La Battaglia di Severodonetsk-Lysychansk

La Battaglia di Severodonetsk-LysychanskLa Battaglia di Severodonetsk-Lysychansk – Con la battaglia di Severodonetsk, si può intendere in senso stretto l’operazione di presa dell’agglomerato urbano di Severodonetsk-Lysychansk (avvenuta tra il 6 maggio e il 24 giugno), costituito da due città gemelle, di circa 100 mila abitanti l’una anteguerra, separate dal corso del fiume Seversky Donets, oppure, in senso largo, l’insieme delle operazioni belliche (avvenute tra il 5 marzo e sempre il 24 giugno) che hanno avuto luogo al crocevia degli oblast di Kharkov, Lughansk e Donetsk, area che, insieme all’assedio di Mariupol, ha costituito il centro di gravità principale della guerra per tutto il corso della primavera.

Secondo la prospettiva “larga” di considerazione della battaglia di Severodonetsk, vi rientrano quindi anche la presa russa di Izyum, Lyman e Popasna, tutti eventi che hanno contributo alla caduta dell’ultima posizione ucraina tenuta nell’oblast di Lughansk.

Come detto precedentemente, l’occupazione dell’oblast di Lughansk era stata quasi interamente già ottenuta nella prima settimana seguente all’invasione russa, ad eccezione appunto del complesso urbano di Severodonetsk-Lysychansk (a cui va aggiunta l’adiacente città, sul lato nord di Rubizhne), trasformato dagli ucraini in un’area fortificata da impiegare come bastione difensivo.

Una questione di propaganda

La tenuta dell’area, inoltre, assumeva anche una importante rilevanza politica per Kiev, visto che la tenuta di quelle posizioni avrebbe potuto permettere alla propaganda ucraina di bandire che il Cremlino non fosse riuscito ad occupare interamente il secondo oblast del Donbass (ricordiamo, autoproclamatosi in Repubblica Popolare di Lughansk nel 2014, suscitando già allora la reazione militare di Kiev).

In ogni caso, il 5 marzo può essere assunta come la data di inizio dell’assalto russo alla cittadina di Izyum, posta in una posizione strategica nell’oblast di Kharkov, a nord di quello di Donetsk, in particolare a nord-ovest rispetto all’agglomerato di Slovyansk-Kramatorsk e a ovest del confine con quello di Lughansk.

La presa russa della cittadina, posta sul fiume Donets – facilmente rifornibile da nord tramite la linea ferroviaria che passa da Kupyansk (va segnalato anche come i russi nell’area, avessero trovato fin da subito alti gradi di collaborazione tra la popolazione, in particolare tra i ferrovieri locali che si prestarono al ristabilimento della linea Kupyansk-Izyum), seconda città dell’oblast di Kharkov, quasi immediatamente caduta nelle mani dei russi – avrebbe permesso ai russi di aver un importante punto di pressione sul fronte del Donbass, divenendo un possibile punto di appoggio per una manovra a tenaglia in cui insaccare le truppe ucraine schiacciate tra gli agglomerati di Slovyansk-Kramatorsk, a est a Severodonetsk Lysychansk e a sud sulla linea di contatto con la Repubblica Popolare di Donetsk.

Le difese ucraine

Non a caso gli ucraini a difesa di Izyum schierarono immediatamente due unità considerate di éilte, ovvero la 95esima e la 81esima brigate di paracadutisti – agevolate nel compito dal poter difendere una posizione collinare con la città posta in una vallata su cui scaricare il fuoco sulle formazioni russe in avanzamento – trovatesi ad affrontare una forza composita di elementi della 6esta Armata Corazzata della Guardia russa.

Ancora l’artiglieria

I combattimenti per Izyum si sono protratti per circa tre settimane, fino a quando, tra il 21 e il 24 marzo, i russi, anche grazie alla larga superiorità in termini di artiglieria e volume di fuoco, alla fine riuscirono ad impadronirsi della città e a gettare due pontoni sul Donets, in modo da costituire una testa di ponte a sud del fiume da cui minacciare, alle spalle, le forze ucraine impegnate nel Donbass.

