I “Prog-regrediti”

 I "Prog-regrediti"I “Prog-regrediti” il ritorno alle caverne – In un futuro (speriamo prossimo), ci sarà qualcuno che studierà le pulsioni di follia che stanno attraversando il nostro tempo e ce ne forniranno le spiegazioni, probabilmente ricercandole in qualche malattia psichiatrica, in qualche turba psicologica o, assai più verosimilmente – ed è quello che io penso – in un arretramento delle funzioni cognitive dell’homo europæus.

Questa patologia, quale che sia la sua origine, la si potrebbe chiamare, azzardando un neologismo, iso-mania ossia, un’ossessione provocata dall’uso patologico del concetto di uguaglianza, da contrapporre alla iso-nomia dell’antica Grecia – che significava l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.

Isomania

L’ isomania è annunciata da diversi sintomi rivelatori.

Il più interessante da studiare consiste nello scollegamento della parola dal suo significato reale, che il regredito isomaniaco interpreta secondo la propria cognizione menomata.

Tale soggetto, infatti, unisce in un solo concetto semplificato e appiattito termini, parole, definizioni che esprimono concetti precisi e differenziati, sovente rivelati dalla loro stessa etimologia.

Con una involuzione, quindi, verso uno stadio infantile o animale, entrambe le condizioni essendo caratterizzate dalla elementarità del linguaggio e degli schemi logici, altrettanto rudimentali, che esso è in grado di declinare.

Appiattimento dei concetti

Una tipica, esemplare, manifestazione di quello scollegamento è l’uso, ormai invalso da qualche decennio, dell’espressione “razzismo/razzista” che, coniata per significare un’idea di superiorità derivante dall’appartenenza ad una razza o etnia rispetto a un’altra, finisce per abbracciare, in un utilizzo generalizzato e acritico, qualsiasi manifestazione del pensiero fondata sulla constatazione d’ineguaglianze reali, o sulla concreta esigenza, dettata dal buon senso o dallo scopo di difesa dei confini, di differenziare i trattamenti delle persone secondo la loro provenienza.

Un’altra bella dimostrazione il regredito l’ha fornita in un recentissimo dibattito, denunciando i “diritti violati dei bambini”. Si tratta del no del governo – qualcosa di buono è anche capace di farlo ogni tanto – alla trascrizione di atti di nascita di bimbi di famiglie arcobaleno.

In realtà, nessun diritto del bambino è violato, poiché la trascrizione dovrà semplicemente includere solo il nome del genitore naturale, non chi pretende una simile qualifica in virtù di un rapporto sentimentale. Non c’è, dunque, nessuna discriminazione all’orizzonte per i piccoli.

Regrediti e somari

Il regredito però non molla – una sua caratteristica tipica è l’ostinazione, dote che infatti appartiene notoriamente ai somari – e su Repubblica dà il meglio di sé. Si legge infatti sul quotidiano: “Le registrazioni. Uno dei genitori diventa un fantasma” e “Nel caso di due uomini, diventati padri all’estero etc etc…”.

Il regredito, nella sua foia isomaniacale, cancella ogni concetto e distinzione e così il genitore diventa, a seconda dell’occasione, il compagno del padre o la compagna della madre, fino a definire padre chi non ha dato alcun apporto genetico ma lo sarebbe solo in forza di un rapporto sentimentale/sessuale con chi invece lo ha dato.

Tutto è fungibile, tutto è uguale, la mistificazione linguistica crea uno stampino e con quello si crede di poter sostituire i dna.

Neo-trinariciuti?

La cosa singolare è che a condurre questa tendenza involutiva – del linguaggio e del pensiero, che operano in maniera osmotica – sono gli autodichiarati progressisti.

I quali invece si rivelano come i nuovi trinariciuti, come amava definire Giovannino Guareschi i comunisti degli anni cinquanta e sessanta che obbedivano ciecamente alle disposizioni del partito, declinati in slogan elementari.

Con una enorme differenza, però. Che i trinariciuti guareschiani credevano in qualcosa e gli ordini che eseguivano senza discutere erano il frutto delle scelte e della strategia d’intellettuali di valore.

Ritorno all’età delle caverne

Oggi, i criteri strategici sono il disordine e l’abiura generale o – richiamando lo schema freudiano – l’uccisione (di quel poco che è rimasto) del padre, cioè colui la cui autorità ci aveva permesso di uscire dall’età delle caverne.

O, forse, è il Male la strategia stessa, strumento e punto di arrivo, che del caos si serve per trionfare sulla volontà degli uomini.

In ogni caso, nelle caverne ci stiamo rientrando, trascinati dal pretesto di una liberazione egualitaristica, rassicurati però dal fatto che non mancheranno sui display dei nostri dispositivi elettronici la compagnia dei Ferragnez e dei Maneskin e il festival di Sanremo.

Con la benedizione dei reggitori dell’Occidente.