Battipaglia e rivolte meridionali: un’occasione persa

Battipaglia e rivolte meridionali: un’occasione persaBattipaglia e rivolte meridionali: un’occasione persa – Il 9 aprile di quest’anno coincide con la celebrazione della Santa Pasqua. Ma è anche l’anniversario della Rivolta di Battipaglia avvenuta il 9 aprile del 1969.

A quell’insurrezione – preceduta mesi prima dai “fatti di Avola” – di lì a poco ne seguiranno altre, destinate ad infiammare tutta l’area centromeridionale della nostra penisola: Caserta, Reggio Calabria e L’Aquila.

Occorre chiedersi quale fu la miccia che determinò l’esplosione di questi sommovimenti. Andando alla loro radice, affiorano perlopiù cause di natura amministrativa e socioeconomica. Quella di Caserta, addirittura per questioni connesse ad una penalizzazione sportiva inflitta alla squadra di calcio del luogo.

Ma se approfondiamo bene sulle dinamiche e sul contesto, emerge uno stato di malessere che è alla base della crisi meridionale postbellica.

In altre parole, l’orientamento clientelare ed assistenziale della partitocrazia di governo (in combutta coi poteri locali paramafiosi e affaristici) ha prodotti guasti e disfunzioni nei rispettivi comparti territoriali.

Realtà come Battipaglia, che il fascismo elevò nel 1929 da Frazione a Comune Rurale, si proponevano come aree di attrazione e propulsione a sud di Salerno.

Senonché ad uno sviluppo rapido ed incontrollato della cittadina, seguì un periodo di ristagno negli anni Sessanta.

Politiche comunitarie scellerate segnarono la chiusura di tabacchifici, zuccherifici e aziende conserviere da un versante. Dall’altro i fondi dell’ISVEIMER utilizzati per industrializzare i grandi centri come Napoli e Salerno a detrimento delle medie realtà di provincia.

La mobilitazione del 9 Aprile 1969

Malessere sociale a parte, lo stato di indignazione accrebbe fino a culminare nella resa dei conti del 9 aprile 1969.

La città si mobilitò con un corteo. Alle operaie “tabacchine” si unirono tutti i cittadini di ogni estrazione e ceto.

Gli attriti con le forze dell’ordine, la risposta alla loro provocazione e minacce, degenerarono in cruenta rivolta popolare e interclassista. Neanche i sindacalisti riuscirono a placarli. Gruppi cigiellini e maoisti giunsero da Salerno nel tentativo di infiltrarsi e veicolare la lotta.

Le infiltrazioni comuniste

Fecero male i loro conti. I battipagliesi si erano rivolti contro tutto il sistema partitocratico, di cui la sinistra antifascista ne era parte integrante. Furono allontanati dalla città con le buone o con le cattive.

Solo i missini e i ragazzi di destra provenienti dalla provincia potevano circolare e propagandare liberamente in città. Sullo sfondo, la resa delle forze dell’ordine che in serata persero il controllo della città e della stazione ferroviaria. Su di essi piombò lo sdegno di una comunità intera, acuitosi dopo l’uccisione di due innocenti durante gli scontri: una maestra elementare e un giovane tipografo col mito di Jan Palach.

Il giorno dopo gli animi si placarono. Da Roma giunsero promesse ministeriali e la popolazione, in assenza di un’avanguardia politica che la guidasse, si acquietò sui binari del compromesso sociale.

Stesso filo conduttore della lotta antisistema, di un sud che vuole uscire dalla perenne condizione di asservimento politico, giunse a Reggio Calabria dove la Rivolta, in confronto a Battipaglia, assunse un maggiore risalto politico ed ebbe in uomini risoluti e intrisi di carisma come Ciccio Franco il suo inesauribile trascinatore: al punto da tenere sotto scacco l’ordine costituito per diverse settimane.

A Battipaglia, come già detto, mancò la guida.

Fu un’occasione persa, come lo fu, per dati versi, anche Reggio Calabria e L’Aquila. Di fronte alla possibilità che il Sud (stavolta) con i suoi fermenti si trasformasse in tomba di una democrazia degenere, partitocratica e antifascista, mancò la convinta cooptazione dallo stesso MSI, troppo irretito nella sua livrea istituzionale tanto cara alla borghesia d’ordine.

Gli echi di quei sussulti andarono così evaporandosi decenni successivi con un Meridione perennemente in balia degli eventi e delle malversazioni di potere.

Mario Pucciarelli