La versione di Fini fa ridere i polli

La versione di Fini fa ridere i polli – Dunque, bisogna ricapitolare: Gianfranco Fini non avrebbe mai saputo e capito che la ormai famigerata casa di Montecarlo fosse finita nelle mani di Giancarlo Tulliani e che questi l’avesse pagata con soldi “molto poco chiari” di Francesco Corallo; che la moglie Elisabetta fosse cointestataria di quello stesso appartamento e che avesse nel conto corrente soldi sempre del Corallo, versati a lei ancora dal fratello; che Corallo, col quale è certo che Fini si sia incontrato, fosse, oltre che il “re delle slot machines”, il figlio di Gaetano, quel boss catanese del clan di Nitto Santapaolo, arrestato nel 1988 con grande clamore di stampa. Non lo dice solo lui, ma anche sua moglie che, da brava congiunta, scagiona il marito, accusando a sua volta il fratello di averlo tenuto all’oscuro della provenienza del denaro che permetteva a tutti loro di fare la vita da nababbi.

Fini ne esce comunque a pezzi

Cos’abbia da rispondere il Giancarlo Tulliani è cosa difficile da sapere: è latitante negli Emirati arabi e non ha alcuna intenzione e di tornare e di smentire o confermare le parole dei familiari. Ora, può essere che tutto ciò convinca il giudice – il procuratore no, visto che ha chiesto 8 anni per l’ex-segretario di An e di F&L e qualcosa pure di più per i Tulliani -, ma certamente non sarebbe un’assoluzione così ottenuto a riaprire a Fini – come forse lui spera e tanti vociferano – le porte della politica: essersi dimostrato tanto “pirla” nella gestione delle cose di casa, dovrebbe essere condizione sufficiente e necessaria per essere impedito a occuparsi di quelle altrui, no?

Anche perché, a volersi fare violenza e a credere fino in fondo alla storia della moglie che mente al marito, com’è possibile che un segretario di partito, presidente della Camera e ministro degli Esteri non fosse a conoscenza delle ascendenze principali e dirette di un tipo come Corallo?

Davvero qualcuno ci crede?

Possibile che, nel suo primo anno da segretario, nessuno gli avesse spiegato come quell’imprenditore – per di più in settore delicato e controverso, quale è quello del gioco d’azzardo – fosse il figlio di un noto mafioso di prima grandezza? Possibile che a Fini, al quale potrebbe pure essere anche capitato di non leggere i giornali in quegli anni, nessuno dei tanti “staff” di cui si avvaleva lo avesse avvertito?

Possibile che nessuno degli uomini dei servizi di sicurezza che ha avuto intorno in quegli anni lo avesse messo in guardia dal frequentare un tale soggetto? Siccome tutto ciò non è possibile e non è credibile, al di là delle specifiche responsabilità penali che sono da verificare e stabilire da parte dei magistrati, non si vergogna il Fini d’aver frequentato e anche solo parlato, se non di affari, di eventuali “opportunità” con un personaggio da cui un politico di prima grandezza dovrebbe tenere le debite distanze anche se fosse personalmente “pulito”. Si possono rivestire incarichi pubblici di fondamentale importanza e mangiare allo stesso tavolo con uomini che sono “in odore” di Mafia, anche se solo per ragioni familiari?

L’ombra delle cosche

Sia chiaro: francamente è difficile credere anche solo a una virgola di tutto quanto detto da Fini, anche perché risulterebbe strano che Corallo finanziasse così generosamente i suoi familiari senza avere certezze di “tornaconti” dalla politica che certamente solo l’ex-presidente della Camera avrebbe potuto assicurare, non certo la moglie e men che meno il “cognatino”; ma non c’è bisogno di non credere alla sincerità di Fini, per pretendere che quell’uomo esca una volta per tutte dalla scena pubblica nazionale.

Anche a credergli, quando rivendica di essere stato solo “un coglione” e non un ladro, non si può non concludere che l’uomo è stato e sarebbe perfettamente inadeguato alle ambizioni che aveva o che nutre. Perché, sia chiaro, di “coglioni” la politica italiana è piena zeppa, specialmente dagli ultimi 20 anni a questa parte, ma almeno bisogna lasciare agli elettori la possibilità e il (dubbio) gusto di scoprirli tali
solo dopo averli scelti.

Massimiliano Mazzanti