fiume ante litteram.

Un buon cast ma non convince

Il film si avvale di un cast prestigioso, con un attore famoso come Jonathan Rhys-Meyers nei panni del protagonista, ma purtroppo i personaggi risultano solo abbozzati e privi di sfaccettature; in particolare, la trama tenta di mitologizzare la figura di Brooke ma fallisce, deprivando il primo rajah bianco delle sue complessità e ambiguità.

Tuttavia, alcune tra le scene più suggestive del film riescono a trasmetterci il costante intento di Brooke di conoscere l’inconscio animistico che si aggira in ogni presenza fisica del Borneo, e che egli sente intensamente dentro di sé; e anche la sua profonda trasformazione interiore dopo il cruento attacco alla capitale Kuching, sede del suo governo, ad opera del principe del Brunei Makota diventato suo acerrimo rivale.

È qui quando Brooke si rende conto che, per conquistare veramente la fiducia del suo nuovo popolo, dovrà decidersi anche lui a tagliare molte teste. In definitiva, dunque, il tanto atteso primo film sulla vita del grande James Brooke si è rivelato una grande occasione mancata; peccato, perché il personaggio rimane di grande attualità e la sua vicenda esistenziale avrebbe molto da insegnare al nostro presente.

Valerio Zecchini