Tuttavia, l’accanita difesa ucraina, le perdite subite ed i continui contrattacchi sul fianco nord-ovest obbligavano i russi a rinunciare per il momento ad una ulteriore avanzata su Barnikove, da cui avrebbe potuto essere quasi effettivo l’accerchiamento degli ucraini. Il 25 marzo veniva invece annunciato il prossimo abbandono di tutto il fronte nord, da Kiev a Sumy passando per Chernigov.

Intanto i russi, sul fronte di Izyum e del Donbass, per fronteggiare la netta superiorità numerica degli ucraini, incominciavano a sfruttare la loro altrettanto netta superiorità in termini di potenza di fuoco, facendo un uso sempre più intensivo dell’artiglieria, come già sperimentato con successo a Izyum, permettendo di colpire a distanza gli ucraini, risparmiando le proprie forze di fanteria, inviate poi a conquistare le posizioni ed i villaggi in precedenza tenuti dagli ucraini e ridotti a cumoli di macerie.

Offensiva di primavera

Nei momenti più intensi dell’offensiva di primavera russa, si è arrivati a calcolare un consumo russo tra le 50 e le 60 mila granate di artiglieria al giorno, superando la potenza di fuoco ucraina per 10 a 1, con numeri superiori ai consumi medi che si potevano avere nella Prima Guerra Mondiale sul fronte Occidentale o nella Seconda Guerra Mondiale sul fronte Orientale, con una trasformazione della guerra in guerra di attrito, in cui a pesare, più che la capacità di manovra, sono innanzitutto i volumi e la capacità industriale di sostentamento dello sforzo bellico che divengono determinanti per decidere le sorti del conflitto.

L’obiettivo seguente a Izyum era Lyman, ovvero la punta settentrionale dell’oblast di Donetsk, pericolosamente incuneata tra le linee russe, ormai costituitesi a ovest tra Kupyansk e Izyum e a est a Lughansk, tra Kremynna e l’ansa del Donets e a sud il villaggio di Popasna, anch’esso posto su un’area collinare che, se caduta, avrebbe potuto rendere possibile una manovra avvolgente da parte russa ai danni dell’agglomerato di Severodonetsk-Lysychansk.

In particolare, i combattimenti per Popasna erano già incominciati il 18 marzo e condotti principalmente dalle forze della Milizia di Lughansk e da reparti della Wagner, decisivi per i combattimenti urbani lì sviluppatesi.

Dal 4 aprile incominciavano invece gli assalti della Miliazia di Lughansk diretti alla presa della città di Rubizhne, presupposto indispensabile per un assalto diretto a Severodonetsk.

La Wagner punta avanzata dell’offensiva

Al 21 aprile i russi controllavano quasi interamente Rubizhne, incominciando a minacciare le periferie settentrionali di Severodonetsk, mentre a Popasna la Wagner era in procinto di sfondare le linee di difesa ucraine nel centro cittadino, tra Severodonetsk e Popasna, appoggiandosi al corso del fiume, gli ucraini tenevano una linea che passava per i villaggi di Toskhivka, Nyzhnje, Hirske e Zolote.

Nel frattempo, a sud di Izyum i russi erano riusciti ad espandere la testa di ponte (per quanto l’obiettivo di Barnikove non sia mai stato raggiunto), tenendovi ingaggiato un numero significativo di truppe ucraine, nel mezzo gli ucraini tenevano sempre con maggior fatica l’area a nord del Donets tra Lozove e Terske, con caposaldo a Lyman, sempre più isolata ed esposta al fuoco russo.

La presa di Popasna

Un deciso sviluppo delle azioni offensive russe poté arrivare con la presa completa di Popasna e delle relative alture da parte degli uomini della Wagner, completata definitivamente tra il 6 e il 7 maggio, inducendo la Milizia di Lughansk ad un attacco diretto su Severodonetsk – difesa da un nutrito contingente ucraino. Tale contingente era composto da due brigate di manovra, una brigata di difesa territoriale, il battaglione Donbass della Guardia Nazionale, reparti di volontari e mercenari occidentali, un reggimento di volontari bielorussi (e anche elementi della resistenza russa antiputiniani), e ceceni antikadyroviti del battaglione Sheikh Mansur (tra cui diversi reduci della guerra in Siria e fiancheggiatori dell’ISIS e di altre forze islamiste ostili al governo di Assad).

