Cattelan e compagni a Firenze

Cattelan e compagni a FirenzeCattelan e compagni a Firenze – Meno male che Filippo Strozzi giace cadavere da sei secoli!

Morì nemmeno cinquantenne.

Fosse vissuto oggi non avrebbe avuto sorte migliore se solo avesse visto la mostra di arte moderna che trova immeritata dimora in quel meraviglioso esempio di architettura rinascimentale che è il palazzo che lui volle, grande e bello come nessun altro a Firenze.

Ma prima di morire, da fiorentino, a Maurizio Cattelan e soci, quell’affronto l’avrebbe fatto pagare caro.

Un uomo del suo tempo, uno che quando si parlava di arte pensava, come minimo, al Beato Angelico, davanti al pupazzo di Maurizio Cattelan appeso ad un attaccapanni sarebbe andato a cercare il Cattelan in carne ed ossa per appenderlo altrove.

Le spazzole da autolavaggio

E che effetto gli avrebbe fatto Gummo V, le enormi spazzole da autolavaggio, spacciate per arte da un cartellino di spiegazioni per acculturati snob?

Tra manichini impacchettati, scatoline di plexiglas con topi suicidi, sedicenti artisti appesi ai rami, brutti orsi di peluche, avrebbe pensato di essere nell’incubo di un giostraio ubriaco o oggetto di un pessimo scherzo?

Io ho avuto la sensazione di una realtà distopica prodotta da furbi e dedicata a dipendenti da LSD.

Mi seggo, affranta, ai lati di una delle sale, ma con cautela, temendo di far la fine di Augusta (Anna Longhi in “Vacanze intelligenti” di Sordi).

Lei anche si sedette, ma sulla sedia di una installazione, e, avvicinatasi la guida con i visitatori, credendo fosse parte dell’opera, fu quasi comprata per diciotto milioni, dopo aver dovuto ascoltare, di quel “capolavoro con donna seduta”, la solita interpretazione artificiosa e parolaia.

Ho miglior fortuna di Augusta e, senza aver patito alcuna proposta di acquisto, continuo la visita, mentre mi spremo le meningi per capire perché Cattelan e compagni ci vogliano convincere che il solo esprimere qualcosa, qualsiasi cosa, e il farlo senza alcuna capacità tecnica, senza alcuno spessore culturale, senza la minima attenzione estetica, possa e debba essere considerato arte.

Il genio di Sordi espresse perfettamente il non senso e l’inutilità di questa arte che noi non potemo capi’, Augu’.

L’arte è altro

Si fossero trovati in una cattedrale gotica o in una chiesa rinascimentale, Renzo ed Augusta, avrebbero inteso tutto ed immediatamente.

I due fruttaroli romani sarebbero tornati a casa più ricchi dopo aver visto la Pietà di Michelangelo, pur non conoscendo Michelangelo, pur non avendo alcuna nozione di storia dell’arte.

L’arte contemporanea, invece, non è arte e dunque è muta ed il fatto di essere muta, prova che arte non è.

Non avendo parola si affida alle molte dei critici e degli estimatori, alla fuffa intellettualoide, alla chiacchiera vana, ma forbita. Ai contemporanei non dà niente; ai posteri non lascerà niente.

Il nulla vestito male.

Irma Trombetta