Finlandia: il relativismo è legge

Finlandia: il relativismo è leggeFinlandia: il relativismo è legge – Su proposta del governo socialdemocratico, il parlamento finlandese ha approvato la legge sul “riconoscimento di genere”, in base alla quale sarà sufficiente una semplice autodichiarazione all’anagrafe, seguita da un periodo di “riflessione” di 30 giorni, per vedersi riconosciuto il genere prescelto.

Basta una firma

Vengono così scavalcati gli accertamenti medici e psichiatrici previsti dalla precedente legislazione. Sconcertante? Non abbastanza, a quanto sembra, se è vero che c’è chi considera questa nuova “conquista” ancora troppo restrittiva, essendo riservata ai soli adulti. Matti (nomen omen?) Pihlajamaa, consulente per i diritti LGBT+ per conto di Amnesty International Finland, promette battaglia: “Escludere i bambini dal riconoscimento legale del genere viola la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia. Continueremo a chiedere al governo di modificare la legislazione, di conseguenza, per garantire che promuova i diritti dei bambini”.

I limiti della legge

Le ricadute pratiche di simili follie nel mondo si sono già registrate. Nel 2018, nelle elezioni municipali di Oaxaca, in Messico, 19 candidati uomini (di cui solo 2 classificati come transgender mentre gli altri 17 erano in gran parte padri di famiglia con mogli e figli) si sono dichiarati donne per poter rientrare nelle quote rosa.

In seguito alla causa legale intentata nel 2019 dall’American Civil Liberties Union (ACLU), a partire dal 2021 sono iniziati trasferimenti di detenuti transgender dalle carceri maschili a quelle femminili. Da allora non si contano gli episodi di molestie, gravidanze indesiderate, stupri subiti da detenute.

Questi sono gli aspetti macroscopici, spettacolari, clamorosi della deriva relativista, ma, a costo di apparire complottisti, non deve sfuggire il disegno che c’è dietro questi fenomeni. L’ideologia gender, parte integrante di quella Woke, mira ad un transumanesimo in cui ogni identità è necessariamente liquida.

Per cui nessun elemento identitario, quali la razza, la patria, la lingua, la religione, la cultura, la cucina, o come in questo caso, il sesso, può essere considerato un punto fermo, un dato certo. L’Umanità, privata di ogni riferimento, è oggetto di una svolta antropologica omologante, in cui falsi diritti diventano i totem a cui immolare la civiltà stessa.

Come fermare la deriva?

Di fronte a questa ondata nichilista che sta sommergendo l’Occidente, non si vedono argini di rilievo, non si levano che poche voci contrarie, soprattutto non si organizzano fronti di resistenza. Forse nella speranza che, prima o poi, la ragione tornerà a prevalere e le pericolose stravaganze woke – arcobaleno si afflosceranno su sé stesse. Ma le cronache degli ultimi anni ci raccontano una storia diversa. E cioè che il fronte nichilista più ottiene e più pretende, in una corsa senza fine verso l’abisso, Matti Pihlajamaa docet.

È tempo di agire, magari non temendo di affermare, con forza, che la realtà è un dato oggettivo, non soggettivo. Che i sessi sono due: maschi e femmina. E che i generi sono i mariti delle figlie.