Un ulteriore attacco su Nyzhnje condotto dai ceceni kadyroviti della Akhmat, insieme ad ulteriore avanzamento su di Toskhivka, avrebbe permesso di minacciare l’agglomerato di Severodonetsk- Lysychansk da sud ed al tempo stesso di creare una seconda sacca tra Hirske e Zolote. Intanto cresceva la pressione e gli assalti diretti su Lyman, completamente devastata dall’artiglieria russa e ad est di Lyman, si perfezionava la presa della sponda settentrionale del Seversky Donets con la cattura russa del villaggio di Yampol.

La testa di ponte a Bilohorivka

Con la presa di Yampol e della riva sinistra del fiume, i russi lanciarono anche una serie di attraversamenti dello stesso con tentativi di costituzione di pontoni nell’area di Bilohorivka. In caso di successo e di costituzione di una solida testa di ponte a Bilohorivka, con gli avanzamenti della Wagner a Popasna e dell’Akhmat su Nyzhnje e Toskhivka, avrebbe potuto verificarsi un rapido accerchiamento del saliente di Severodonetsk. Tuttavia, gli ucraini, con la concentrazione del fuoco d’artiglieria sulle ridotte aree di attraversamento ed i rapidi contrattacchi sulle teste di ponte condotti dalla 17esima brigata corazzata, riuscirono a distruggere tutti i ponti gettati dai russi (il 5, l’8 e il 12 maggio), causando ingenti danni. Alla fine, i russi, il 13 maggio si ritiravano a nord del fiume abbandonando il progetto.

La battaglia del fiume

Vista l’impossibilità di un rapido annientamento del saliente di Severodonetsk e di costituire teste di ponte a sud del fiume, i russi orientavano il loro obbiettivo operativo immediato sulla presa di Lyman, volgendosi quantomeno al consolidamento del possesso della sponda settentrionale. La città veniva così assaltata direttamente il 23 maggio, sempre con impiego massiccio del fuoco d’artiglieria. Il 26 maggio le truppe ucraine, per evitare il completo annientamento, si ritiravano in direzione di Slovyansk permettendo ai russi di impadronirsi della città il 27 maggio. In contemporanea, il 27 maggio, con la chiusura del fronte di Lyman, si liberavano risorse per procedere ad una ripresa degli assalti contro Severodonetsk. In primo luogo, secondo una direttrice settentrionale (dove i ceceni proprio il 27 conquistavano il grande complesso dell’Hotel Mir nella parte nord-est della città), da Rubzhine, già saldamente in mano alla Milizia di Lughansk da una decina di giorni, in secondo luogo con la ripresa delle offensive su Nyzhnje-Toskhivka per cercare di far crollare il fronte meridionale della città.

Nel centro di Severodonetsk

Lo sforzo russo su Severodonetsk si sviluppò principalmente sul centro città, con l’obiettivo di impadronirsene, in modo da dividere i difensori in due aree separate, una settentrionale e una meridionale. Chiaramente la situazione ucraina diveniva sempre più complicata: l’area dell’agglomerato urbano, di circa 40kmq era ormai circondata dai russi su tre lati, con l’artiglieria russa, largamente superiore a quella avversaria, che riusciva a coprire interamente tutta l’area, trasformandola in una grande sacca da fuoco. In più, l’area di Severodonetsk, tagliata alle spalle dal fiume, risultava isolata anche dall’abitato di Lysychansk, posto invece sulla sponda destra e su una posizione rialzata più facilmente difendibile.

Intanto a Kiev…

Probabilmente la logica militare avrebbe dovuto imporre la ritirata o da tutto il saliente o quantomeno da Severodonetsk per cercare di difendere solo la città di Lysychansk. Al riguardo, secondo indiscrezioni, pare ci siano stati anche violenti scontri tra Zalunzhy, generale capo di stato maggiore ucraino e il presidente Zelensky, il quale invece avrebbe imposto di difendere la città ad ogni costo, intenzionato ad impedire a Putin di proclamare la totale presa dell’oblast di Lughansk.

In ogni caso, l’ordine di ritirata non venne – anzi vennero ordini di tentare contrattacchi nel centro città, cosa che gli ucraini fecero mandando in prima linea principalmente i volontari stranieri e che risultarono in nulla se non in ulteriori perdite, peraltro non nascoste da parte della dirigenza ucraina che in quel momento lanciava una serie di messaggi pubblici circa le proprie difficoltà.

