Il più pulito ha il Quatar – Se ci sono aggettivazioni che il mondiale di calcio in corso in Qatar suscita quelle che vengono in mente sono surreale, grottesco, ipocrita, osceno.
Surreale fu la scelta di questo minuscolo stato (una penisola di 12.000 km quadrati che si stacca dal territorio saudita affacciandosi sul golfo Persico) mai precedentemente qualificato in un torneo mondiale, privo di tradizione calcistica e il cui curriculum si riduce alla vittoria in Coppa d’Asia nel 2019, avvenimento successivo, però, alla sua designazione come sede della Coppa del mondo, avvenuta nel 2010.
La partita inaugurale contro un avversario tutto sommato modesto come l’Ecuador ha dimostrato che la consistenza tecnica della compagine ospitante, che ha naturalizzato decine di calciatori stranieri per elevare la sua qualità, non supera quella di una squadra semi-dilettantistica europea.
Corruzione in seno alla FIFA?
L’assegnazione all’emirato dell’organizzazione del torneo internazionale più prestigioso e seguito al mondo portò, come è noto, all’esplosione di numerosi scandali dove emersero episodi di corruttela dei massimi dirigenti della FIFA dell’epoca accusati di aver intascato cospicue mazzette dai vertici politici del petrol-stato per favorirne la scelta. Tra questi Michel Platini che, a dire di Sepp Blatter, vecchio marpione della Federazione calcistica, sarebbe a sua volta stato spinto da Sarkozy a spingere per la designazione del Qatar che aveva appena stipulato un contratto d’acquisto di jet militari francesi.
Una volta designato, il Qatar iniziò una frenetica corsa alla costruzione di stadi capaci di soddisfare i requisiti richiesti dalle regole internazionali.
Nell’emirato esistevano due piccole strutture, di neanche 20.000 posti; allargate quelle e portate a una capienza di 40.000, sono stati costruiti dalle fondamenta sei nuovi impianti, dalle forme architettoniche orribili, capaci di accogliere da 40 fino a 80.000 spettatori. Dopo la chiusura del torneo, rimarranno cattedrali nel deserto (non solo calcistico, è il caso di dirlo), stadi del tutto sproporzionati rispetto alle modestissime esigenze del calcio locale.
Gli operai morti per la costruzione degli stadi
Osceno è stato il costo umano che la costruzione di quegli impianti ha comportato. Si calcola che 6.500 operai, provenienti in prevalenza da India, Pakistan Sri Lanka, abbiano perso la vita durante i lavori. Costretti a turni massacranti, sottopagati, privi di tutele, trattati insomma da schiavi – come avviene per i lavoratori stranieri in Arabia Saudita – nessuno stato, nessun organismo politico ha denunciato con vigore questo abominio. Ipocrita, assurdo – o no? – visto il vigore che l’Occidente abitualmente riserva per condannare le violazioni dei diritti umani e difendere le sorti degli ultimi, soprattutto se provenienti dal terzo mondo.
Fermi i campionati nazionali
Surreale il periodo di svolgimento, novembre, coi campionati di tutte le squadre partecipanti spezzati in due, a causa alle altissime temperature che si registrano nei mesi di giugno e luglio – tutti i tornei precedenti erano stati giocati durante l’estate boreale – ciò che determinerà uno scarso afflusso delle tifoserie. Niente paura, però. Migliaia di Qatarioti le sostituiranno indossando sugli spalti i colori delle rispettive nazionali. Come le comparse di un kolossal.
Che dire poi dell’ordine, impartito dalla FIFA ai giocatori, sotto pena di ammonizione in campo, di non indossare la fascia con i colori LGBT? Difficile, a essere sinceri, non apprezzare almeno questo aspetto. Ma il punto è altro.
Il punto è che il massimo organismo sportivo mondiale, che ha sempre avuto il cuore sanguinante di fronte a tutte le cause più politicamente corrette (nel luglio 2019 fu approvato un disciplinare che aumentava le sanzioni contro condotte ritenute razziste da parte di giocatori e tifoserie, con squalifiche fino a 10 turni e sconfitte a tavolino), per il mondiale in Qatar cambia registro.
Money rules.
Il mondiale in Qatar ha fatto girare e fa girare montagne di soldi, pacta sunt servanda e quindi qualsiasi recriminazione, giusta (come quella riguardante le condizioni di lavoro di decine di migliaia di poveri disgraziati) o finta (come quella espressa dagli straccetti arcobaleno) finisce per essere triturata sull’altare del business.
A chiudere questo carosello degli orrori ci ha pensato il presidente della FIFA, Gianni Infantino, con una dichiarazione trash “Oggi mi sento qatariota, mi sento arabo, mi sento africano, mi sento gay, mi sento disabile, mi sento un lavoratore migrante» e, di fronte alle critiche giunte negli ultimi mesi (prima evidentemente dormivano) da alcuni paesi occidentali, ha risposto che gli Europei dovrebbero «chiedere scusa per i prossimi 3mila anni» per quello che hanno «fatto in giro per il mondo negli ultimi 3mila anni».
Gli Europei negli ultimi tremila anni di cose, buone e anche cattive, ne hanno fatte assai e la sintesi operata dall’Infantino – di nome, di modi e di cervello – è tanto più demenziale quanto più, finendo per schierarsi dal punto di vista morale dalla parte qatariota , dimentica che la tratta schiavistica arabo-musulmana (di cui l’emirato è parte integrante) in Africa iniziò dalla metà del VII° secolo e continuò fino all’alba del XX°.
Nessuno si salva – gli organizzatori, la FIFA, uno stato di corruttori e sfruttatori, un occidente ipocrita e piegato a qualunque capriccio o stortura in nome del business – e il mondiale in corso, una volta terminato, potrà essere considerato a giusto titolo un vero e proprio museo degli orrori; politici e sportivi.
Quelli che amano il calcio che faranno, quindi?
Guarderanno le partite e, malinconicamente, rimpiangeranno altri mondiali, quando a organizzarli e a giocarli c’erano “nazionali” e non “multinazionali”; quando i soldi giravano ma non fino al punto di corrompere lo spirito e l’anima di questo meraviglioso gioco.
Non ci sarà l’Italia e faranno il tifo per chi vorranno. (Io, per la vecchia e gloriosa Argentina) Ma senza dimenticare lo schifo.