Legge di bilancio: la Meloni strizza l’occhio a Bruxelles

Legge di bilancio: la Meloni strizza l’occhio a BruxellesLegge di bilancio: la Meloni strizza l’occhio a Bruxelles – La specifica “targata governo Meloni” è quasi d’obbligo dal momento che la continuità con il governo Draghi è sostanziale. Stesso prudente ossequio verso le direttive di Bruxelles, stessa modesto a prudenza, stessa scolorita assenza di grandi prospettive.

Le misure contro il caro bollette

35 miliardi di manovra, circa il 2% del PIL, di cui 21 miliardi assorbiti in misure contro il caro bollette già approvate dal precedente. Le misure contro il caro energia solare dividono in due tipologie: riduzione delle accise (bene) e crediti d’imposta per le imprese (meno bene poiché la politica dei crediti di imposta ricorda molto da vicino quella dei bonus a pioggia, capaci di dare un sollievo momentaneo ma non un cambiamento strutturale). La Meloni, inoltre, in conferenza stampa non perde l’occasione di ribadire che “aiuterebbe avere il tetto al prezzo del gas” (per noi aiuterebbe di più mettere un veto sulle sanzioni alla Russia come fa l’Ungheria), che era notoriamente un cavallo di battaglia (rimasto un pochino spompato in sede europea), dell’ineffabile Mario Draghi.

La tassa sugli extraprofitti

Sale al 35% la tassa sugli extraprofitti energetici che dovrebbe portare il gettito atteso da 2.5 miliardi a 3.5 miliardi (altra misura francamente distorsiva del mercato, drammaticamente transitoria e strutturalmente non risolutiva di alcunché).

Quota 103

Per il resto vi è un riadeguamento all’inflazione delle pensioni, in particolare le minime, accompagnato però da un innalzamento dell’età pensionabile, serviranno almeno 62 anni di età e 41 di contributi versati (cioè “quota 103”).

Poche concessioni ad altri cavalli di battaglia del centrodestra e in particolare degli alleati Lega e Forza Italia.

Flat tax e pace fiscale

L’aliquota agevolata (il sottoscritto si rifiuta ovviamente di chiamare “flat tax” uno sconto di aliquota) per le partite IVA è incrementata dai 75 mila euro di fatturato ad 85 mila euro (altro aggiustamento di effetto pressoché nullo al netto dell’inflazione). La pace fiscale invece si concretizza con solo annullamento delle cartelle esattoriali di importo inferiore a 1.000 euro e antecedenti al 2015, le altre saranno da pagare con maggiorazione del 3% ma possibilità di rateizzazione. Di molto ridimensionato il taglio dell’IVA per beni di prima necessità, ridottosi a 1.5 miliardi per una categoria merceologica ristretta per prodotti di cura dei bambini e viene femminile.

Agevolazioni per le donne e cuneo fiscale

Favoritismi fiscali, francamente discriminatori, a favore di assunzioni di personale femminile al disotto dei 35 anni di età (non basta fare una bella battaglia sull’articolo “il” per designare il presidente del consiglio, per avversare veramente il pensiero dominante). Poche risorse per lo sbandieratissimo taglio del cuneo fiscale, ridotte ad appena 5 miliardi (con quindi un impatto decisamente trascurabile).

La fine del reddito di cittadinanza

L’unica misura che almeno ha una sua nota di colore e l’annunciata fine del reddito di cittadinanza dal 2024, i cui parametri verranno già ristretti nel corso del 2023. Insomma, per ricapitolare: nessuna risorsa per tagli significativi agli oneri fiscali delle imprese, nessun impatto significativo per la riduzione del deficit di produttività che abbiamo rispetto ai nostri principali concorrenti europei, nessun intervento strutturale sull’energia o su nessun altro settore. Il governo Meloni di fatto, in un mese di incarico, cancella tutto quanto fatto dal governo gialloverde, per il resto si riadegua ai vincoli di Bruxelles.