Zelenzky riferiva di oltre 500 uomini persi al giorno, con altre fonti ufficiali che arrivavano a parlare di 800 o 1.000 combattenti persi al giorno tra morti e feriti. Il 1° giugno il generale Karpenko, responsabile della logistica ucraina, riferiva che dall’inizio delle operazioni erano stati persi circa 400 carri armati ed in generale almeno la metà dell’equipaggiamento militare disponibile.

Lughansk è russa

Al 2 giugno i russi controllavano oltre l’80% della città e quasi interamente l’area residenziale, mentre un nucleo di resistenza ucraina, principalmente elementi della legione di volontari stranieri e molti georgiani e bielorussi, costituiva una sacca di resistenza nell’area industriale attorno all’impianto chimico Azot, stretto tra la città e il fiume. Piuttosto che tentare un assalto diretto al complesso industriale, i russi reindirizzarono il loro sforzo a sud, per cercare uno sfondamento definitivo a Toskhivka, grazie al quale avrebbero potuto sorpassare a ovest anche Lysychansk, evitando un dispendioso attacco frontale su di essa da Severodonetsk.

Ulteriore avanzata russa

Il 19 giugno veniva lanciato l’attacco russo su Toskhivka, con largo impiego anche di lanciarazzi con munizionamento termobarico e rinforzi di carri armati T80, il tutto con il saliente di Popasna che premeva al contempo da sud per fissare le truppe ucraine a Hirske e Zolote. Tra il 20 e il 21 giugno le linee ucraine a sud cedevano di schianto, il 22 giugno Hirske e Zolote erano circondate e le truppe ucraine si ritiravano disordinatamente nella notte per i campi, dopo aver abbandonato l’equipaggiamento pesante, verso ovest sotto il fuoco russo. Il 24 giugno veniva l’ordine di resa per i difensori di Azot e degli ultimi lembi di Severodonetsk che cadeva totalmente in mano russa il 25 giugno.

A sud, intanto, assorbite le sacche di Hirske e Zolote, l’avanzata russa risaliva verso nord, in direzione del fiume e della grande raffineria posta a ovest di Lysychansk per completarne l’accerchiamento. Il 28 giugno gli ucraini incominciavano ad abbandonare l’area urbana di Lysychansk per evitare il totale accerchiamento, il tutto, di nuovo, con abbandono dei mezzi pesanti e sotto il fuoco russo, di artiglieria e di elicotteri di attacco che cominciavano a bersagliare le truppe in ritirata.

Le parole di Putin

Il 2 luglio si poteva ritenere l’intera città di Lysychansk in mano ai russi. Il 7 luglio Putin si congratulava con il ministro della difesa Shoigu per il successo della battaglia e avvertiva l’Occidente che la Russia “non aveva ancora incominciato con le cose serie”. Molti in Occidente si interrogarono sul significato di quelle parole, giudicandole forse mera spavalderia, ma in effetti, seguendo il corso e lo sviluppo della guerra, il loro significato sarebbe dovuto apparire chiaro.

Un bilancio pesante

Nonostante il fallimento iniziale dell’Operazione Z, la Russia in 4 mesi di campagna, impiegando solo la componente professionale del proprio esercito, senza alcuna mobilitazione di riservisti o alcuna leva di coscritti, evitando di scatenare una guerra aerea generale (i bombardamenti strategici sarebbero arrivati solo ad ottobre), aveva inflitto una pesante sconfitta all’esercito ucraino già puntellato da supporti esterni (probabilmente, senza questi supporti, la guerra sarebbe finita in quel momento per esaurimento delle riserve di armamenti e munizionamento ucraino). In ogni caso, per quanto netta la vittoria russa nella battaglia di Severodonetsk, le perdite furono pesanti su entrambi i lati e contestualmente alle congratulazioni per la vittoria, Putin forniva l’ordine di una “pausa operativa”, che si sarebbe protesa per tutto luglio e agosto con una stabilizzazione di tutta la linea del fronte e una riduzione significativa delle attività di combattimento. Periodo poi rotto dalle offensive di agosto-settembre ucraine sui fronti di Kharkov e Kherson