Nel 1942, l’allora esponente del Council on Foreign Relations (il think tank del potere finanziario e politico nordamericano) J.Foster Dulles (che tre anni dopo diventerà Segretario di Stato del presidente H.Truman) così scriveva : “Occorre la formazione d’un governo mondiale che sia in grado di controllare e di gestire l’economia globale; per far questo occorre l’indebolimento delle sovranità nazionali, la creazione d’una moneta unica, il bando ad ogni protezionismo e ai dazi, la libertà mondiale del commercio e la libertà delle migrazioni”.
CFR Presidenti e Segretari di Stato
Dal CFR, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, sono usciti molti presidenti statunitensi, quasi tutti i loro Segretari di Stato, innumerevoli influenti uomini politici, la stragrande maggioranza dei direttori e presidenti delle maggiori associazioni politiche e economiche nordamericane, quasi tutti i direttori e presidenti delle prime cento compagnie private, finanziarie, industriali, petrolifere made in Usa.
E’ impressionante il sistema di vasi comunicanti fra il settore economico-commerciale e quello politico, tutto sotto l’egida del CFR – analogamente, mutatis mutandis, a ciò che successe in Emilia Romagna tra la dirigenza politica del sistema cooperativo rosso e il Pci-Pds-Pd – dove il primo costituì il trampolino per il secondo e/o il suo successivo buen ritiro.
La liberalizzazione del commercio e dell’economia mondiali
Dalla fine della guerra di Secessione, gli Usa (prima di loro gli inglesi, poi seguiti dai tedeschi) hanno sempre avuto di mira la liberalizzazione del commercio e dell’economia mondiali per scaricarvi il surplus della loro produzione industriale – ci hanno scaricato anche le loro porcherie finanziarie – che il mercato interno non riusciva ad assorbire e la continua ed esasperata loro escalation all’industrializzazione porta con sé anche la necessità di conquistare nuove aree di controllo economico per riempirle dei loro prodotti; la decolonizzazione voluta dagli Usa nel secondo dopoguerra apparentemente obbedì all’ideologia wilsoniana della libertà dei popoli ma, in realtà, seguì l’ideologia rooseveltiana (di Theodore Roosevelt) della supremazia mondiale; una volta “decolonizzati”, gli africani si ritrovarono così frigoriferi, elettrodomestici, merci e macchine americane al posto di quelle francesi, inglesi, tedesche e italiane.
Il Lavoro sporco
Il CFR ha fatto e fa, anche tramite altre agenzie, il lavoro sporco che l’amministrazione Usa direttamente non può fare; alimenta la cultura e la prassi economiche del capitalismo internazionale coniugandolo con la cultura e la prassi postmarxista del pensiero debole in ciò trovando utili idioti nei progressismi europei e nelle agende della UE; la libertà mondiale dei mercati non può prescindere dall’indebolimento delle culture nazionali e delle sovranità che alle prime sono indissolubilmente legate. Non può prescindere dal continuo ricatto ai governi, dall’imposizione di leggi che li costringono a seguire i diktat degli enti finanziari mondiali che gli Usa in gran parte controllano, non può fare a meno di favorire l’immigrazione che costituisce a quel fine un triplice vantaggio: infiacchisce lo spirito nazionale e trasforma una “comunità” in una massa d’anonimi individui slegati da vincoli di naturale solidarietà, crea mano d’opera a basso costo e aumenta il numero dei consumatori di prodotti in serie (una specie di macdonaldizzazione).
Prepariamoci a piangere altre morti
Piangiamo i morti di Melilla e prepariamoci a piangerne altri; ma questa tragedia è il prodotto del colpevole e sinistro contributo che l’Europa di Bruxelles, appiattita ai disegni della globalizzazione e orientata da un’agenda liberal-progressista, a sua volta coonestata da imbelli – e finte – opposizioni prone al suo linguaggio e ai suoi paradigmi, sta fornendo agli affossatori della nostra civiltà.