Il discorso di Putin per il primo anno di guerra

Il discorso di Putin per il primo anno di guerraIl discorso di Putin per il primo anno di guerra – Per il 21 febbraio, ad un anno dall’atto di riconoscimento russo della sovranità delle Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lughansk, atto firmato con contestuale promessa di Mosca alle due Repubbliche del Donbass di fornirle assistenza militare per liberarne il territorio dalla presenza dell’esercito di Kiev, Putin ha tenuto un discorso, rivolto alla Duma e alla nazione russa.

I puntini sulle i di Putin

Nel suo discorso Putin ha ripercorso le origini della guerra, ripetendo alcuni fatti decisamente tenuti in ombra in Occidente.
In primo, che una guerra in Donbass era in corso fin dal 2014 e che per fermarla la Russia aveva firmato, congiuntamente con l’Ucraina e con la garanzia di Francia e Germania, due giri di accordi (gli accordi di Minsk 1 e Minsk 2), entrambi disattesi da parte di Kiev.

Per quanto imparziali si voglia essere è difficile poter trovare buoni argomenti retorici contro Putin su questo punto, dal momento che sia l’ex presidente ucraino Poroshenko, firmatario degli accordi, che il presidente Zelensky hanno dichiarato, apertis verbis, che l’Ucraina aveva firmato quegli accordi solo per guadagnare tempo e prepararsi, con l’assistenza occidentale, alla prossima guerra contro le Repubbliche del Donbass e (se necessario) contro la Russia.

Versione, per altro, riconfermata con straordinario candore anche da Angela Merkel e da François Hollande, teorici “garanti” degli accordi.
Putin ha così ribadito il diritto della Russia ad intervenire con la forza su terre storicamente russe, per difendere popolazioni che guardavano alla Russia per la propria autotutela e che non si riconoscevano più nelle autorità installatesi a Kiev dopo il coup de force di Euromaidan.

Allargando lo spettro di analisi dall’Ucraina all’insieme del campo Occidentale, Putin ha ribadito che le cause recondite della guerra non sono però da trovarsi neanche nell’Ucraina stessa (che continua ad essere vista, nonostante la tragedia della guerra, come “nazione sorella”) ma nell’arroganza del mondo occidentale desideroso di un “potere assoluto” e di mantenersi quale unico polo egemonico
a livello globale.

In questo senso, il desiderio della Russia di conservarsi come civilizzazione distinta da quella occidentale, sovrana, militarmente capace di difendere i propri interessi e la propria indipendenza, era qualcosa di intollerabile per gli occhi degli occidentali.

Il richiamo alla Tradizione

In questi passaggi ha ribadito anche, come segno di alterità russa dall’Occidente, il rispetto che la Russia tributa ai valori e alle religioni tradizionali, in particolare in merito alla famiglia fondata sull’unione di un uomo e una donna; non è mancato anche un attacco diretto alla Chiesa Anglicana, persa nella più bieche logiche moderniste e politicamente corrette, intenta a disquisire sull’attribuzione di un pronome neutro a Dio: “anche i testi sacri sono messi in dubbio” ha causticamente commentato Putin.

Strigliata agli oligarchi

Ampi passaggi sono stati rivolti anche alla classe degli oligarchi, a chi si è arricchito nel corso della crisi russa degli anni novanta, a chi ha proprietà e ricchezze in Occidente. A costoro Putin ha ricordato che devono scegliere se essere fedeli alle proprie ricchezze o alla Russia (allegando al tutto velate minacce alla sicurezza fisica degli stessi).

Constatata la mancanza di collaborazione e di fiducia reciproca dell’Occidente, Putin ha proseguito ribadendo che “la Russia non può essere battuta sul campo” e che se “saranno fornite armi a lungo raggio, la Russia dovrà spingere queste minacce più lontane dai propri confini”. Ipotizzando quindi ulteriori avanzate russe verso ovest in territorio ucraino.

Un chiaro messaggio agli USA

In aggiunta, Putin ha annunciato la prossima uscita della Russia dai trattati START di era Gorbachev per la limitazione degli armamenti nucleari, dal momento che, argomenta, non solo gli USA ma anche la Francia e il Regno Unito sono in fase di rinnovamento dei propri arsenali nucleari e, avendo queste nazioni dichiarato di mirare ad “una sconfitta strategica della Russia”, non è possibile immaginare che la Russia possa avere un approccio accomodante sul tema.

Con la fine degli accordi START, finisce la limitazione ai vettori intercontinentali (quelli sui vettori a corto o medio raggio erano già stati rescissi dalle parti nel corso degli ultimi anni) e torna possibile testare armi nucleari, con relative esplosioni in atmosfera, come minimo segno di distensione, in ogni caso, Putin ha dichiarato che la Russia tornerà ad effettuare test nucleari solo se per primi lo faranno gli occidentali.

Gli accordi START

Infine, al riguardo delle sanzioni e della guerra economica condotta dall’Occidente contro la Russia, Putin ha potuto vantare la resistenza dell’economia russa, solo blandamente colpita, i solidi fondamentali della stessa e come le sanzioni si stiano rivelando di maggior danno per le nazioni europee.

I temi economici

Similmente ha segnalato l’accresciuto ruolo internazionale del rublo e la crescita della propensione internazionale alla dedollarizzazione.
Tirando le somme, alla fine, le parole di Putin non suonano né particolarmente nuove né particolarmente radicali rispetto alla dialettica in atto da un anno a questa parte.

Il vero punto di novità sembra essere appunto il cambio di passato sugli arsenali nucleari con la fine dei trattati di limitazione degli stessi da una parte e dall’altra l’esclusione dell’ipotesi del primo test d’impiego.

Un discorso che non si sbilancia sulle prossime sorti dell’Ucraina e del conflitto in corso, lasciando intravedere che il confronto tra NATO e Russia sarà ancora lungo e sanguinoso.