Idiozia antifascista

Idiozia antifascistaIdiozia antifascista – La festa di compleanno di Matteo Salvini e la proposta del sindaco di Bologna, Matteo Lepore, di cambiare la definizione di un’ottantina di toponimi cittadini, dedicati a persone morte a vario titolo durante la guerra civile, da “patrioti” a “partigiani”: cos’hanno in comune questi due fatti da cui hanno tratto origine altrettante notizie rilanciate un po’ da tutti i media?

La risposta sarebbe quasi d’obbligo – l’idiozia di chi le considera informazioni degne di nota e discussione -, ma il menù della politica italiana questo offre e di questo si è costretti a parlare.

Dunque?

Una replica giusta, per quanto durissima, è quella di Alessandro Sallusti, il quale ha commentato il primo dei due episodi come una dimostrazione del fatto che il Pd sia una sorta di <cancro> del nostro sistema istituzionale e rappresentativo.

Forse, l’analisi è giusta, ma il paziente è sbagliato, nel senso che non è il Pd a essere una neoplasia della politica, ma il suo principale e praticamente unico principio ispirativo: l’Antifascismo.

E l’Antifascismo non è tanto il “maggior fattore” del Pd, ma di quel Pci da cui trae la sua unica origine e che, per evoluzione della storia, si è trasformato non in una forza socialdemocratica di stampo europeo, ma in un’agenzia specializzata o “concessionaria di fiducia” dell’unica forza a cui interessa e fa comodo ancora l’esistenza dell’Antifascismo: il mondialismo che ispira alcune organizzazioni sovranazionali.

Le più importanti. L’Antifascismo moderno non è il valore e l’etichetta di chi si contrappone al Fascismo, in senso storico, data la sentenza inappellabile della Seconda guerra mondiale che ha racchiuso nel recinto delle cose passate quel fenomeno storico.

Umberto Eco e l’Ur-Fascismo

Quello attuale trae chiara ispirazione dal concetto di Ur-Fascismo, dall’invenzione di Umberto Eco, in base alla quale “l’eternità del Fascismo” dev’essere individuata e combattuta strenuamente in tutte le forme di esaltazione dell’indipendenza e delle libertà nazionali che, insorgendo ciclicamente nell’Occidente europeo, potrebbero mettere in discussione la “filosofia illuminista” delle grandi organizzazioni economiche e politiche transnazionali.

Ecco, allora, che l’Antifascismo del Pd, quale epigone del Pci, acquista un senso che va ben al di là della stupidità apparente delle forme in cui si propone e manifesta.

L’Antifascismo è la “patente di moralità superiore” che, utile un tempo a perorare in Italia le ragioni dell’Urss; venuto meno il sogno comunista sovietico, è altrettanto valido per rappresentare in loco le ragioni del mondo radical-chic newyorkese che ha bisogno di distruggere le identità più definite per imporre quel “pensiero unico” che agevola commerci, affari e speculazioni finanziarie a vantaggio dei soliti noti.

Niente di nuovo sotto il sole: la tendenza di un certo ceto politico italiano al tradimento della Patria e l’interesse di uno straniero perché́ continui ad avere la necessaria influenza sulle dinamiche istituzionali locali per fare anche qui i propri comodi.

Coraggio Governo!

Ecco perché occorrerebbe, da questo punto di vista, un coraggio inedito, da parte della nuova compagine governativa, sul tema Antifascismo: non per permettere la rinascita di chissà quali movimenti antidemocratici o per rimettere l’Italia o l’Europa in orbace; bensì, per liberare la Nazione e il Vecchio continente da quella sorta di “senso di colpa storico”, a causa del quale dev’essere, nella sua direzione e organizzazione sociale, economica, politica e istituzionale subordinata a qualche altro soggetto estraneo geograficamente e culturalmente.

Riappropriarsi della Storia, riportare finalmente anche l’Antifascismo nel recinto delle cose passate, significherebbe solo e semplicemente questo: archiviare il Novecento e reclamare la vera e totale indipendenza del Paese.

La demenziale proposta di Lepore, d’altronde, illustra benissimo la filosofia di fondo a cui si ispira: sostituire “patriota” con “per la liberazione” significa esattamente che ci sono stati caduti, ma, quel che è peggio, è che ci siano ancora persone vive che si battono “per liberare” l’Italia dal concetto di Patria. E non perché di “patrie” non ce ne debbano più essere – come cantavano romanticamente certi anarchici ottocenteschi -, ma perché tutti siano al servizio dell’unica autorizzata e la cui capitale non è neanche Washington, ma la “Big apple”.